Quando la Disney esce in sala con un lungometraggio live action le aspettative sono sempre le stesse: si assisterà certamente ad una commedia per famiglie, con intrecci semplici e ordinati, un istintivo e inevitabile ricorso al meraviglioso e al fantastico e uno humor prevalentemente fisico, decisamente vecchio stampo, molto legato alla slapstick classica. Così, quando nel lontano 1990 arrivò nelle sale italiane (in ritardo di qualche mese rispetto a quelle d’oltreoceano) Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi, tutti gli spettatori che avevano acquistato il biglietto lo avevano fatto con la certezza di assistere ad uno spettacolo ben preciso, senza nessun timore di poter essere smentiti dalla pellicola. Il risultato finale fu decisamente buono, con un ottimo riscontro di pubblico e recensioni entusiaste, divenendo la commedia fantascientifica di maggior successo di sempre fino a Men in black.
La storia è già fortemente evocata dal titolo. Uno scienziato spiantato e sempre più sconfortato vive con la sua famiglia (moglie, figlia adolescente e figlio piccolo ma geniale) in una villetta di periferia, accanto a dei vicini odiosi e inquietati dai comportamenti dell’uomo. Il suo nome è Wayne Szalinski e sta lavorando ad un raggio rimpicciolente, che si ostina a non funzionare. Caso vuole che esso si metta in moto proprio nel momento sbagliato e rimpicciolisca sia i due bambini Nick Szalinski e il vicino Ronald Thompson sia gli adolescenti Amy e Russ, quando nessun adulto è in casa. I quattro si ritrovano così a vedere il mondo dal basso, essendo alti pochi millimetri, senza poter davvero sperare in un aiuto da parte dell’inventore, incapace persino di percepirne la presenza. Finiscono nel giardino di casa Szalinski, dove si sprigiona tutta la verve creativa e visiva della Disney, acclarata soprattutto da un uso degli effetti speciali veramente efficace. Tra irrigatori che spruzzano gocce che sembrano bombe nella giungla vietnamita, tosaerba assassini e formiche gentili, i quattro ragazzini riusciranno miracolosamente a rientrare in casa, farsi notare da Wayne, che intanto li ha cercati con la lente di ingrandimento per ore, e ritornare alla loro normale stazza.
La pellicola si configura come il più classico prodotto disneyano possibile. C’è un soggetto accattivante, velato della solita magia della casa di Topolino, sviluppato in maniera visivamente ineccepibile e una regia (di Joe Johnston, all’esordio dietro la macchina da presa dopo una gloriosa carriera da effettista) “tranquilla”, che scorre in modo rilassato, senza picchi ma fortemente in linea con lo stile generale del film. Ne è derivato da subito un cult indiscusso, che ha avuto anche una serie di sequel (piuttosto dimenticabili) sia sullo schermo che in TV.
Certamente il tema del rimpicciolimento non è una novità nella storia del cinema. Come dimenticare classici della fantascienza quali Il dottor Cyclops del 1940, primo sci-fi in Technicolor, o ancora Viaggio allucinante del 1966. Ma esso ha anche superato i confini del genere fantastico, approdando anche, ad esempio nella commedia. Vedendo gli oggetti di uso comune diventare enormi in Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi, non si può non pensare ai giganteschi oggetti di scena de I monelli con Stanlio e Ollio del 1930, impegnati nel doppio ruolo di genitori e figli per cui la casa è enorme. Insomma, il tema non è nuovo, ma lo si riguarda sempre con piacere, specialmente quando la resa visiva è di questo livello.
L’aspetto che balza più agli occhi parlando del cult è senza dubbio quello legato ad alcune caratteristiche della trama. Prima fra tutte il fatto, insolito per le produzioni Disney animate e non, che non ci sia un vero antagonista dei protagonisti. Si può dire che il vero cattivo di Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi sia l’avventura che essi sono costretti a vivere. L’invenzione di Szalinski non funziona mai, tranne che nel momento peggiore e i quattro ragazzi si ritrovano, loro malgrado, in un mondo ostile, almeno visto da quella prospettiva. E questo aspetto permette agli sceneggiatori (Tom Schulman e Ed Naha) di scatenare tutta la loro inventiva per generare scene degne del miglior film d’avventura, senza mai abbandonare i confini di un semplice prato mal curato. Molto spesso nelle pellicole Disney i personaggi intraprendono le loro imprese di malavoglia, essendo esse molto pericolose, ma di solito c’è sempre un villain, una figura, ancora più malvagia, da sconfiggere a tutti i costi, e quindi l’avventura diventa opportunità per crescere e fare qualcosa di importante per tutti. Il fine che muove i quattro protagonisti di Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi, è molto più semplice ed egoista: vogliono ritornare alla loro vita normale. Detto ciò, anche in questo caso il viaggio si trasforma in formazione degli animi per i protagonisti: Amy e Russ scopriranno l’amore e Nick e Ronald abbandoneranno per sempre l’ascia di guerra, diventando amici. Essi non devono certo salvare il mondo, ma “solo” se stessi, ritornando a casa cambiati in meglio.
A questa perfetta resa da Bildungsroman contribuisce anche la resa degli adulti, questa sì assolutamente in linea con i classici parametri disneyani. I grandi sono immaturi, incapaci di ascoltare i loro figli, pasticcioni, autoritari e ciechi di fronte alle perplessità dei ragazzi circa il mondo. Hanno da subito i connotati di freni inibitori verso la propria prole (i Thompson) e di genitori assenti e poco lucidi (i Szalinski). I veri adulti, come tante volte si vede nei film della casa di Topolino, finiscono per essere i ragazzini, riuscendo anche nell’intento di cambiare gli atteggiamenti dei propri genitori. In questo senso il film può essere letto anche in un’ottica di perfetto teenage movie, almeno per la morale che caratterizzava gli adolescenti dell’epoca, molto più ingenui di quelli di oggi.
Altamente studiato fu anche il cast. Spiccano i nomi di due grandi esponenti della commedia americana anni ’80 come Rick Moranis (Ghostbusters, La piccola bottega degli orrori) e Matt Frewer (Monthy Python-il senso della vita, Spie come noi) nel ruolo dei due padri, molto diversi e in contrasto l’uno con l’altro, ma alla fine alleati per riportare a casa, sani e salvi, i rispettivi figli. I quattro ragazzi protagonisti hanno avuto tutti una discreta carriera televisiva in seguito al successo del film, e in particolare Robert Olivieri, interprete di Nick Szalinski, è stato parte in causa di un altro cult movie come Edward mani di forbice di Tim Burton, dove interpreta il fratellino di Winona Ryder.
Infine, forse l’aspetto più interessante di Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi, risiede nello straordinario utilizzo degli effetti speciali. Alcune sequenze sono entrate di diritto nei cuori degli appassionati di film fantastici per la loro precisione accuratissima. Su tutte, spiccano senza dubbio la scena del ritrovamento del biscotto di Ronald, ora gigantesco, e il combattimento tra la formica e lo scorpione, oltre alla già citata “battaglia” di gocce dell’irrigatore automatico.
Come tutti i prodotti cult, entrati a gamba tesa nell’immaginario collettivo di tutta la società, anche Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi è un film che prescinde dal semplice giudizio critico. La pellicola in sé presenta molti buchi (come il finale eccessivamente stringente e semplicistico), ma alla fine essi non inficiano più di tanto sulla considerazione che in generale si ha nei riguardi del film, che è e rimane più di una semplice storia per il cinema.