Lo scorso 17 giugno Mubi ha distribuito in Italia Pleasure, primo lungometraggio della regista svedese Ninja Thyberg. Il film è stato presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes del 2020, per poi venire selezionato anche al Sundance Film Festival del 2021.
Pleasure: trama
Il film ruota attorno a Bella (Sofia Kappel), giovane ragazza svedese che arriva a Los Angeles per iniziare a lavorare come pornoattrice. Presto, però, scopre che la vita che si era immaginata non corrisponde affatto alla realtà.
Pleasure: recensione
Pleasure nasce da un cortometraggio omonimo, realizzato nel 2013 da Ninja Thyberg e presentato a Cannes. Il cortometraggio si prometteva di indagare come fosse strutturata l’industria della pornografia attraverso un’ottica femminista. Anni dopo quell’esperienza, Thyberg decide di espandere il racconto per entrare realmente a contatto con l’industria pornografica statunitense ed ampliare la propria riflessione.
Questa pellicola, che ha tutte le caratteristiche del film di finzione, si aggancia alla realtà coinvolgendo in secondo piano personalità che operano realmente nel mondo della pornografia. Ed è interessante che a partecipare ad un film che racconta i lati oscuri dell’industria del porno ci siano figure che abitano quell’industria e che probabilmente conoscono da vicino le contraddizioni raccontate.
Pleasure racconta l’ingresso di una ragazza nel mondo dei film pornografici e il suo tentativo di scalare la piramide per diventare una star dei film a luci rosse. È una storia vista e rivista quella della ragazza straniera che raggiunge gli Stati Uniti attratta dal sogno americano per poi scoprire che la terra dei sogni che si era prospettata non era altro che un’illusione. Tuttavia Pleasure non cade nella banalità e riesce a sfruttare bene questo topos per raccontare da vicino l’industria nel porno, senza commettere un colossale errore: stigmatizzare le sue protagoniste. I lavoratori dell’industria pornografica (soprattutto se donne) appartengono ad una categoria fortemente stereotipata e discriminata dai media e, consapevole di ciò, Ninja Thyberg racconta dei personaggi che sono innanzitutto delle persone. Lo spettatore si immedesima nella protagonista, di cui conosce la quotidianità e con la quale entra in intimità già dalle primissime scene.
Ad essere criticata è semmai l’industria della pornografia, il modo in cui funzionano i rapporti professionali tra le persone e in particolare quella che è la disparità tra donne e uomini. Il film finisce così per rivolgersi al pubblico, in particolare quello maschile ed è impossibile non sentirsi tirati in causa e non domandarsi quale responsabilità abbia ognuno di noi in tutto questo, fruendo costantemente, direttamente o meno, di immagini sessualizzate.
Il film ci porta a riflettere sui ruoli di genere e su come essi siano influenzati dai modelli proposti dai media, su come il concetto di sottomissione e dominanza sia plasmato dalla rappresentazione che ne dà la pornografia. Sembra contraddittorio, ma nonostante il tema, Pleasure non è mai esplicito. E tuttavia proprio la decisione di tenere fuori dall’inquadratura la componente fisica e sessuale, rende alcune scene ancora più disturbanti. Un esempio è la scena dello stupro, raccontato mescolando i primi piani della protagonista, le sue soggettive e il fuoricampo, così da creare una sequenza feroce, addirittura difficile da guardare.
Pleasure insiste anche su un altro concetto, quello dell’obbiettivo della videocamera come mezzo di controllo e di potere sulla persona inquadrata. Le teorie del cinema si sono spesso interrogate sul concetto di sguardo, sullo sguardo come modo per entrare nel mondo delle persone (in ottica voyeuristica) o come mezzo di potere sull’altra persona (Feminist Film Theory). Bella ama stare davanti alla videocamera, ma allo stesso tempo l’obbiettivo diventerà mezzo di coercizione nei suoi confronti. Ed è emblematico come la videocamera diventa ostile quando utilizzata dagli uomini, mentre invece perde la sua carica minacciosa se ad usarla sono le donne.
Nel terzo atto, che si apre in un modo molto tradizionale, ovvero con una protagonista sola e che si rende conto di aver fallito sotto molti punti, si ribalteranno alcuni equilibri e sarà lei ad esercitare potere su un’altra donna, in una scena che a sua volta è emblematica e dai risvolti amari. Nel mondo raccontato da Pleasure, una donna può prevalere solo se assume un ruolo quanto più vicino a quello maschile.
In definitiva Pleasure è una riflessione amara su quello che è il ruolo femminile nel mondo pornografico e per estensione nell’immaginario globale plasmato dai media. Ecco che questo film riflette quindi sulle responsabilità del suo stesso linguaggio, invitando alla riflessione anche gli spettatori.