Diciamocelo, l’apocalisse in The End We Start From è un tantino noiosa. Non si ispira di certo a pellicole come The Road, 28 giorni dopo e Mad Max: Fury Road , che sono riusciti a rendere il genere dinamico e inventivo. Ma siamo onesti con noi stessi: quante apocalissi di zombie, rivolte di robot o film incentrati sulle pandemie possiamo davvero sopportare ancora? A questo punto, ormai, ci sembra che ci sia una filmografia sterminata a riguardo.
The End We Start From, presentato al pubblico nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma 2023 e tratto dall’acclamato romanzo di Megan Hunter, decide di concentrarsi su un’apocalisse causata dal cambiamento climatico.
Ma invece di raccontare la storia su vasta scala, la regista esordoiente Mahalia Belo tratta una storia molto più intimista e personale sul viaggio di una giovane donna alla ricerca di un rifugio sicuro dove lei e il suo bambino appena nato possano aspettare i loro giorni fino al ritorno alla normalità.
The End We Start From, la trama
Nessuno dei personaggi nel corso del film ha un nome, e il film inizia con una giovane donna (Jodie Comer) che partorisce proprio mentre una crisi ecologica colpisce Londra, distruggendo la sua casa e lasciandola senza casa.
Il suo premuroso marito (Joel Fry) tenta di aiutarla in ogni modo possibile, ma finisce per affrontare una crisi di salute, e ben presto la madre e il suo neonato si ritrovano completamente soli. Dopo aver sentito parlare di un potenziale rifugio sicuro, la donna incontra un’altra neomamma (Katherine Waterston) che si unisce a lei in un lungo e pericoloso viaggio alla ricerca di un posto sicuro e sano dove crescere i loro figli appena nati. Nel corso del viaggio iniziano a incontrare diversi volti sconosciuti.
Alcuni sembrano rappresentare una minaccia, mentre altri hanno l’impressione di volerli aiutare. Tuttavia, quando si è bloccati in una crisi, probabilmente è meglio non fidarsi di nessuno piuttosto che fidarsi di tutti.
The End We Star From, recensione
In The End We Start From La Comer è raramente assente dallo schermo, il film d’esordio della Belo è costruito interamente intorno alla sua attrice protagonista. Facce riconoscibili come Mark Strong e Benedict Cumberbatch fanno capolino nel film, ma si sentono come piccole parti rispetto alla Comer. Il suo ruolo è forse il più vulnerabile che abbia mai interpretato. Invece di interpretare un’assassina infantile ma letale o un personaggio secondario di un videogioco, il personaggio senza nome della Comer nel film si sente profondamente umano e pienamente in carne e ossa.
La sua interpretazione è volutamente muta e fredda, ma la sua espressione facciale e la sua recitazione fisica permettono al pubblico di sapere tutto quello che c’è da sapere sulla protagonista. Soprattutto, The End We Start From è la vetrina perfetta per la Comer.
Fry, noto soprattutto per i suoi ruoli comici in titoli come Our Flag Means Death e Crudelia, è anche in grado di flettere i suoi muscoli drammatici nel primo e nel terzo atto del film. La sua fragile storia d’amore con il personaggio di Comer è cruda e senza alcun senso di melodramma. In poche scene si capisce cosa ha spinto queste due persone a innamorarsi l’una dell’altra quando il film riprende il loro incontro in un bar, per poi separarsi quando l’apocalisse li lascia nei momenti di maggiore debolezza, sia fisica che mentale.
La regia di Mahalia Belo
All’esordio nella regia per un film dopo anni di esperienze televisive, Mahalia Belo, con l’aiuto produttivo della Hera Pictures e di Benedict Cumberbatch, imbastisce una distopia climatica ambientata (potenzialmente) già dopodomani.
La Belo si ispira chiaramente a Terrence Malick per il suo debutto cinematografico. Il film si muove con ritmo lento e si prende le sue tempistiche per dare al pubblico uno sguardo alla Terra, ormai in totale declino.
È come se la regista ci stesse avvertendo che se continueremo a ignorare il cambiamento climatico come stiamo facendo ora, ci saranno molte giovani madri in tutto il mondo che dovranno affrontare lo stesso tipo di cose che il personaggio della Comer deve affrontare nel film.
I primi venti minuti circa sono tra i momenti più deboli del film, al punto che inizia a sembrare senza direzione. Fortunatamente, questa debolezza non dura a lungo.
Tutto risulta naturalistico, senza alcun senso di ego. Belo riesce a rendere personale l’apocalisse di The End We Start From, concentrando il film più sul personaggio di Comer che sulle scene delle strade di Londra ormai allagate. Suzie Lavelle, la direttrice della fotografia del film, contribuisce a creare l’atmosfera cupa e ossessionante del film.
La storia offre raramente una buona visione della distruzione che si è abbattuta su tutto il pianeta, ma dà comunque al pubblico una sensazione di sventura e cupezza provata dai personaggi.