A metà tra la tristezza del blu e la violenza del rosso si posiziona il bianco. Film bianco (Trois couleurs : Blanc) è la seconda pellicola della trilogia dei colori di Krzysztof Kieślowski. Conclude così la sua carriera il regista polacco, deceduto prematuramente nel 1996 a 55 anni, lasciandosi alle spalle un patrimonio cinematografico seppur breve ma intenso.
Per la trilogia dei colori Kieślowski trae ispirazione dagli ideali rivoluzionari della bandiera francese (Liberté, Égalité, Fraternité), ogni film infatti approfondisce tematiche legate alla libertà (Film blu, 1993), all’uguaglianza (Film bianco, 1994) e alla fratellanza (Film rosso, 1994).
Film Bianco recensione e trama
Quando si parla di uguaglianza la prima cosa a cui si pensa è la parità dei sessi e delle etnie. Kieślowski centra a pieno le aspettative del titolo raccontando le vicende surreali di una coppia appena divorziata.
Il tribunale parigino, tristemente bianco, scarno e all’apparenza sterile, accoglie (o intrappola nel caso dell’uomo) i coniugi: lei francese (Julie Delpy) e lui polacco (Zbigniew Zamachowski). Già dai primi minuti si urla al complotto, alla disuguaglianza che viene posta nel giudicare i due protagonisti.
Persa la sua battaglia Karol Karol muove i primi passi verso un futuro più roseo, ritorna nella sua madre patria e nel frattempo escogita un piano per ribaltare la situazione e rivendicare quella parità tanto decantata ma mai effettivamente arrivata.
Il colore bianco e le scelte
Il bianco rappresenta l’incolore della scala cromatica, indica nella maggior parte dei casi la trasparenza e purezza, concetti morali che stonano con il destino del protagonista maschile. Ma come è solito fare Kieślowski con i suoi film, che scavano all’interno della psiche umana cercando di ricavarne visioni nuove, genera prospettive diverse.
Bisogna credere nel destino quando Kieślowski si diverte a far scontrare destino e scelte individuali dei suoi personaggi? Le scelte sono il loro destino o è il loro destino a determinare le scelte? Senz’altro ci sono due correnti di pensiero opposte ma, in questo caso, sia il destino che le scelte individuali approdano nell’ignoto fino alla fine del film (o quasi).
L’inconsapevolezza dello spettatore rende quel bianco un colore opaco, misterioso e spettarle. Il bianco dalla fotografia si estende anche ai paesaggi, innevati o ingrigiti dalle nubi, che a loro volta si riflettono nei personaggi.
In due occasioni vengono mostrate scene del matrimonio ma, pur essendo dello stesso momento, le due versioni non coincidono. Come se la purezza iniziale e la verginità dei sentimenti si fossero persi, spenti, lasciando spazio al grigiore del quotidiano.
Film Bianco: la narrazione visionaria e l’illusione filmica
All’apparenza Kieślowski offre al pubblico una chiave per entrare nel mondo dell’uomo ma l’apertura della porta si rivela effimera. Pur concedendo al Karol Karol di Zamachowski particolare attenzione, come le inquadrature delle mani estremamente intimiste, Kieślowski ritorna subito al suo posto prendendo nuovamente le distanze dal soggetto.
In diversi punti spezza l’illusione filmica utilizzando il rallenty, spostando la narrazione in una visione lontana dalla realtà dei fatti e posizionando lo spettatore sempre un passo indietro, nell’ombra del viaggiatore. Un viaggiatore ambivalente, duplice anche nell’appellativo (Karol Karol), che mostra solamente la parte più cordiale del suo essere omettendo l’altra faccia della medaglia.
Personaggi in cerca d’Autore
Kieślowski inscena uno spettacolo padroneggiato dagli impulsi di amore e morte, sentimenti tanto discrepanti quanto simili. Entrambi dominano l’esistenza umana tirando i fili come in un teatro di burattini.
I personaggi in realtà vengono spinti da queste sensazioni tanto da annullare la loro parte oggettiva, razionale. Rivendicare quell’amore perduto stimola Karol a cambiare vita e la presunta vicinanza della morte smuove le viscere di Dominique.
Nel finale i personaggi vengono riaccompagnati dal regista sui loro passi. Pur avendo arricchito il vuoto centrale con degli avvenimenti discordanti, Kieślowski chiude il cerchio della vita con la sua lezione morale, che si fa arte.
Film Bianco rimane uno dei capitoli più affascinanti della trilogia dei colori, tanto da attirare le attenzioni di Stanley Kubrick, da sempre grande ammiratore del regista polacco.
Con Film bianco Krzysztof Kieślowski riconferma la sua collaborazione storica con il compositore Zbigniew Preisner, già consolidata nei precedenti lavori del cineasta Senza fine (1985), Decalogo (1988), La doppia vita di Veronica (1991) e Tre colori: Film blu (1993), firmando un caposaldo della sulla filmografia.