Il film “Sir Gawain e il Cavaliere Verde” distribuito in Italia direttamente sulla piattaforma Prime Video nel 2021, vede la partecipazione degli attori Dev Patel e Alicia Vikander. Diretto da David Lowery, il regista si era già fatto notare con il precedente “Old Man and the Gun” interpretato da Robert Redford, nel suo ultimo ruolo da protagonista. Ha avuto un buon successo sulla piattaforma streaming ed è un peccato che a causa covid, non abbia potuto godere di un’uscita in sala. In America, al contrario, la pellicola è stata distribuita nei cinema dalla A24, casa di produzione e distribuzione rinomata per aver prodotto “Moonlight“, vincitore come miglior film ai premi Oscar nel 2017 e per la promozione di un certo tipo di cinema più indipendente.
Sir Gawain e il Cavaliere Verde Trama
Durante la notte di Natale a Camelot, Re Artù e i suoi cavalieri ricevono la visita di un gigante, denominato il Cavaliere Verde, il quale propone un gioco. Uno di quei valorosi guerrieri dovrà sferrare un colpo nei suoi confronti, in cambio riceverà la sua ascia e la sua gloria. L’impavido eroe sarà però costretto, precisamente tra un anno esatto, a raggiungerlo al nord, nella cosiddetta cappella verde, dove egli lo aspetterà per restituire ciò che questa notte subirà. Sir Gawain, nipote del re, accetta la proposta e taglia la testa al cavaliere verde. L’anno seguente comincia il suo viaggio, come da promessa.
Sir Gawain e il Cavaliere Verde Recensione
La storia trae ispirazione da un poema cavalleresco del secolo XIV, scritto realmente da un autore ancora sconosciuto e che rientra nel filone della letteratura medioevale incentrata sui cavalieri della tavola rotonda. Il film racconta del viaggio dell’eroe, tema molto sentito all’interno della mitologia classica, che già dall’età antica narrava le gesta di grandi eroi per rispondere alle grandi domande che l’uomo si è sempre chiesto. Come accade con i miti veri, la storia narrata è portatrice di simbologie e significati nascosti che si possono scorgere attraverso le intrepidi azioni dell’eroe.
Il regista tratta il contesto con una certa dose di epica, talmente forte e trascinante che lo spettatore non può non rimanere abbagliato. Lo stile lascia sorpresi e il modo di narrare è visivamente originale, caratterizzato da campi lunghi e movimenti di macchina, che ruota anche di 360 gradi o si ribalta totalmente. Ciò rende il film molto interessante e coinvolgente, in cui David Lowery dimostra una certa professionalità in materia, qua in vesti anche di montatore.
La regia scardina il genere fantastico e gli stereotipi tipici che tendenzialmente fanno da padroni, riuscendo a mantenere viva l’attenzione con vicende sempre più surreali. Egli utilizza un tratto onirico che predomina per tutto il viaggio verso la propria sorte. Uno dei temi infatti più importanti è sicuramente quello del coraggio, qualità che ogni degno cavaliere dovrebbe avere ma che in questo caso sembra essere assente nei diversi momenti che si conseguano. Ad esempio nella scena con l’incontro dei banditi in cui supplica pietà che venga liberato e che quindi delinea un eroe debole e in difficoltà. Un protagonista che si lascia guidare da sentimenti umani, che ognuno proverebbe in qualsiasi occasione, la sua forza traspare solo in determinate occasioni.
Questo aspetto è molto interessante da analizzare. Non è solamente un viaggio fisico, di reale spostamento, bensì ad esso corrisponde un parallelo viaggio interiore in cui l’eroe deve ricercare la sua identità e onorare l’idea di quella che è la figura alla quale corrisponde e che sembra venire meno. La tematica del viaggio dell’eroe corrisponde ampiamente alla mitologia classica, un cavaliere che deve dimostrare il suo onore e allo stesso tempo comprendere sé stesso. Nel mezzo abbiamo avventure diverse che si frappongono fra lui e il suo obiettivo. Si arriva a momenti di smarrimento in cui il solitario valoroso attraversa un’ampia valle e il suo cammino sembra affiancato da visioni fantastiche e sognanti. Scene epiche (ma non troppe d’azione) che delineano una storia funzionante, in cui andando per il finale, giunge la morale, che si rivela essere portatrice dell’intero significato della storia, la quale prende un altro punto di vista.
La parte migliore di tutte è la fotografia che assume toni freddi in determinate circostanze, tipo nei momenti di tensione del protagonista, e toni più caldi nelle scene più rasserenanti, come nelle stanze dei castelli mentre fuori il tempo è nuvolo. Una fotografia al servizio dell’epicità del racconto visivo, che esalta una ricostruzione storica perfetta contraddistinta da re, cavalieri, banditi, streghe e fantasmi. La recitazione è ottima e il protagonista si rivela perfetto per la parte. I paesaggi sono meravigliosi e rafforzano l’intera narrazione.
Un film che riflette su certi aspetti e certi temi, che coincidono con i romanzi cavallereschi. Si parla di onore, di dignità, di rispetto, di responsabilità. Valori che oggi sembrano svanire con il tempo e che anche il protagonista smarrisce strada facendo. Solo attraverso il viaggio, avverte il regista, che l’uomo può conoscersi veramente e guardare dentro di sé, per riuscire a individuare i giusti valori. Il film diviene quindi metafora di vita, in cui anche l’uomo contemporaneo può riconoscersi, a dimostrazione di come anche i miti, nonostante lo scorrere dei secoli, possano ancora trasmettere corretti insegnamenti.