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The Brutalist – Arte e capitale per il Leone d’Oro alla Regia

The Brutalist – Panoramica

The Brutalist ultima fatica del regista ed ex attore Brady Corbet, è il suo film impossibile, per stessa ammissione del creatore.

Il vincitore del Leone d’argento per la regia all’81. Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, è ambiziosissima e monumentale opera d’arte nell’opera d’arte, studiata nel particolare dal titolo di testa a quello di coda, un film fiume epico e spiazzante che riflette sull’arte, la politica, l’economia, la lusinga del nuovo continente, la promessa del vecchio, l’indole di un popolo che non la racconta giusta anche se spesso, troppo spesso ormai, finge di farlo molto bene.

All’interno di un concorso rivelatosi non troppo luminoso, The Brutalist è stato l’evento più amato dalla critica, spesso scoraggiata o annoiata dal resto delle proposte in gara, un lavoro da amanti ispirati e passionali della settima arte, che è costato anni di preparazione al suo regista. 

The Brutalist 1

È l’America del post dopoguerra, invasa dai disperati, dai sopravvissuti, dai reduci dell’ Europa post-nazista, stormi umani senza più denaro nè identità, duo quest’ultimo che nel suolo a stelle e strisce ha sempre fatto la differenza, e che ora si china e si plasma in base alle leggi del mercato: sono esse infatti a compravendere ed instaurare le coordinate delle nuove dignità personali.

Prendere o morire di fame, che spazio per seppellire sconosciuti di una volta, noti da sempre, ignoti da ancora di più, laggiù, ce n’è.

The Brutalist – Trama

Così ci troviamo a seguire le vicende di Laszlo Toth (Adrien Brody), geniale architetto ungherese, perseguitato, deportato e sopravvissuto ai campi di sterminio hitleriani, che tenta la nuova vita imbarcandosi per l’America. Sua moglie Erzsebet (Felicity Jones), malata e sua nipote Zsofia (Raffey Cassidy)che la accudisce non riescono a partire. Giunto nella terra delle opportunità in un primo momento viene ospitato da un parente che vende mobili.

Grazie a lui conosce Van Buren (Guy Pearce) un magnate locale il quale dopo aver visto come Laszlo ha rimodernato la sua antica libreria, decide di sovvenzionare la sua arte. Rintraccia l’architetto, abbandonato da quei familiari non troppo familiari che lo avevano aiutato in prima istanza, lo porta via dal disperato lavoro di operaio che faceva per vivere, si interessa a che la sua famiglia possa ricongiungersi con lui in America e gli commissiona un’opera architettonica di enorme impegno.

The Brutalist 2

Un mausoleo per sua madre, una tomba di famiglia, una palestra, una libreria, un centro di aggregazione per la comunità, tutto in un unico edificio. Questo progetto vedrà Laszlo e il suo mecenate Van Buren opporsi, riunirsi, avvicinarsi e distaccarsi, più volte secondo una dinamica brutale e disorientante, violenta e sorda così come violento e sordo è il cemento con cui si realizza questa struttura mastodontica, che per linee e concetto è esempio espressione e simbolo della corrente architettonica brutalista.

The Brutalist – Recensione

Una relazione tra artista e mecenate insana, inquieta, prolifica e dannata che porta da una parte al disvelamento di chi sia e cosa significhi avere un padrone, dall’ altra alla macerazione dell’artista glorioso e fragile, dipendente da oppio e alcool, segnato indelebilmente dalle atrocità della guerra.

Uno scorcio di certi albori della società statunitense, capitalista, latifondista, menefreghista, figlia, com’è stato da più voci sottolineato, del mondo de Il petroliere di Paul Thomas Anderson, stessa distruzione e caparbietà, stessa secca concretezza di interessi, medesimo attaccamento alla terra e agli affari e al contempo maldestra fascinazione e burbera malinconia per qualcosa che gli americani hanno poco e su cui poco hanno da dire. ossia la cultura.

The Brutalist 3

Le terre antiche posseggono la bellezza dei fregi, della poesia, hanno mangiato l’arte e hanno fecondato d’arte le lingue di terra del mediterraneo: il miliardario terriero americano questo lo sa ma non può esserlo, quindi fa l’unica cosa che può fare, lo compra e lo gestisce.

L’arte compromessa sull’altare della convenienza o testimonianza dura e pura

L’arte si negozia, si baratta, si compromette, si scinde, si mutila, si ordina, come fosse un pacco di carne, ma molto più preziosa, molto più sanguinante: l’arte accresce l’aura di una persona, l’arte nobilita chi ha fatto pascolare vacche, chi ha perimetrato aree di fieno, chi ha scavato buchi nella terra.

The Brutalist 4

Ma l’arte non si possiede, i disegni di Laszlo, le sue opere sfuggono alla definizione di bello, al concetto di consumo e di utilità, diventano per sua stessa ammissione testimonianza politica di qualcosa di altro, di una resistenza interiore ed esteriore, di un limine tra chi si trova da una parte e chi dall’altra, tra gli uniformati ed i diversi, tra chi intrallazza e chi non chiede, tra chi sceglie e chi se vuoi lo scegli, tra i fondatori e i tollerati.

Gli uni e gli altri possono fare affari insieme, ma non saranno mai la stessa cosa. Una semenza, una vestigia di quel razzismo, di quell’individualismo che degenera oggi come ieri come in tutta la storia nelle campagne e nelle città della democrazia americana.

Laszlo, l’ artista estro, dipendenze e demoni della guerra

E Laszlo cede e ricade, si solleva nell’ empireo, e rotola nell’abisso, passa dalle stelle alle stalle, autosabotando se stesso, stordendosi con farmaci, droghe e bicchieri di troppo, per evadere, per scampare alla corruzione della propria maestria da parte di mani e voci impudiche, per dimenticare l’orrore che gli ha deformato la famiglia, l’amore, la vita.

The Brutalist 5

Sullo sfondo la nascita dello Stato di Israele, il patto tra le potenze post belliche, il risarcimento storico conseguenza ed origine di altro male futuro, il primo unicum del diritto internazionale.

A seguire, la tensione verso quel luogo da raggiungere, da mai dimenticare, da ricordare nelle cerimonie da tradizione, una promessa di felicità ,che come ogni schizzo, bozzetto, lettera scritta è un passo verso la bellezza, un passo che sarà difficile mantenere intatto ed incontaminato, un passo che chiederà ragione di sé, specie se l’opera verrà compiuta e tornerà a perseguitare il proprio autore come suo personale indefesso demone.

Israele neomito necessario in cui rifuggire e utopia anacronistica

Perché ogni prova artistica è lascito del proprio comportamento, è uno schieramento, è politica, e anche il mistico ricercato quasi in maniera blasfema dentro un villaggio turistico in cemento, non assolve la mancanza anzi è lì a ricordare che per lo scempio si deve e si dovrà pagare, e che da terra ,da quella scipita, abbondante, arrogante terra, non ci si è sollevati di un millimetro.

The Brutalist 6

The Brutalist è girato in 70 millimetri, formato peculiare e cinefilo, sfocato nelle sale di Venezia81, si dipana per oltre tre ore di girato, con tanto di intervallo di quindici minuti alla vecchissima maniera, con foto d’epoca fissa e countdown in bella vista, a coniugare il tempo e la sua assenza.

E’ un atto d’amore verso il cinema, figlio di un ego abbondante e di una passionalità ostinatamente impegnata, che ha una sua disperazione e autofagocitazione, ma che ti costringe a guardarla per coraggio e presenza.

The Brutalist 7

Dietro le musiche martellanti di Daniel Blumberg e le inquadrature volatili e studiatissime, c’è un opera che parla alla storia e all’ identità del popolo americano e degli artisti perseguitati di tutti i tempi, da una prospettiva non indulgente, sghemba, che bastona indirettamente dove i nervi sono scoperti, cominciando dalla Statua della Libertà, icona capovolta, prima cosa vista dal protagonista una volta approdato, fantasma di un altro tipo di fascismo e di intolleranza, monito di qualcosa che sogno non è già più, se mai sogno lo sia stato.

The Brutalist – Cast

Notevole la prova di Adrien Brody, che, come fu nel Pianista di Polansky, torna a vestire con successo certi panni a lui attorialmente congeniali, di sopravvissuto ai campi di concentramento. Scavato il viso, scavata la parlata di un inglese elementare, rattoppato, d’emergenza, difetto mai voluto migliorare, frenetico e composto, nelle visioni e negli abbattimenti, spudorato ed umile, grande calibro e grande presenza d’inteprete.

The Brutalist 8

Non minore la Jones nei panni della moglie, una luminosa eleganza anche nel dolore, incisiva ed intensa, icona di una modernità femminile, anche più moderna delle donne americane, moglie e figlie del milionario di turno. Ottimo lavoro anche per Pearce che imbastardisce la sua presenza, includendo i momenti in cui da serpente tentatore lusinga il creativo affamato.

Fotografia di un passato oscuro, battesimo di un futuro traditore

The Brutalist fotografa a contrasto un passato oscuro, che svezzerà un futuro altrettanto oscuro, doloroso, tradito e traditore, imprigionato nelle sue dinamiche mortifere che lo asfissiano, indipendentemente da quanto forte si paghi l’ossigeno.

La libertà, quella vera, quella personale e quella artistica sono altra cosa. Forse non esistono. E se esistono lo fanno per pochi crudeli, durissimi, memorabili istanti. In cui non si paga. Si osserva. 

The Brutalist – Conferenza Stampa

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

La storia di Laszlo Toth, geniale e sregolato archietetto ungherese, ebreo sopravvissuto ai campi di sterminio, sbarcato in America alla ricerca di una nuova vita e del suo rapporto con un magnate-mecenate che gli commissionarà l'opera della vita, benedetta e maledetta, cemento e linee rette, secondo lo stile Brutalista. Opera fiume ambiziosa sul rapporto tra arte, politica e capitale, sullo spazio dell'archietettura nella storia, sull'intolleranza verso il diverso, la persecuzione di un popolo oltre lo sterminio. Brody mattatore.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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