Uscito 40 anni fa, Zelig di Woody Allen, mescola filmati d’archivio degli anni ’20 con nuovo materiale girato in modo da sembrare vecchi cinegiornali per costruire un mockumentary sul conformismo che parla al nostro tempo.
Infatti, ancora nel 2023, il film rimane attualissimo. Un pastiche storico brillante e persino appassionato, una meditazione superbamente pregnante sulla società e sull’individualità americana e un’inquietante fantasia che vivrà nei vostri sogni.
Zelig, la trama
Utilizzando filmati di repertorio e veri cinegiornali, interviste a testa alta e tremendi effetti speciali che reggono trionfalmente nell’era digitale, il film racconta la storia di Leonard Zelig. Un piccolo ebreo degli anni Venti con un “disturbo camaleontico” che gli permette di assomigliare a chiunque si trovi in sua compagnia.
Mia Farrow interpreta la simpatica psichiatra di cui si innamora. Zelig diventa una celebrità. Un fenomeno popolare che si trasforma in un cattivo e si riscatta poi con un’impresa di Lindberghian, pilotando un aereo per sconfiggere i nazisti. Le interpretazioni di Zelig sono giocosamente, preventivamente provate nel film stesso. È l’ebreo assimilato, è l’America del melting-pot, è tutti noi, che cerchiamo disperatamente di integrarci.
Gli schemi di illuminazione sono sottilmente modulati per assomigliare a un cinegiornale o a condizioni di ripresa improvvisate. Inoltre, queste riprese sono artificialmente “invecchiate”, striate o macchiate in modi apparentemente casuali.
Zelig, recensione
Ma a 40 anni di distanza, qui si può vedere di più. Zelig è il capitalista di massa: per vendere automobili o film, bisogna intuire i gusti delle masse, essere come loro, ma anche elevarsi prepotentemente al di sopra del gregge, come Hearst o Chaplin – entrambi presenti qui. Zelig è un eroe quando abbandona il suo camaleontismo, ma è ancora più eroe quando il suo disordine si ripresenta. C’è una sorta di trionfo nell’adattarsi, nel sottomettere la propria identità.
Cosa rivela il puzzle? Un camaleonte umano. Emerso dall’oscurità, Leonard Zelig, figlio di un oscuro attore del teatro yiddish, la cui interpretazione di Puck nella versione ortodossa di Sogno di una notte di mezza estate fu accolta con freddezza, stupisce il mondo dimostrando la capacità di mimetizzarsi a chiunque gli stia accanto. Assume letteralmente le sembianze degli esseri umani che lo circondano.
Fino a un certo punto. La sindrome di Zelig si ferma alle trasformazioni transessuali. Ma in compagnia di uomini grassi o di uno scozzese con il kilt, di un capo tribù indiano o di fratelli neri, comincia ad assomigliare alla compagnia che frequenta. E anche a parlare come loro, scimmiottando non solo le caratteristiche fisiche, ma anche gli atteggiamenti e i pregiudizi.
Sebbene venga utilizzata una notevole quantità di filmati d’archivio per autenticare il periodo storico (per alcuni di essi i ricercatori del film hanno attinto alle risorse degli Archivi Nazionali e della Biblioteca del Congresso), la maggior parte di “Zelig” ha dovuto essere falsificata, ed è falsificata con una brillantezza costante. Il genio del direttore della fotografia Willis è straordinariamente impresso nella trama di “Zelig”.
Le sequenze in bianco e nero
Le sequenze in bianco e nero racchiudono una fantastica gamma di effetti evocativi. Il materiale falsificato si fonde in modo così fluido con i filmati d’archivio autentici. Raramente si è consapevoli delle sostituzioni e spesso si rimane deliziosamente scioccati dalla scoperta di essere stati trasportati da una parte all’altra del tempo senza rendersene conto.
L’intepretazione di Woody Allen
Per la maggior parte della sua carriera, Woody Allen è costantemente associato a una certa specie di commedia romantica. In film molto popolari come Annie Hall e Hannah e le sue sorelle,il regista ha offerto sketch comici delle relazioni amorose di abitanti di Manhattan della fine del XX secolo. Ognuno di essi si basa su quella che è stata considerata una formula: battute verbali, erudizione culturale, eleganza visiva e, naturalmente, il personaggio del regista sullo schermo, un chiacchierone apprensivo.
Zelig, interpretato da Allen con vacuità e versatilità, entra ed esce dalla storia come un’ondina, e ogni volta è una persona diversa: un attore, un medico colto, il figlio di un musicista jazz.
C’è la stuzzicante suggestione che, semmai, Zelig sia esattamente come un attore. Naturalmente, poi, diventa una celebrità, ed è presente negli snodi cruciali della storia stessa, dalle corse vincenti di Babe Ruth alla sinistra ascesa al potere di Hitler. Allen è brillantemente sovrapposto ai filmati d’archivio, un camaleonte, un trucco poi preso in prestito da Forrest Gump.