Re per una notte: il film di Martin Scorsese interpretato da Robert De Niro che ha ispirato il Joker di Todd Philips con Joaquin Phoenix
È certamente riduttivo parlare di Re per una notte, film del 1982 diretto da Martin Scorsese, come del film che ha ispirato Joker (2019) di Todd Phillips. Tuttavia è innegabile che il recente film sul clown di Gotham, che, a distanza di quasi due anni dalla sua uscita, è diventato a tutti gli effetti un cult contemporaneo, abbia pescato abbondantemente dal film di Scorsese – e non solo da questo, anche Taxi Driver è stata una significativa fonte di ispirazione – come peraltro affermato dallo stesso Phillips.
Le Analogie tra Rupert Pupkin e Artur Fleck
Il personaggio di Rupert Pupkin, interpretato da Robert De Niro, protagonista di Re per una notte condivide numerose analogie con il suo omologo in Joker, l’Arthur Fleck interpretato da Joaquin Phoenix. Verrebbe da dire che la storia di quest’ultimo è decisamente più drammatica di quella di Rupert Pupkin, eppure non è per forza così.
La storia di Artur Fleck è resa profondamente tragica dalle immagini, la sua condizione esistenziale ci viene mostrata senza sconti; in Re per una notte, invece, Scorsese decide di mostrarci solo la superficie della tragedia che accompagna il protagonista Rupert, ma sono i dettagli e i dialoghi a rivelare che sotto quella superficie c’è molto di più.
Arthur e Rupert sono due personaggi molto simili, entrambi condividono un malessere esistenziale continuo, ma mentre per il primo è necessario che tale sofferenza ci venga mostrata in quanto è la base del racconto, per il secondo non è altro che un’ombra che aleggia per tutto il film ma che viene accennata solo di tanto in tanto. Il cuore del racconto, nel film di Scorsese, è un altro.
Re per una notte: la recensione
Lasciamo per il momento da parte le analogie con Joker e concentriamoci solo su Re per una notte. Questo film che fu accolto come flop ma che divenne cult nel corso degli anni, racconta di un’ossessione che accompagna il protagonista dall’inizio alla fine del film. Tutto quello che noi sappiamo di lui lo scopriamo attraverso il filtro di questa ossessione che verrà soddisfatta solo grazie ad un’azione criminale.
Il desiderio – quasi violento – di Rupert Pupkin di entrare in televisione per dimostrare il proprio talento comico, lascia dietro di sé tutta la condizione tragica di questo protagonista e del mondo che lo circonda, un mondo di cui lui si fa specchio, che combatte per il proprio attimo di gloria.
Questa storia di ossessione e follia viene raccontata come una commedia. Le azioni compiute da Rupert, per quanto sbagliate, non possono non far sorridere. Il personaggio di De Niro arriva a costruirsi un mondo immaginario, in cui egli stesso è una star della televisione – anche Arthur Fleck in Joker finiva per immaginarsi cose che non esistevano – e riversa questi suoi deliri nella vita reale di tutti i giorni. L’effetto è straniante e comico. Il finale del film non è che la naturale evoluzione di tutto ciò: è un finale amaro, che instilla il dubbio su chi abbia ragione in questa storia.
Re per una notte è quindi un film che fa ridere, si ride di una comicità talvolta anche grottesca, che non è che la prima reazione a quanto accade sullo schermo. È questo forse il merito più grande del film, raccontare con umorismo la tragedia di un uomo e di una società che fallisce, in cui tutti gli attori coinvolti hanno le loro ragioni. Lo stesso Pupkin, per quanto le sue azioni siano deprecabili, dimostra di avere talento nell’ambito in cui vorrebbe emergere. Il climax del film, quando finalmente il protagonista realizza il suo sogno, rivela come, forse, una possibilità se la sarebbe meritata.
Merito di questa ambivalenza tra riso e tragedia è innanzitutto di Robert De Niro, che regala l’interpretazione di un personaggio sempre al limite, in un limbo tra sanità mentale e follia, che arriva a vivere in una realtà completamente sua. E nella scena finale, un primo piano del personaggio ce lo mostra all’apice del suo percorso, consapevole di quanto ha ottenuto e del prezzo che ha dovuto pagare per ottenerlo. A raccontarci questo non è solo l’interpretazione di De Niro, ma anche la regia di Scorsese, capace di costruire un mondo per immagini, in cui il confine tra il giusto e lo sbagliato, tra il sano e il malato non è mai così netto.
Anche sotto questo aspetto, le somiglianze con Joker sono evidenti: anche qui il confine tra il bene e il male è quasi impercettibile e tale ambiguità esplode nell’apice del film che vede coinvolto lo stesso Robert De Niro, qui nei panni del conduttore del programma da cui è ossessionato Arthur Fleck/Joker. Forse questo ci dice che, nell’universo di Joker, Rupert Pupkin è riuscito a realizzare il suo sogno.