È uscito nei cinema Pinocchio, il nuovo film di Guillermo Del Toro che arriverà su Netflix il prossimo 9 dicembre. Si tratta del secondo adattamento del romanzo di Collodi in questo 2022, dopo il remake di Robert Zemeckis, nonché del terzo nel giro di tre anni. Non è infatti una sorpresa che la storia del burattino sia una delle più adattate nella storia, tuttavia una tale concentrazione in breve tempo della trasposizione della medesima storia spingono a interrogarsi su quale siano i motivi dietro un tale interesse da parte dell’industria audiovisiva. Da un lato c’è senz’altro l’immaginario fantastico molto evocativo, dall’altra la possibilità di leggere la storia del burattino sotto molteplici chiavi di lettura.
In attesa che il film di Del Toro sbarchi sulla piattaforma on demand, è possibile fare una panoramica di quali sono stati i principali adattamenti di Le avventure di Pinocchio nel corso dell’oltre primo secolo di vita della settima arte.
I primi esperimenti italiani
Il primo adattamento del romanzo di Collodi è il film del 1911 diretto da Giulio Antamoro e prodotto dalla Cines, una delle case cinematografiche italiane più importante nel cinema muto. A interpretare Pinocchio fu Ferdinand Guillaume, attore francese che sarebbe diventato uno dei precursori della commedia slapstick americana. Nonostante le numerose e inevitabili semplificazioni rispetto alla storia originale, il film di Antamoro presenta una narrazione episodica in linea con quella proposta da Collodi nel suo romanzo (ricordiamo che il romanzo di Pinocchio venne originariamente pubblicato a puntate sul Giornale per i Bambini): ogni capitolo delle avventure di Pinocchio corrisponde interamente o quasi a un’inquadratura e il carattere fortemente teatrale della messa in scena sottolinea questa dimensione frammentaria data alla narrazione.
Il secondo film italiano su Pinocchio viene distribuito nel 1947 ed è Le avventure di Pinocchio di Giannetto Guardone. Il film arriva dopo il ben noto classico Disney del 1940, lungometraggio che, inutile ricordarlo, ha imposto agli occhi del mondo un immaginario ben lontano dall’originale di Collodi. Il film di Guardone, pur nella sua maggiore fedeltà, venne duramente criticato per l’amatorialità della messa in scena e per le interpretazioni poco convincenti degli attori.
Pinocchio e l’animazione: tra Italia e Stati Uniti
Un film che negli anni si è però aggiudicato uno status di cult è Un burattino di nome Pinocchio (1971) di Giuliano Cenci, film d’animazione che ad oggi è probabilmente l’adattamento più fedele al romanzo di origine. Questa pellicola d’animazione segue tutte le peripezie descritte da Collodi nel suo testo. Il film presenta una tecnica d’animazione molto simile alle produzioni Disney dell’epoca, con ricorso all’utilizzo del rotoscopio. Giuliano Cenci è stato uno dei più importanti registi d’animazione italiani, tra i primi a ricorrere alla tecnica mista tra animazione e live action e modello per registi contemporanei, quali Enzo D’Alò.
L’incontro di Pinocchio con l’animazione, particolarmente favorito data la mole di momenti fantastici presenti nel testo di Collodi che quindi si prestano ad una resa animata, è continuata con altri casi celebri. Uno di questi è I sogni di Pinocchio (1996) di Hal Sutherland, sequel della storia di Pinocchio che arriva ad allontanarsi particolarmente dal romanzo di origine per costruire un universo originale. C’è poi stata la versione di Pinocchio proposta dalla saga di Shrek, dove il burattino è uno dei tanti personaggi fiabeschi che popolano il mondo raccontato. Infine, nel 2012 Enzo D’Alò ha portato al cinema il proprio adattamento della storia, con i disegni di Lorenzo Mattotti.
Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini
L’adattamento live action più noto (almeno in Italia) è Le avventure di Pinocchio (1972) di Luigi Comencini, sceneggiato che vide la luce in un momento in cui la televisione e il cinema italiani iniziavano a collaborare insieme in maniera molto stretta. La miniserie, composta da cinque puntate, vede infatti tra le professionalità coinvolte personaggi legati al mondo del cinema, come Comencini alla regia e Suso Cecchi D’Amico alla sceneggiatura, ma lo stesso può dirsi per gli interpreti: Nino Manfredi nel ruolo di Geppetto, Gina Lollobrigida in quello della Fata e addirittura Vittorio De Sica nei panni del giudice. Per la prima volta, inoltre, Pinocchio non è un burattino per tutto il film, ma alterna la propria condizione umana a quella di burattino, decisione dovuta anche ad alcuni contrasti tra la produzione e Carlo Rambaldi, che avrebbe dovuto realizzare una marionetta meccanica per il film. Questa stessa trovata sarebbe stata ripresa poi nella miniserie diretta da Alberto Sironi nel 2009.
Il film di Comencini, che ha avuto poi anche un montaggio ridotto per il mercato home video, è ad oggi un cult, merito anche della colonna sonora iconica ad opera di Armando Nannuzzi.
Pinocchio nel nuovo millennio
Un caso interessante è stato quello di Geppetto (2000) di Tom Moore, film televisivo trasmesso dalla ABC (Disney), che racconta la storia di Pinocchio dalla prospettiva di Geppetto (interpretato da Drew Carey). Inizialmente il film avrebbe dovuto ricreare il duo che aveva fatto la fortuna di Mary Poppins, Dick Van Dyke e Julie Andrews, ma alla fine ciò non avvenne e proprio la mancanza dei due interpreti per cui il film era stato pensato fu alla base di molte delle critiche rivolte al film.
Concludiamo con due titoli italiani, strettamente legati tra loro. Il primo è Pinocchio (2002), diretto da Roberto Benigni. Fresco del successo ottenuto con La vita è bella (1997) Benigni dirige il film più costoso del cinema italiano, che però si rivela un grave insuccesso di pubblico e critica, sia in Italia che all’estero. Alla base di questo insuccesso sta la decisione di Benigni di interpretare in prima persona il burattino, scelta che effettivamente finisce per pesare sulla qualità generale di un film, che altrimenti può vantare un’ottima qualità tecnica e una spettacolare messa in scena. Benigni e Pinocchio si incontrano nuovamente nel 2019, nel Pinocchio di Matteo Garrone.
Il film di Garrone, in cui Benigni veste i panni di Geppetto, presenta una cura visiva estrema, data anche dal coinvolgimento del premio Oscar Mark Coulier nel reparto trucco e rappresenta uno dei più grandi successi italiani della stagione precedente al covid. Nel film di Garrone si ritrova inoltre quella strutturazione episodica già citata parlando del film di Antamoro, nonché quel senso di meraviglia misto all’orrido che è al centro del romanzo di Collodi e che è certamente una delle ragioni del successo di questa storia.