The present è un cortometraggio distribuito da Netflix e firmato da Farah Nabulsi, regista di origine palestinese, cittadina britannica ed attivista per i diritti umani della sua terra natale. L’opera ha ottenuto nel 2021 vari riconoscimenti internazionali, tra cui il BAFTA e la candidatura agli Oscar come miglior cortometraggio.
Il suo pregio è quello di esemplificare una condizione di non libertà ancorandola ad una piccola vicenda particolare, per poi proseguire sviluppando il conflitto con essenzialità, precisione e delicatezza.
Ciò che emerge è la difficile e significativa eccezionalità del quotidiano cui sono sottoposti i palestinesi, inibiti nella loro autonomia di circolazione dai posti di blocco israeliani presidiati da soldati armati, ossia dei valichi di sorveglianza deterrenti per gli integralisti e disorientanti ed umilianti per la popolazione civile.
I militari di guardia sono in grado di innescare abusi illogici, dolorosi ed arbitrari, in nome di una sicurezza dai confini volutamente labili e crudelmente manipolabili, che su carta mira a stanare e prevenire atti terroristici, ma in pratica si traduce in un aggravio indiscriminato delle restrizioni a carico degli arabi musulmani. Agli ebrei, neanche a dirlo, è riservato ben diverso trattamento.
The present – Trama
Una di queste ridicole e crudeli ingiustizie capita a Yousef (Saleh Bakri) e Yasmine (Maryam Kanj), padre e figlia, la coppia di protagonisti di The present. Si tratta di padre e figlia, vivono nella comunità palestinese della Cisgiordania e devono attraversare un check-point situato non distante dalla loro abitazione, per raggiungere la città e comprare un frigorifero nuovo, regalo promesso da tanto tempo a Noor (Mariam Basha), moglie di Yousef e madre di Yasmine.
I due sono fermati senza motivo apparente proprio dalle guardie del posto di blocco e sono costretti a restare ore sotto il sole in celle spoglie posizionate a vista sulla strada: qui vengono lasciati ad attendere non si sa bene cosa tutti gli individui sospetti bloccati.
Alcune ore dopo, vediamo padre e figlia rilasciati: riescono non senza fatica ad arrivare in città, acquistare il frigorifero desiderato, per poi trovarsi nuovamente la strada sbarrata nello stesso check-point dell’andata, presidiato dai medesimi soldati.
Le truppe esasperano Yousef, l’uomo si ribella perché non è disposto a farsi umiliare immotivatamente una seconda volta, i toni si surriscaldano e la situazione precipita: lo scioglimento avviene nel modo più logico, imprevedibile ed inarrestabile possibile.
The present – Recensione
The present stigmatizza la pena derivante dalla limitazione delle libertà che affligge il popolo palestinese per sua stessa nascita: la condizione non richiesta né imputabile di venire al mondo su strisce di territorio contese, oggetto di scontro geopolitico più grande e sempre superiore alle singole esistenze sacrificabili che vivono quei luoghi ogni giorno.
La realtà di quella geografia possiede lo spessore e la pesantezza testimoniate da The present e un’occupazione comporta sempre un fio da pagare: può essere un movimento sbagliato, un atteggiamento scorretto, un militare stizzito, uno sguardo insistito, una postura atipica, un bagaglio ingombrante, una giornata difficile, storta o banalissima, e la routine già limitata del palestinese medio, scivola in incubo facilmente.
La sicurezza si trasforma in terrore, il controllo in paura, la sopportazione è spinta fraudolentemente all’esaurimento, mentre il sopruso resta nelle mani del più forte, in questo caso di chi impugna un’arma, sempre carica e spesso spianata.
Così si parla di difesa e di gestione pacifica convivente, ma in realtà in queste zone si combatte una guerra di tensione: la vigilanza militarizzata inquieta, ferisce, aggredisce, in alcuni casi uccide, irreprensibile ed impunita, chi decide lei, mostrando i denti e di fatto opprimendo una popolazione per tre quarti innocente e che, ciononostante, viene fiaccata, inginocchiata, sorvegliata a vista, costretta a riconoscere e ad esercitare obbedienza costante, anche quando è impegnata nella più innocua delle attività, come fare shopping per un regalo di compleanno.
Molti i particolari concreti che acutizzano la pesantezza della situazione: il mal di schiena che affligge Yousef, costretto a dormire su un cartone per essere tra i primi all’alba ad attraversare per lavoro l’affollatissimo varco che tragitta dai territori occupati ad Israele, sembra rappresentare metaforicamente la prostrazione, il più delle volte irragionevole, cui devono piegarsi quelli come lui, rassegnati ad alogica e sistematica barbarie; gli antidolorifici che vorrebbe comprare in città sono guarda caso finiti, come se la popolazione soffrisse un dolore costante e di difficile attutimento, e, la stessa farmacia cui vorrebbe rivolgersi è chiusa per un lutto in famiglia, perché la morte, lì, ha visitato più o meno ogni famiglia.
C’è l’ombra, e più ancora, l’ingombro della violenza nella tempra di The present, un allarme pronto a scattare, un ferita che continua ad essere inflitta, un lutto da digerire; sono elementi che si leggono e si aggirano tra le strade belle e sperdute della comunità, nei capi chini in fila davanti al posto di blocco, negli sguardi di lampo ed insistito silenzio che si scambiano Yousef ed i militari.
Si raccontano senza raccontare rabbia repressa, stanchezza coatta, ragioni non date, spazi negati, logica del capro espiatorio, vessazione ingiustificata, sperequazione dei diritti civili ed una sopportazione ostinata a perseguire il non conflitto, perché se la vita continua, lo fa lontano dallo scontro.
The present trova il giusto equilibrio tra tensione e dolcezza, alternando sequenze di complicità coniugale sincera o di affetto profondo tra il padre e la sua piccola principessa, a momenti di concitazione astiosa e disperata tra l’uomo calpestato e i giovani, in tuta mimetica, elmetti e mitra puntati, arroganti e subdolamente aggressivi.
The present – Cast
Saleh Bakri, attore molto popolare in patria, è una calamita magnetica per lo sguardo: riesce a trattenere e a distribuire luce e furore con generosa e puntuale capacità; la giovane Maryam Kanj non splende meno, con eleganza innata e risolutezza composta e decisiva. La natura che li circonda li abbraccia con eguale malinconica bellezza sia che trionfino, sia che soccombano, mentre forte è il sapore nostalgico impresso dalle musiche di Benobaid: un ambiente più grande di loro, una natura che isola e contempla il male fatto dagli e agli uomini.
Vincente la risoluzione finale, che letteralmente si fa strada sul rumore e la violenza di oppressi ed oppressori, con gentilezza, maturità e spontaneità imprevedibili.
Più la catena morde vicino al piccolo giornaliero, più sarà forte la reazione dello schiavo, la proiezione di significato e la gittata della rivolta; The present assesta bene tutti e tre i campi, ricordando, se mai ce ne fosse bisogno in questo momento storico così contraddittorio, che la libertà non resta compressa troppo a lungo: una via, presto o tardi, la trova sempre.