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Pinocchio di Guillermo Del Toro, la recensione

Guillermo Del Toro’s Pinocchio è un film d’animazione in stop-motion del 2022 diretto da Guillermo Del Toro con la partecipazione di Mark Gustafson, prodotto e distribuito da Netflix. La pellicola risulta essere il ventunesimo adattamento tra cinema e televisione del celebre romanzo di Carlo Collodi Le avventure di Pinocchio – Storia di un burattino del 1883.

Pinocchio cast

Nel cast vocale figura la presenza di Ron Perlman (il Podestà), Tilda Swinton (Spirito del Bosco/Morte), Ewan McGregor (Sebastian il Grillo Parlante), Christoph Waltz (Conte Volpe), David Bradley (Geppetto), Gregory Mann (Carlo/Pinocchio), Cate Blanchett (Spazzatura), Tim Blake Nelson (I conigli funebri), Finn Wolfhard (Lucignolo), John Turturro (Dottore) e Burn Gorman (Prete).

Pinocchio trama

Pinocchio è ambientato in Italia, durante l’epoca fascista. Dopo un primo prologo collocato durante la Grande Guerra, in cui viene narrata la morte di Carlo, figlio del falegname Geppetto, il film si concentra sulla storia di quest’ultimo e la sua creazione, un burattino fatto di legno di pino chiamato Pinocchio, che prende vita grazie ad uno Spirito del Bosco. Inizialmente rinnegato dal proprio padre putativo, Pinocchio si allontana dalla propria casa e trova rifugio prima in un circo di marionette, di proprietà del Conte Volpe, e successivamente viene arruolato all’interno di un campo di addestramento giovanile fascista. Dopo varie peripezie, Pinocchio e Geppetto riescono a riunirsi come padre e figlio, tornando alla vita tranquilla del proprio paesello.

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Pinocchio

Pinocchio recensione

Il Pinocchio di Guillermo del Toro è certamente un buon adattamento del romanzo d’origine, del quale vengono omaggiati i toni canzonatori, l’ingenuità dell’infanzia e gli stilemi classici. Tuttavia, sin dalle prime sequenze del film si può notare come il maestro messicano non abbia avuto timore di riplasmare la storia del famoso burattino riconducendosi alla propria poetica e al proprio stile, ed incasellando il suo Pinocchio all’interno di un’ipotetica trilogia contro le dittature fasciste insieme a Il Labirinto del Fauno e La spina del diavolo. Del Toro utilizza un realismo avvolto in una cornice dark fantasy, che aderisce perfettamente ai temi raccontati nell’opera originale. Ma non è solo la presenza del Duce a rendere questa versione più peculiare: la pellicola racconta e mostra i lati più oscuri e umani di una fiaba senza tempo, pone l’accento sulla guerra, sul dolore, sulla solitudine, sulla morte e l’elaborazione di essa. Nelle versioni classiche, Pinocchio viene ritratto come un bambino a cui devono essere insegnati il rispetto e l’obbedienza verso il proprio genitore, da sempre simbolo senza macchia e paura. Nell’adattamento di Del Toro, invece, è il soprannaturale che si fa portatore di valori, o meglio, di verità: la famiglia di Pinocchio cresce attraverso le esperienze, che giungono a compimento solo grazie all’intervento degli Spiriti, che non insegnano ma spiegano i fondamenti dell’esistenza.

La disobbedienza alle regole di Pinocchio e il suo essere una marionetta sono in perfetta contrapposizione con la dilagante morale fascista adottata da tutti gli altri personaggi in carne ed ossa, a partire dalle cariche sociali più prestigiose come il prete e il Podestà fino ad arrivare al figlio di quest’ultimo: un’ideologia malata, violenta e repressiva a cui il solo Geppetto sembra volersi opporre, ma non per coraggio o fedeltà verso la vita, quanto più per volontà di sfuggire ad un passato traumatico, simboleggiato dalla guerra. Proprio per questo, il vecchietto non riesce ad accettare fino in fondo il modo di vivere libero del figlioccio, un Frankenstein creato grazie al dolore sofferto, il frutto della morte del vero figlio. Alla fine, tuttavia, il vero ribelle della storia sarà proprio Geppetto, il quale riuscirà a superare il lutto solo attraverso l’amore per Pinocchio, andando a rappresentare un rapporto padre-figlio agli antipodi rispetto al tossico paternalismo imposto dalla società fascista.

Pinocchio

Se Pinocchio risulta essere quindi in parte un film per adulti, è vero che strizza l’occhio anche agli spettatori più giovani: come già detto in precedenza, la presenza di una componente comica nei testi scritti da Roeben Katz e le musiche composte da Alexandre Desplat permettono al film di raggiungere un tono che ne alleggerisce la visione, senza che però venga intaccata la serietà con cui si affrontano i temi trattati.

L’animazione in stop-motion, co-diretta da Mark Gustafson, crea dei personaggi con visi spigolosi, rugosi, poco puliti, fatti apposta per sottolineare la diversità tra loro stessi e il protagonista, ancora non del tutto terminato, come dimostra la mancanza di un orecchio. La fotografia invece, curata da Frank Passingham, è ottima nel distinguere la natura degli eventi messi a schermo: le vicende drammatiche risultano essere quasi senza luce, cupe, mentre le scene in cui vengono utilizzati i colori caldi rimandano alla purezza, alla positività e alla speranza.

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Il Pinocchio di Guillermo Del Toro è quindi un’opera profonda, commovente e ammaliante, che aggiunge nel finale anche una nota inedita che accresce il messaggio stesso del film, una perla filosofica sulla natura dell’esistenza e sull’influenza che ognuno di noi ha nei confronti delle altre persone. Un gioiello vero che arricchisce il catalogo di Netflix per quanto riguarda l’animazione.

Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni
Samuele Galleri
Samuele Galleri
Cinefilo di seconda generazione, amante soprattutto delle serie televisive e del cinema di animazione.

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