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Sorry for your loss, una serie di qualità con dei limiti di distribuzione.

Nell’era di Netflix, Amazon Prime e altre piattaforme streaming Sorry for your loss ha dovuto letteralmente affrontare una sfida enorme. La serie tv (lanciata nel 2018 da Facebook Watch) non ha avuto accesso ai canali mainstream non ottenendo quindi una distribuzione degna del valore contenutistico che invece il prodotto ha da offrire.

È andata a finire come nel mercato odierno ci si potrebbe aspettare: è sconosciuta ai più, è stata recuperata soltanto con la pandemia (dove la fame di nuove avventure ha portato chiunque a cercare nei meandri più remoti del web cinefilo) e non avendo lasciato il segno è stata interrotta.

La terza stagione di Sorry for your loss non vedrà mai la luce e probabilmente è con grande rammarico che si affronta questa notizia, dato che la serie è veramente di qualità e spinge lo spettatore verso una profondità emotiva che, specie in questi anni di pandemia, è stata vissuta con disagio. Si potrebbe dire che questo confronto con la nostra sfera emotiva spesso sia stato evitato; il bisogno di leggerezza ha lasciato il passo a visioni e letture riflessive. Sorry for your loss invece, pur richiedendo un’attenzione sopra la media, tratta una tematica delicata con cura; rappresenta un prodotto scenico in grado di far recuperare sensibilità e attaccamento alle dinamiche più personali che esistano.

Sorry for your loss

Sorry for you loss – La trama

Leigh è una giovane donna che ha da poco perso il marito il quale, come veniamo subito a sapere, si è suicidato a causa di una vita difficile e poco soddisfacente. Il compito che ha la protagonista è quindi quello di elaborare il lutto e riformare la sua personalità distrutta passando attraverso gli eventi (anche comuni) che la investono. Non è sola, è circondata da persone che le voglio bene e che sono pronte a restare al suo fianco qualsiasi cosa succeda. La madre e la sorella in primis sono testimoni del suo malessere che sfocia, spesso e volentieri, in atti di rabbia verso sé stessa e gli altri. Tuttavia, Leigh capisce di essere concretamente sola in questa fase di passaggio e tutte le vicissitudini nelle quali è coinvolta devono necessariamente essere viste attraverso la sua singolare lente di ingrandimento. Lo steccato più difficile da saltare riguarda proprio le altre persone: la sua famiglia ha bisogno di lei e deve tornare a essere nuovamente (oltre che una persona risoluta anche un punto di riferimento per gli altri). Inoltre, come si potrebbe prevedere, resta da capire se potrà continuare ad amare; nonostante incontri fugaci e presentazioni poco emozionanti il viaggio di Leigh trova una quadra proprio grazie al fratello del suo Matt, altra figura di spicco e che gioca un ruolo essenziale in questo.

Sorry for your loss

Sorry for you loss – Punti di forza

Si diceva dell’impossibilità (pressoché totale) di vedere una terza stagione. La storia rimane letteralmente a metà e i problemi che sono stati anticipati in precedenza non trovano un’effettiva soluzione ma persiste un grande senso di spaesamento.

Se si dovesse individuare un elemento di punta che fa di questa serie un validissimo contraltare alle serie mainstream sarebbe proprio Elizabeth Olsen, protagonista giovane ma al contempo in grado di mettere in scena un’esperienza attoriale comprovata. Il volto di una delle supereroine Marvel più acclamate riesce a dare al personaggio una caratterizzazione profondissima, condita di momenti bui e slanci di gioia sorprendenti. La vediamo piangere (ci mancherebbe) disperarsi ma anche lasciarsi andare alla nuova vita che la chiama e il volto angelico della Olsen, in tal senso, costituisce un’arma più che vincente. I suoi occhi avvolgenti riescono a generare un’empatia fuori dal comune e la rendono credibile tanto nelle scene in cui rivive il rapporto con il marito (apparendo fredda e maniaca del controllo) quanto nella fase di elaborazione del lutto dove la fragilità si riversa nelle cose più semplici che una ragazza può fare.  Ad esempio, vediamo spesso Leigh trasandata, in tuta e poco avvezza alla cura personale. Il suo volto, tuttavia, ci informa che la giovinezza è un lusso che non va affatto sprecato; per ogni fine c’è un nuovo inizio. Ed ecco che si arriva invece a vederla protagonista di feste, viaggi e tutto con un outfit curatissimo, stavolta veramente elegante. Tutto questo sta a simboleggiare gli sbalzi d’umore, resi alla perfezione in un contesto dove la trama è tutt’al più lineare e senza grande soprese. Ma il piatto forte, come è stato anticipato, è che Sorry for your loss punta in maniera forte sui sentimenti.

Sorry for your loss

Una gestione noncurante della distribuzione

Anche in questo Elizabeth Olsen ha dimostrato carisma: ha dichiarato infatti di essere molto legata al personaggio di Leigh Greer ma di aver vissuto un’esperienza non del tutto idilliaca con la produzione. O meglio, nel momento in cui si è realizzata la portata dello show e quante potenzialità avesse, gli attori hanno cercato in tutti i modi di dare consigli sulla campagna pubblicitaria. La cosa è stata trattata con leggerezza, quindi la serie non ha ricevuto la visibilità che avrebbe meritato. Si parla addirittura di appunti, papers che sarebbero stati forniti a Facebook per puntare a una distribuzione il più proficua possibile ma che sono stati quasi ignorati.

Al di là quindi di questa noncuranza si può dire che il prodotto meriti davvero di essere recuperato; per fare il paragone con altre serie mainstream che popolano le piattaforme, siamo di fronte a una storia autoconclusiva che non ha colpi di scena ma rimane uno scrigno perfetto. Viene inscenato tutto quello che c’è da sapere su un lutto (con dettagli psicologici finissimi) ma che non ha niente di più da chiedere se non una riflessione sincera e appassionata. Sorry for your loss non va tanto per le lunghe e, se vogliamo, questo è un altro punto forte dell’opera che non vive di continui rivolgimenti a sorpresa, di un numero di personaggi tanto elevato da farci dimenticare chi sia chi; è un dramma familiare e, come tale, si cura soltanto dei suoi membri. Nell’epoca di Riverdale, de La casa di carta e di altri prodotti roboanti che, talvolta, si trascinano all’infinito questa serie rappresenta una controtendenza e quasi fa piacere sapere che non avrà altre tre o quattro stagioni. Ciò che è certo è che una conclusione avrebbe impreziosito il tutto, qualificando ancora di più un prodotto riuscitissimo ma, al contempo, sfortunato che ha fatto i conti con una fase di distribuzione inesperta e che ha puntato esclusivamente a manifestare la propria presenza sul mercato.

Federico Favale
Federico Favale
Anche da piccolo non andavo mai a letto presto. Troppi film a tenermi sveglio. Più guardavo più dicevo a me stesso: "ok, la vita non è un film ma se non guardassi film non capirei nulla della vita".

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