La seconda stagione di Tutto chiede salvezza è arrivata su Netflix a fine settembre e nonostante dubbi e incertezze non ha tradito le aspettative. La serie è tratta dal romanzo di Daniele Mencarelli pubblicato da Mondadori nel 2020 e affronta temi importanti tra cui in particolare la salute mentale. Con la regia di Francesco Bruni la storia di Daniele continua coinvolgendo nuove voci.
Trama
Avevamo lasciato un giovane Daniele appena uscito dalla clinica Villa San Francesco e in attesa del suo primo figlio insieme a Nina. Ora lo ritroviamo cresciuto, con una laurea in scienze infermieristiche e padre di Maria, di cui si contende l’affidamento con Nina dopo la fine della loro relazione. Decide di iniziare il suo tirocinio nella stessa clinica in cui era stato ricoverato e da qui le cose si complicano: stare “dall’altra parte” si rivela più arduo di quanto credesse, i nuovi pazienti (Matilde, Rachid, Paolo e Armando) hanno storie tormentate alle spalle e trovare la giusta chiave per capirli è una sfida. La mancanza di Mario, compagno di camerata deceduto per un tragico incidente, è sempre forte ma una nuova conoscenza la rende meno dolorosa: Angelica, la figlia di Mario, di cui Daniele si innamora. In 5 episodi, tra lacrime e imprevisti ogni storia assume una sua forma e giunge ad un personale un lieto fine.
Tutto chiede salvezza 2 – Recensione
La prima stagione di Tutto chiede salvezza è stata meravigliosa e ha posto l’asticella così in alto che si era quasi intimoriti dal prosieguo che invece si è rivelato essere all’altezza. Si sa che i sequel sono sempre rischiosi (e quasi mai migliori dell’originale) ma la verità è che il personaggio di Daniele si è fatto voler bene così tanto che tutti volevano saperne di più. In questa seconda stagione si succedono più eventi, i sentimenti e le emozioni dei personaggi sono ancora in primo piano ma con un ritmo più ferrato. Ciò può aver sorpreso i fan affezionati a quel modo di narrare più lento e riflessivo eppure rispecchia la realtà: questi episodi coprono un tempo più lungo (5 settimane) rispetto ai precedenti (una settimana) e soprattutto sono giorni vissuti in circostanze nuove, cioè quelle della vita di tutti i giorni rispetto alla vita isolata di un ricovero ospedaliero.
Arriverà una terza stagione?
Si è andati più veloci e forse nel finale addirittura troppo. Tutto è stato narrato in maniera minuziosa fino alla conclusione che ci ha rapidamente trascinati a tre mesi dopo l’ultima scena in clinica. Per fortuna però le risposte necessarie vengono date seppur non in maniera esplicita. Daniele pubblica un libro di poesie e alla presentazione la presenza (o l’assenza) di alcuni personaggi risponde alle domande rimaste. È proprio per questo che una terza stagione non avrebbe senso di esistere, ora possiamo sorridere a Daniele, alla sua famiglia e ai suoi amici e auguragli una bella vita.
Cast
L’elemento vincente di Tutto chiede salvezza 1 e 2 è sicuramente la scrittura, la sceneggiatura ma anche il grandissimo cast. Tutti gli attori presenti, anche con parti minori, aiutano a raggiungere un livello attoriale decisamente alto. Federico Cesari (Daniele) è una conferma, così come lo sono Lorenzo Renzi (Giorgio) e Vincenzo Nemolato (Madonnina) della cui bravura si è parlato troppo poco. La sorpresa di questa stagione è Drusilla Foer (Matilde). Dopo il successo di Sanremo e dei suoi spettacoli teatrali arriva a ricoprire un ruolo intenso e intimo che colpisce dritto al cuore senza mezze misure. Da ultimo con un breve cameo interviene anche Paolo Virzì (Siccità) che, nel ruolo di se stesso, è il volto del cinema d’autore.
Potenza e delicatezza: le armi vincenti di Tutto chiede salvezza 2
Tra le varie scene spiccano alcuni gioielli che è impossibile non notare e apprezzare. In primis i monologhi di Matilde sempre colmi di rancore e rabbia ma intrisi anche di tenerezza e fragilità. Oppure le scene di Giorgio che è un concentrato di dolcezza e irruenza. Ad esempio colpisce la scena del pedalò nel quarto episodio in cui decide di portare al mare Alessandro (paziente ormai ridotto ad uno stato vegetativo). O ancora la scena nel quinto episodio quando deve accettare di doverlo salutare perché sta per essere trasferito in un’altra clinica.
Tutti i personaggi sono travolti dalla vita, instabili e contemporaneamente saggi, impauriti eppure capaci di vedere oltre. Trasuda umanità e verità da ogni gesto, ci si commuove perché in questi personaggi la malattia non prevale sulla persona e viceversa, si riescono a vedere entrambe, come lottano tra loro fino a giungere ad un’armonia o ad una rottura definitiva. Infine il risveglio di Alessandro è il perfetto messaggio di speranza che serviva per chi si era affezionato a lui e agli altri sin dal primo minuto della prima puntata della prima stagione. È la speranza di chi soffre ma non si arrende, di chi crede che con pazienza arriverà un punto di svolta.