Sette Psicopatici è il secondo lungometraggio di Martin McDonagh come regista. Si tratta di un film corale con un cast importante. Colin Farrell, Sam Rockwell, Christopher Walken, Woody Harrelson, Abbie Cornish e Olga Kurylenko sono i protagonisti di questa commedia noir. È la seconda collaborazione tra McDonagh e Farrell dopo In Bruges, film del 2008.
Sette Psicopatici – la trama
Marty (Farrell)è uno sceneggiatore alcolizzato alle prese con la stesura del suo nuovo film che si intitola appunto Sette Psicopatici. Un film del quale però non ha i protagonisti. Billy (Rockwell)è un attore di bassa lega, che si guadagna da vivere rapendo cani e facendosi pagare la ricompensa fingendo di averli trovati personalmente. Questi lavora assieme ad Hans (Walken) fervente cattolico che passa le giornate al capezzale della moglie in ospedale. Billy propone a Marty delle storie che potrebbe utilizzare nel film, come il sicario che lascia dei Jack di Cuori accanto alle vittime. Un killer si presenta da Marty sostenendo di aver ucciso i più famosi assassini seriali degli Stati Uniti, tra cui il Killer dello Zodiaco.
La faccenda dei protagonisti si complica quando incrociano i loro percorsi col boss criminale Charlie Costello (Harrelson). Questo avviene perché Billy passa la notte con la compagna di Costello, Angela (Kurylenko). Contestualmente, l’attore rapisce il cane di Costello assieme al socio Hans. Da questo momento in poi si scatena una lunga guerra che farà molte vittime. Una volta terminato il conflitto, dopo che Marty ha realizzato il suo film, verrà contattato da uno degli assassini. Si tratta di Zacariah (Tom Waits) che dopo averlo minacciato di morte, fa una scoperta importante su sé stesso.
Sette Psicopatici – la recensione
McDonagh con Sette Psicopatici mira ad affermarsi come regista di genere. Già vincitore di un Premio Oscar per il miglior cortometraggio nel 2006 il regista irlandese riesce a imporre il proprio stile. Il film ha un ritmo spesso concitato, che però McDonagh riesce a gestire con grande sapienza. La capacità di costruire scene che funzionano anche prese singolarmente è un altro grande punto di forza della sua regia. Un altro aspetto positivo di questo film è nella costruzione dei personaggi. Le interpretazioni dei protagonisti sono tutte solide e credibili. È però, soprattutto, nella costruzione dei comprimari che il film diventa interessante. I sette psicopatici del film e della sceneggiatura di Marty si incrociano. Di alcuni di questi vediamo solo dei brevi frammenti, che però rendono importanti i personaggi.
La costruzione dello spazio e del tempo in Sette Psicopatici richiamano l’esperienza teatrale di McDonagh. Lo stesso avviene nell’evoluzione dei personaggi. Tanto è vero che spesso sembra di essere di fronte ad una rappresentazione di teatro che ad un film. McDonagh comunque non costruisce un eroe positivo nel quale identificarsi pienamente. Ma d’altro canto costruisce gli anti-eroi in maniera sicuramente credibile e allo stesso tempo molto classica. Il personaggio di Harrelson risponde perfettamente a questa istanza. Sono però, come detto, i personaggi di supporto a dare sviluppo al film. Personaggi con ispirazione dal reale che vengono rielaborati e costruiscono la struttura centrale dell’opera.
Pochi, ma buoni
McDonagh non è un regista particolarmente prolifico. Dal 2008 ha realizzato solo quattro lungometraggi. Si tratta di: In Bruges, Sette Psicopatici, Tre Manifesti a Ebbing: Missouri e The Banshees of Inisherin. Già apprezzato dalla critica per i primi due lavori, con quelli più recenti ha consolidato la sua posizione. Sia Tre Manifesti che The Banshees sono stati candidati agli Oscar come miglior Film, segno di un grande apprezzamento anche negli USA dei suoi lavori. McDonagh è un regista influenzato dal teatro classico, al tempo stesso anche da una certa filmografia. Questi non ha mai negato, ad esempio, un debito artistico verso i Fratelli Coen. I riferimenti ai film dei due sono frequenti e molteplici. Frances McDormand è stata, tra l’altro protagonista di Tre Manifesti, interpretazione che le è valsa un Oscar. È evidente che il debito verso i Coen sia stilistico e di genere.
L’ultimo lavoro di McDonagh, The Banshees of Inisherin, è probabilmente il più meritevole. Si tratta di una commedia ambientata in un periodo storico importante per l’Irlanda e per il mondo. Di questo mondo però dall’isola su cui si trovano i protagonisti si percepiscono solo dei suoni. Un microcosmo che funziona secondo le sue modalità e secondo i suoi tempi, questo è il mondo che raccontano i suoi film. Si tratta di piccole realtà che però contengono al proprio interno molto del mondo che c’è fuori. Polemicamente si potrebbe anche affermare che snobbare The Banshees agli Oscar sia stata una scelta infelice. Si tratta di un discorso puramente speculativo come tutti i discorsi sugli Oscar, una questione di prospettiva. Che nessuno tra Farrell e Brendan Gleeson, Barry Keoghan, Kerry Condon sia stato premiato è francamente inspiegabile. Adesso chissà se toccherà aspettare di nuovo cinque anni per un film di McDonagh.