“W.” di Oliver Stone è un film uscito nel 2008, con protagonista Josh Brolin. Incentrato sulla vita del 43° presidente degli Stati Uniti d’America, George W. Bush, ne ripercorre le tappe cruciali della sua esistenza. Presentato in anteprima al London Film Festival, è stato trasmesso in prima visione nel gennaio del 2009 sulla rete di canale 7, registrando il più alto picco di telespettatori, che un film abbia mai prodotto su quel canale.
Trama di W.
La storia ripercorre la vita del presidente George W. Bush, in carica per due mandati come presidente degli Stati Uniti d’America dal 20 gennaio 2001 al 20 gennaio 2009. Dai suoi esordi in politica fino alla sua amministrazione da capo di Stato, e in particolar modo alle decisioni prese conseguentemente a quello che è considerato l’evento più tragico che un paese occidentale abbia mai vissuto, l’attacco alle Torri Gemelle.
Recensione di W.
Oliver Stone è un regista divisivo, per via del suo evidente e mai nascosto interesse, di affrontare temi politici all’interno delle sue opere e di criticare in maniera massiccia diverse scelte di governo che riguardano principalmente il suo paese, gli Stati Uniti d’America.
Quando si parla del cinema di Stone è sempre doveroso affrontare anche il macro argomento della politica, poiché il regista vive la vita in base e in relazione a quelle che sono le proprie idee e convinzioni politiche. Egli tende perciò a manifestare con chiara lucidità il suo pensiero rispetto ai problemi d’attualità e lo fa trasmettendolo all’interno dei suoi lavori di finzione.
“W.” si inserisce perfettamente tra quei film della sua vasta filmografia, che puntano a provocare una ben precisa fetta di pubblico. Egli concepisce lo spettatore non in quanto tale ma più sotto un profilo di elettore. Il suo obiettivo diventa allora farlo innervosire, mostrandogli davanti agli occhi ciò che pensa sinceramente, senza la benché minima paura di reazioni avverse o contrariate.
Il film si concentra sulla descrizione di un politico decisamente influente, che si è ritrovato a dover dar voce al periodo più buio che probabilmente abbia mai vissuto una nazione occidentale, messa sull’astrico da parte di alcuni terroristi del gruppo islamico di Al Qaida. L’interesse del regista si concentra non tanto sull’attentato in sé ma su quella che è stata una figura chiave che ha cambiato per sempre le sorti del nostro pianeta, spostando interessi ed equilibri internazionali. Scelte che sia il presidente Bush che i suoi stretti collaboratori hanno preso nel momento immediatamente dopo l’accaduto dell’11 settembre.
L’autore tende perciò a criticare l’iniziativa e strategia militare adottata, che ha portato alla successiva guerra dell’Iraq, scoppiata per opera degli Stati Uniti d’America, nei confronti di un paese accusato di detenere armi di distruzione di massa. Come fosse un reporter d’inchiesta, Stone svela il vaso di pandora e mette a nudo le vere ragioni che si sono celate dietro quell’invasione, ovvero motivi di stampo economico e geopolitico, ben precisi e definiti.
Ad Oliver Stone non basta mostrare l’incompetenza e l’inefficienza di un presidente assai criticato anche dagli stessi americani, bensì in maniera ancora più cruda, a raccontarne l’inesperienza che da sempre lo ha contraddistinto, da quando ha incominciato ad avvicinarsi alla politica. Ecco perché il regista è considerato controverso, perché quando racconta qualcosa arriva fino in fondo alla questione, sviscerando ogni piccola e benché minima parte, anche suscitando la rabbia di molti, che lo considerano per questa ragione troppo schierato da un lato.
Stone è un regista diretto e sostanzialmente onesto. La sua critica con questo film traspare fuori principalmente dai dialoghi, scritti in maniera eccellente. Conversazioni forti e spiazzanti, che interessano i vertici della Casa Bianca. Non si cerca di girarci attorno rispetto a quello che viene pronunciato, bensì con una modalità nuova di realismo, quasi di stampo giornalistico, si racconta nel modo più sincero possibile le pure intenzioni che coinvolgono i soggetti in atto.
Lo spettatore assiste a quei dialoghi, quasi come se stessimo spiando e registrando attraverso una telecamera nascosta quelle parole, per inchiodare quei fatti con prove schiaccianti. Stone mette il pubblico nelle condizioni di dover assistere non tanto a un’opera di finzione ma ad avvenimenti concreti e tangibili, successi realmente.
Il film gioca tutto su questa soglia tra finzione e realtà. Attraverso una ricostruzione filmica, classica di ogni prodotto cinematografico, nella sostanza la pellicola cerca di attenersi nella modalità più fedele possibile a quella che è la realtà più autentica comprensibile. Il prodotto artistico di Oliver Stone è quindi studiato e progettato per dare l’impressione, di trovarsi di fronte a un’inchiesta giornalistica, tipica delle grandi testate d’informazione.
Le inquadrature mostrano dei primi piani sul volto del presidente, per sottolineare le sue emozioni, rispetto soprattutto ai rapporti che intrattiene con la famiglia, specialmente con il padre George H. W. Bush, anch’egli ex presidente degli Stati Uniti. Una famiglia che ha evidentemente plasmato e modellato il carattere di Bush junior, e che lo ha portato a essere la persona che tutti hanno conosciuto, durante le sue interviste in giro per gli States. Un altro stile registico adottato da Stone, è l’uso frequente di macchina in movimento, fissata sul corpo dell’operatore che segue gli spostamenti e le azioni dell’ambiguo personaggio, per rimarcare ancora una volta il suo intento quasi documentaristico nel voler raccontare questa vicenda.
L’interpretazione di Josh Brolin si è rivelata funzionale, non probabilmente l’attore a cui uno penserebbe per questo ruolo, ma a sorpresa una buona e apprezzabile recitazione, in una delle parti più esemplari della sua intera carriera. Il cast di supporto è di grande qualità, e sicuramente ha contribuito ad accentuare il talento dell’attore protagonista.