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The Post – la storia del giornalismo secondo Spielberg

The Post è il trentatreesimo lungometraggio della prestigiosa carriera di Steven Spielberg. Un film per il quale il regista ha riunito un cast di alto livello a cominciare dai protagonisti: Tom Hanks e Meryl Streep. Le due leggende hollywoodiane non sono sole in questo racconto di una delle pagine più importanti della storia degli Stati Uniti. Bob Odenkirk, Sarah Paulson, Bradley Whitford, Bruce Greenford, Jesse Plemmons sono solo alcuni degli interpreti di ruoli più o meno rilevanti nel film. La sceneggiatura del film è di Liz Hannah e Josh Singer, autore di alcuni episodi di West Wing e de Il caso Spotlight. The Post è arrivato nelle sale statunitensi alla fine del 2017 e in quelle italiane dal gennaio 2018.

The Post

The Post – la trama

Il film racconta la vicenda della pubblicazione dei Pentagon Papers da parte del Washington Post (e del New York Times). Si tratta di documenti secretati che rivelavano i veri intenti del coinvolgimento degli Stati Uniti in Vietnam, con un’analisi che attraversava ben quattro presidenze. 1971: Katharine Graham (Streep) dirige il Washington Post a seguito della morte del padre e del suicidio del marito avvenuto qualche anno prima. Mentre la donna affronta il consiglio di amministrazione, il caporedattore del giornale Ben Bradlee (Hanks) ha il sentore che stia per arrivare una notizia rilevante. Ben non si sbaglia, infatti, l’ex segretario McNamara (Greenford) rivela a Katharine, sua vecchia amica, la materia dello scoop. Il New York Times attraverso l’analista militare Daniel Ellsberg è in possesso di notizie tenute segrete agli americani riguardanti la guerra in Vietnam.

Quando su impulso dell’amministrazione Nixon un giudice federale impone lo stop alla pubblicazione delle notizie al Times, nella redazione del Post decidono di agire. Un giornalista, Ben Bagdikian (Odenkirk) scopre chi è la fonte e decide di incontrarla. L’uomo consegna al giornalista tutti i documenti, mettendo Katherine nella posizione di decidere se procedere o meno alla pubblicazione. La proprietaria del quotidiano è incerta sul da farsi, sia per la sua amicizia con McNamara che per le possibili implicazioni legali.  La decisione del Post e la seguente causa intentata dal governo cambieranno per sempre il mondo del giornalismo investigativo.

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The Post

The Post – la recensione

Con The Post Spielberg rende omaggio alle grandi inchieste giornalistiche degli anni ’70. Il film, infatti, si chiude con la scoperta dello scandalo Watergate, avvenuto poco tempo dopo rispetto ai fatti raccontati nel film. Il ciclo vitale di film come questo sembrava aver esaurito la sua spinta, per ritrovare linfa in un’opera come questa o nel Caso Spotlight. Naturale il paragone con altri film sul giornalismo investigativo che hanno segnato la storia del cinema (Tutti gli uomini del Presidente). Uno degli elementi di forza di questo lavoro è dato dalla caratterizzazione dei personaggi. In un duro confronto tra Katherine e il suo caporedattore emerge come entrambi siano legati a doppio filo a questo o a quell’esponente politico. Il dilemma che vive la protagonista è quello tra la sua etica professionale e la vita privata, ma nessuno è privo di rapporti compromissori.

In The Post Spielberg costruisce la tensione fino al momento cruciale, confidando (ripagato) nei suoi attori. Tom Hanks e Meryl Streep si contendono il centro della scena, ma è attorno a loro che si costruisce la solidità del film. La presenza di un cast così ricco di talenti può diventare anche problematica da gestire, naturalmente non per Spielberg, tutta la storia si irradia attraverso i personaggi secondari. A spiccare è sicuramente Bob Odenkirk, che nella seconda metà del film diventa il vero e proprio fulcro narrativo. Ma anche le brevi apparizioni di Jesse Plemons e Bradley Whitford conferiscono consistenza al film. Questi sono tra i più restii alla pubblicazione delle notizie, ma non sono la controparte. Il regista decide, infatti, di mostrare la vera e propria controparte, quindi il Presidente Nixon, solo di spalle.

Spielberg – ovvero del cinema made in USA

Steven Spielberg rappresenta e rappresenterà ancora il cinema hollywoodiano come nessun’altro. Non è una riflessione in termini di bravura o di valutazioni puramente soggettive, ma nessuno ha attraversato il cinema come lui. Si parla di tutti i generi che il regista ha toccato nel corso della sua carriera. Sono pochi gli autori che hanno realizzato, con successo, opere così differenti tra loro. Ogni regista si costruisce un’identità all’interno di un genere o arriva ad inventarne, in un certo senso, uno. Spielberg fa eccezione non perché non abbia una sua identità, ma per la capacità di adattarla. Ogni suo film sembra, dal punto di vista formale, una lezione su come dovrebbe essere realizzato. A The Post è seguito Ready Player One, due film agli antipodi dello spettro cinematografico.

Incredibilmente, The Post rappresenta finora l’unica collaborazione tra Spielberg e Meryl Streep, mentre aveva in più occasioni collaborato con Tom Hanks. La prolificità del regista non sembra incidere in senso deteriore sulla qualità dei suoi film. Sostenuto da una grande struttura produttiva Spielberg rappresenta comunque un tipo di autore cinematografico non facilmente comparabile ad altri contemporanei. Nel frattempo, per quanto riguarda il prossimo film, dovrebbe trattarsi di un’opera sugli UFO.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

The Post ha tutto quello che serve per entrare nel canone dei film sul giornalismo investigativo e un altro tassello delle grandi carriere di Tom Hanks e Meryl Streep.
Stefano Minisgallo
Stefano Minisgallo
Si vive solo due volte come in 007. Si fanno i 400 colpi come Truffaut, Fino all’ultimo respiro come Godard. Il cinema va preso sul serio, ma non troppo. Ci sono troppi film da vedere e poco tempo, allora guardiamo quelli belli. Il cinema è una bella spiaggia, come nei film di Agnes Varda.

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