QUANDO ALFRED HITCHCOCK DECISE DI ENTRARE NELLE CASE DEGLI AMERICANI
Per risalire agli albori delle serie TV dobbiamo senza dubbio citare i feuilleton, meglio conosciuti come romanzi d’appendice. Nascono nell’ Ottocento ed erano romanzi a puntate che venivano pubblicati nelle riviste, in genere alla domenica. Il primo romanzo d’appendice fu “La comtesse de Salisbury” di Alexandre Dumas Padre, pubblicata dal 15 luglio all’11 settembre del 1836. Possiamo definirlo senza dubbio il capostipite di tutto quello che sarebbe arrivato in seguito. L’idea di pubblicare un romanzo a puntate risultò immediatamente vincente sia per la casa editrice, che vendeva la rivista e “obbligava” il lettore a comprare anche quella successiva per non perdere il filo della storia, sia per il lettore che veniva stuzzicato dall’autore che lo lasciava in attesa un’intera settimana, stimolandogli così l’immaginazione e le aspettative. Lo stesso meccanismo che in seguito avrebbero adottato per le serie TV e che in Italia avrebbero utilizzato per gli sceneggiati.
Con la nascita del cinema non si pensò immediatamente a questo tipo di prodotto, era ancora troppo presto e il campo ancora inesplorato. Per vedere il primo prototipo di serie TV dobbiamo aspettare il 15 ottobre 1951 quando negli Stati Uniti va in onda la prima puntata di “I love Lucy”, vista in 10 milioni di case, un evento eccezionale per l’epoca. I protagonisti erano Lucy Ricardo (Lucille Ball) e Ricky Ricardo (Desi Arnaz). Vennero usate per la prima volta dal vivo tre telecamere, anche per questo verrà considerata la madre di tutte le serie TV, soprattutto delle sit-com.
Il primo telefilm d’autore invece è senza ombra di dubbio “Hitchcock presenta” con la sua indimenticabile sigla, iniziato nel 1955, durò sette anni per un totale di 268 episodi di 26 minuti l’uno. Ogni puntata ha un inizio e una fine e solitamente veniva ingaggiata una guest star. Hitchcock non amava molto questo tipo di lavori, ma il ritorno economico fu molto rilevante e tutto ciò servì al maestro del thriller per poter diventare azionista della MCA e di avere un’indipendenza economica tale da poter realizzare qualsiasi progetto.
Famosa era la sigla con la sagoma del grande regista che si sovrapponeva ad una sua sagoma disegnata; la musica era di Charles Gounod Marche funèbre d’une marionnette dopodichè Hitchcock in persona presentava l’episodio.
Diverse puntate s’innalzano di livello per quanto riguarda la tensione e la tecnica di ripresa, una di queste è Breakdown (Crollo nervoso) andato in onda il 13 novembre del 1955 che racconta di un uomo senza scrupoli che ha un incidente automobilistico e al suo risveglio non riesce a muoversi, ma il suo cervello ragiona perfettamente, quando arrivano i primi soccorsi lo credono morto, ha gli occhi e la bocca aperti ma non parla e il respiro è impercettibile, solo alla fine riusciremo a scoprire se verrà sepolto (vivo!) o no. La regia in questo caso è di Hitchcock e lo si vede anche dall’audacia delle inquadrature, tra cui quella dal punto di vista dell’uomo immobilizzato. In italia la serie venne trasmessa da Rai Uno a partire dal 17 gennaio 1959 ma inspiegabilmente vennero trasmessi gli episodi della terza stagione.
Hitchcock diresse solo 17 dei 268 episodi anche perché nel decennio in cui è stata trasmessa la serie sono usciti tre capolavori assoluti del cinema “Psycho”, “Vertigo” e “Gli Uccelli”. Possiamo dedurre che sperimentare per la televisione ha portato Hitchcock ad una lucidità cinematografica che rasenta la perfezione. Per chi fosse interessato all’argomento, esiste un bellissimo libro dal titolo “Brividi sul divano – I telefilm di Hitchcock”
Grazie a questa serie TV possiamo oggi ammirare lavori come “Fringe”, “X-Files”, “Black Mirror”, “Stranger things” e molti altri, un’altra eredità di un uomo che malgrado la sua morte continua a ispirare ancora oggi i registi di tutto il mondo.
Clicca qui per leggere la seconda parte dell’articolo