In un’epoca in cui la Pixar la fa da padrone con la tecnica della computer grafica, arrivando a tentare perfino lo Studio Ghibli, sono sempre meno le case di produzione fedeli al 2D.
Per fortuna a resistere c’è ancora la Cartoon Saloon, casa di produzione irlandese, che negli anni ha arricchito il cinema di animazione con gioiellini come La canzone del mare, I racconti di Parvana e il nuovissimo Wolfwalkers – Il popolo dei lupi, diretto da Tomm Moore e Ross Stewart e presentato in anteprima al Toronto Film Festival a settembre, per poi essere distribuito dalla piattaforma Apple Tv + a partire dall’11 dicembre 2020.
La storia è ambientata a Kilkenny, in Irlanda, durante il diciassettesimo secolo. I dominatori inglesi vogliono sradicare l’antica credenza locale riguardante l’esistenza degli wolfwalkers – magiche creature delle foreste metà lupo e metà uomo – assoldando un brutale esercito di cacciatori, comandati dal crudele e senza scrupoli Lord Protector.
La giovane Robyn si è appena trasferita dall’Inghilterra insieme al suo papà, uno dei cacciatori chiamati a sterminare tutti i lupi che vivono fuori dalle mura, considerati una minaccia, anche a costo di distruggere l’intera foresta. La ragazza spera di poter seguire le orme del padre per diventare una temutissima cacciatrice, ma il destino che la società patriarcale ha pensato per lei è tutt’altro che avvincente: cucinare, pulire la casa, accudire gli uomini che sono fuori a combattere.
Robyn non vede altra soluzione se non la fuga, così si arma di balestra e parte, decisa a catturare qualche lupo. La sua missione viene interrotta ancora prima di cominciare quando si imbatte in Mebh, una sua coetanea dallo straordinario potere: nel sonno si trasforma in un lupo ed è capace di curare ferite e comunicare con le creature della foresta.
Non ci sono dubbi, Mebh è una wolfwalker, una sbadatissima wolfwalker, che accidentalmente finisce per trasformare anche Robyn, la quale, diventata parte del branco, dovrà scegliere tra il bene della foresta e la lealtà verso il padre.
Come i precedenti lavori di Moore, anche questo film richiama le antiche fiabe irlandesi: magiche creature, metamorfosi, una bellissima storia di amicizia. Si respira un deciso spirito antibritannico in difesa delle antiche tradizioni.
A dare quel tocco in più alla vicenda è proprio lo stile unico e inconfondibile della Cartoon Saloon e del suo fondatore Tomm Moore: minima preoccupazione per la linea, bidimensionalità legata alla matita.
Un cinema di illustrazione che rinuncia alla prospettiva. La stessa tecnica utilizzata da Moore anche per The Secret of Kells e La canzone del mare. Infatti, perfino lo spettatore meno attento si sarà accorto che in diversi fotogrammi emergono chiaramente i tratti dei disegni preparatori.
La presenza di questi elementi nel film non riguardano una dimenticanza dei creativi, ma piuttosto una rivendicazione di un preciso stile di animazione, che si muove in totale controtendenza rispetto – ad esempio – a quello della Disney, che predilige invece uno stile privo di sbavature, prospettico e quanto più attinente alla realtà. Eccezion fatta per l’ultimo arrivato Soul, che ha scelto di inserire elementi letteralmente geometrici, basti pensare alla linea di Cavandoli che prende vita in un personaggio.
Se l’aspetto stilistico di Wolfwalkers è lodevole, altrettanto lo sono i temi proposti, che si rivelano anche molto attuali: empowerment femminile, ecologia, inclusione e tolleranza.
I personaggi di Mebh e Robyn, insieme, danno vita ad una sorta di Principessa Mononoke del cinema occidentale: ci sono gli umani, ci sono i lupi e ci sono i wolfwalkers, gli unici in grado di trovare una forma di pacificazione tra i due popoli.
Ad accompagnare i significati e la mitologia del film, c’è una colonna sonora altamente evocativa, composta da Bruno Coulais e che si lega perfettamente con lo stile del racconto. La scena in cui Mebh insegna a Robyn a vivere da lupo è accompagnata dal brano “Running With The Wolves” della cantante Aurora. In questa sequenza la musica e le animazioni si fondono, travolgendo lo spettatore in un turbinio di luci e colori.
Con Tom Moore e la Cartoon Saloon si torna alla tradizione tipicamente fiabesca.
Oggi più che mai infatti si sente il bisogno di questo tipo di racconti, in cui la favola diventa strumento narrativo per spiegare ai bambini – e soprattutto agli adulti – l’importanza di immedesimarsi, di provare a comprendere il punto di vista dell’altro e di lottare per difendere i propri ideali.
Per l’alto valore simbolico e per tutti i motivi stilistici di cui si è parlato poc’anzi, non è un azzardo affermare che Wolfwalkers non è solo un buon film di animazione, ma è uno dei migliori film di animazione del 2020.