Pig – Una geniale campagna marketing
Nel marzo 2020 la Neon, celebre casa produttiva e distributiva fondata da Tom Quinn e Tim League annuncia di aver acquisito i diritti di distribuzione di un misterioso e bellissimo film (PIG) che potrebbe far tornare alla ribalta Nicolas Cage, dopo una lunga serie di prodotti a basso costo, film folli o in altri casi, vera e propria spazzatura che lo stesso Cage rifiuta di definire cinema.
Inizialmente viene rivelato molto poco se non che questo misterioso e meraviglioso film è un esordio potente e incisivo, tale da lasciare il segno anche nella memoria dello spettatore meno sensibile o avvezzo al cinema di Nicolas Cage.
Una geniale campagna marketing poi, evidentemente costruita sull’esempio della ben più nota e idolatrata casa di distribuzione e produzione newyorkese A24 vende il film al pubblico americano (e dunque globale) in prossimità della distribuzione estiva nelle sale statunitensi, come un thriller o meglio, come un vengeance movie, un film di vendetta.
Un genere il Vengeance Movie al quale sono ascrivibili titoli come Kill Bill, Old Boy, Il corvo, Taken, John Wick e Blue Ruin.
Proprio tirando in ballo un moderno e celebre titolo di questa lista, la Neon si assicura di generare un dibattito estremamente ampio, interessato e assolutamente incuriosito rispetto a Pig. Un film in ogni caso indipendente (nonostante la presenza della grande star Nicolas Cage) che altrimenti avrebbe faticato a trovare un target specifico, così come una garanzia economica nel suo passaggio in sala.
Il film al quale la Neon affianca Pig per pura ragione commerciale è proprio John Wick e tra slogan, frame pubblicati sui social e trailer diffuso internazionalmente anche il pubblico si scatena sulla faccenda trovando continuamente analogie tra il film action con Keanu Reeves e questo titolo anomalo ma estremamente curioso con Nicolas Cage.
Il passaparola e la strategia di marketing messa in atto dalla Neon funzionano a dovere e Pig incassa come nessuno o quasi si sarebbe aspettato, ricevendo un’accoglienza critica senza precedenti. Non soltanto viene sottolineata la sorpresa e l’importanza della prova attoriale di Nicolas Cage, ma anche una possibile campagna per i premi Oscar 2022.
Tutto questo però conduce alla considerazione finale e necessaria rispetto all’introduzione di qualsiasi discorso sul film: Pig non è nemmeno lontanamente comparabile o affiancabile ad un film come John Wick, poiché non è ciò che il film vuole essere.
Pig, Una disperata ballata rock
Pig infatti è in tutto e per tutto una disperata ballata rock (il finale è chiarissimo su questo punto) sui drammi interiori di un uomo che ha perso tutto e che per questo ha condotto sé stesso verso una vita primordiale, isolata e perciò definitivamente solitaria.
Nicolas Cage veste i panni di Robin “Rob” Feld, un solitario cercatore di tartufi che nel suo isolarsi tra i boschi e le montagne dell’Oregon rifiuta non soltanto il dialogo con sé stesso, ma anche e soprattutto con la società e dunque il passato destinato a subire un lento e dilatatissimo svelamento nel corso del film.
Robin però non è del tutto solo, vive infatti in compagnia di Brandy, la sua dolce e infaticabile maialina cerca tartufi.
Così come Brandy anche Robin abbraccia la natura in senso assoluto cibandosi esclusivamente di erbe raccolte, funghi, composti di terriccio e così via. In qualche modo Robin vive in una condizione di rifiuto dell’umanità e accettazione di una vita selvaggia, animale e perciò assolutamente libera.
Il dialogo con la società per quanto ridotto al necessario e cioè a silenzi e mugugni è presente fin dal principio, incarnato nella presenza saltuaria di Amir (Alex Wolff) un giovane e inesperto compratore di tartufi, nonché fornitore di pregiati ingredienti culinari che sono il ritorno economico di Robin, nel chiaro rifiuto di un pagamento in denaro.
Le silenziose e rilassate sequenze d’apertura suggeriscono e raccontano con una potenza espressiva e stilistica senza precedenti il mondo di Robin nel suo essere così definitivamente pacifico, remissivo, rassegnato e destinato sempre più ad una lenta ma consapevole scomparsa che Robin tuttavia vive tra sguardi d’assenza ed una antica cassetta da registrare che racchiude e isola il suo passato, circoscritto ad un piccolo oggetto e niente più.
Caos e distruzione della quiete – Il passato è tornato
Improvvisamente tutto cambia. Qualcuno (il caos e la spietatezza della società) irrompe nella baita isolata di Robin e nel rapirgli la maialina, lo colpisce al volto e alla nuca ferendolo a tal punto da provocargli uno svenimento.
Nella scena in cui si ha il risveglio di Rob Hardy, l’esordiente Sarnoski, con la mano e l’occhio di un cineasta veterano ed esperto, rende chiaro allo spettatore quanto i toni non sia destinati a mutare totalmente, piuttosto a seguire quella stessa rilassatezza e dilatazione temporale drammatica e rassegnata dei primi minuti del film.
Robin in seguito al rapimento si ritrova dunque costretto a tornare in città, a Portland, dove ad attenderlo c’è il suo passato, ossia una lunga e celebrata carriera da Chef di altissimo livello, così come la sua vita da uomo (la condizione che negli anni ha rifiutato) e la casa in cui ha vissuto, ormai appartenente ad una famiglia di sconosciuti.
Le aspettative per questo film erano alte fin dal principio e non hanno condotto verso alcuna delusione, piuttosto verso una sorpresa ancora maggiore.
Pig si rivela essere infatti un film dalla fortissima anima indipendente. È minimalista, atmosferico, riflessivo (l’apice viene raggiunto da un monologo di Rob Hardy su di una possibile catastrofe futura, silenziosamente e dolcemente annunciata, nel corso di una paradossale colazione a due.
Un esordio sorprendente e grandioso
Quello di Sarnoski è un film senza dubbio memorabile e doloroso, ma anche disperato e sporco, proprio come il corpo appesantito e il volto tumefatto e macchiato di sangue di Rob Hardy, inquadrato sempre con grande sensibilità e affetto dalla macchina da presa di Michael Sarnoski. Una discesa inesorabile verso gli abissi della disperazione di un uomo che nella consapevolezza di aver perso la felicità ha condotto sé stesso alla fine, all’annullamento più definitivo, cupo e perciò commovente.
Nicolas Cage offre dunque un’interpretazione senza precedenti incarnando ciascuno di questi sentimenti e facendoli realmente suoi. C’è l’ombra di una volontà di riscatto e di una ricerca di speranza, anch’essa terribilmente disperata e tragica sorretta e in ogni caso nata da una sceneggiatura pressoché impeccabile di Michael Sarnoski e Vanessa Block.
Pig è uno di quei pochissimi film che una volta giunti al termine restano ben ancorati nel corso del tempo nella memoria dello spettatore, suscitando continue riflessioni e perciò non si può far altro che consigliarne quanto più la visione anche al pubblico meno avvezzo al cinema indipendente e d’autore.
Visivamente incredibile, grazie ad una fotografia livida e quasi sempre notturna e temporalesca di Patrick Scola, così come straziante nel suo farsi, soprattutto nel finale, ballata dolente e profondamente consapevole rispetto ad un dramma e una perdita incolmabile, suggerita e amplificata ulteriormente da una cover meravigliosa lungo i titoli di coda di I’m On Fire di Bruce Springsteen, a cura di Cassandra Violet.