Metti una donna travestita da scimmia, un uomo che non riuscí a suicidarsi, un camper-radio, l’orologio costosissimo di un morto, aggiungi bisogno d’amore e molto grottesco ed avrai Sunlight. Questo è il titolo della spassosa e fulminante commedia vista nella sezione Freestyle della Festa del Cinema di Roma, esordio al lungometraggio dell’attrice Nina Conti, famosa ed amatissima ventriloqua del Regno Unito.
Alla sua prima regia, l’artista disegna con tratti grezzi e ficcanti, un roadmovie da camera, dalla vivacità appariscente, quasi teatrale, romcom nelle lande del New Mexico, dal tono di stand-up comedy, surreale e tragicomico, in cui i protagonisti entrano in collisione tra il loro essere ed il loro apparire, riuscendo a superare rispettivi limiti, ombre ed impossibilità personali grazie ad un sincero esercizio di vulnerabilità e amore.
Spiazzante ed irriverente roadmovie e romcom tra border people
Sunlight è un prodotto spiazzante, fuori dall’ordinario e divertente, fedele all’approfondimento di relazioni umane ai margini del conforme, scandisce ed approfondisce con implacabile e scorretto sense of humor il profilo di reietti e non vendicati, di falliti, abusati, incompresi, di individui altamente imperfetti.
Gli ultimi e gli strani, forse soprattutto gli ultimi e gli strani, sono i primi ad essere salvati dall’urgenza d’amore. Probabilmente perché non hanno molto altro da perdere e le alternative residue non sono affatto desiderabili.
Sunlight – Trama
Roy (Shenoah Allen) tenta di suicidarsi impiccandosi alle pale del ventilatore di un motel. Cade a terra non riuscendoci e si risveglia nel suo camper, da cui conduce di solito la sua stanca e noiosetta trasmissione radio intitolata Sunlight. Al volante c’è una donna travestita da scimmia che dice di voler raggiungere un lago e da lì iniziare un nuovo business.
In mezzo c’è un padre morto da riesumare, un patrigno manipolatore ed abusatore da cui scampare, la smania di denaro senza cui nulla gira specie in America, e forse l’ultima opportunità per i due strampalati protagonisti di sfuggire alla solitudine e di essere felici.
Sunlight – Recensione
Impossibile non amare questo prodotto sui generis, cosceneggiato dalla regista e dal suo primo attore, che unisce tenerezza e spudoratezza, nel viaggio di due border-people, in affanno sui rispettivi destini e in debito sui desideri personali.
Roy vorrebbe essere qualcosa di più e per una volta uscire vincente da una vita che lo ha messo sempre all’angolo, in un secondo piano coatto ed ingiusto, con una madre poliziotta di ghiaccio ed un padre alcolista, inaffidabile ed emotivamente incapace.
Monkey-Jane si è costruita un perimetro di costume peloso, improbabile e buffissimo che ha deciso cocciutamente di abitare, per non fare e non farsi male, perché il mondo è pieno di abusatori, la sua famiglia lo è, e lei ne diventa preda, incosciente, ma anche cosciente. Il suo travestimento mantiene distanza con il resto dell’universo da cui la donna ha sempre preso fregature e dalla se stessa “umana” di cui è convinta di non fidarsi.
Anime tenere, sole, spudorate, in difesa da una società cinica, bigotta e truffaldina
La parte buona è la scimmia, la pensatrice, la calcolatrice, l’adulta; la parte cattiva è la donna in carne ed ossa che ha voce all’interno della maschera, recidiva negli errori, truffatrice di se stessa, debole e condizionabile. Roy stesso ha un camper per dimensione: in esso sfugge alla vita dei “sistemati del mondo” e sopravvive senza infamia e sicuramente senza lode, nel rimpianto di non aver ottenuto meglio da sé.
Il resto della civiltà bolla entrambi come perdenti, freak, addirittura soggetti da internare; per loro c’è il manicomio o la prigione, nessun altra via di redenzione. E’ quella stessa società che si scopre mascalzona e perbenista, cinica e bigotta insieme, che arranca e disfa, cataloga e sminuisce, che rifila rifiuti, truffe e gettoni d’indifferenza programmata, a seconda dell’occorrenza.
Eppure Roy e Monkey-Jane tengono fede ciascuno alla loro idea di redenzione, al folle piano che li riabiliterà all’interno della folle società, ma secondo le loro regole: riesumare un morto, strappargli l’oro che si è portato nella tomba e ricominciare da capo, a testa nuova ed alta.
C’è un capitolo in cui a buggerare la vita sono le stesse vittime di quella buggeratura, e Roy e Jane ce la mettono tutta per farlo accadere. Riscrivono la loro storia, imponendosi l’una all’altro, senza preamboli di sorta, conoscendosi a forza di battute, alterchi, diverbi, punch-line tra il serio ed il faceto, l’impegnato e la cialtroneria, l’esistenziale e la goliardata, costruendo attorno a loro un terreno fuori dal comune, bizzarro ma in cui la frequenza è univoca.
Così una delle coppie più improbabili dello schermo espia il proprio debito con la vita, improbabili ladri, improbabili amici, complicissimi amanti, dal talento segreto e sulla stessa lunghezza d’onda.
Sunlight – Cast
Esercizio attoriale notevole e vitalissimo, Sunlight si muove sul ritmo vorticoso di interazioni verbali studiatissime cui si applaude e si sorride compiaciuti, su una comicità mai sganciata da una grazia, quasi un dolore interiore che è comune a tutti gli umoristi del mondo.
Accenti, tempi e contrappunti rendono l’alchimia tra i due interpreti tangibile e concreta. Jane-Conti perfettamente a suo agio in una performance-cavallo di battaglia, suo ruolo istituzionale, qui al servizio creativo e non banale di una storia-metafora di tanto disagio femminile dovuto alla violenza maschile, alla violenza del capitale, alla distanza dall’umano.
Roy-Allen, è capace di alternare tensione beffarda ed impedimento comico senza perdere la gentilezza del buono, del principe benevolo e sfortunato, che preferisce vivere un giorno amando e bruciando tutto piuttosto che mille giorni da tiepida pecora.
Sunlight è una piacevole scoperta della kermesse romana, un luce dal sottobosco poco luminoso di questa annata sottotono, un passo deciso nella commedia irriverente, extra-ordinaria e nostalgicamente sognatrice di non vincitori di professione. La riscossa dei soccombenti possiede un nuovo volume.