Con il suo Petite Maman, prossimamente nelle sale ed in seguito recuperabile sulla piattaforma MUBI, la talentuosa Celine Sciamma ci dimostra come sia possibile essere lineari ed universali in settantatrè minuti di girato, onesto, semplice, essenziale, senza una goccia di furbizia o compiacimento.
Già presentato in concorso alla Berlinale 2021 e al Festival di San Sebastian dove ha vinto il premio del pubblico, Petite Maman viene presentato ed incoronato vincitore come miglior film ad Alice nella città, sezione distaccata di questa sedicesima Festa del Cinema di Roma e storicamente dedicata alla cinematografia per ragazzi, in cui non di rado emergono perle rare e promesse interessanti del settore.
Petite Maman – Trama
La storia è fisicamente semplice e psicologicamente complessa: la piccola Nelly (Josephine Sanz), si ritrova nell’abitazione della nonna, appena defunta, assieme alla madre Marion (Nina Meurisse), per svuotarla di mobili ed oggetti. La donna, dopo breve permanenza in quella che fu la sua casa d’infanzia, affranta dal dolore, decide di tornare in città, affidando la figlia al padre.
Quando non è occupata a riordinare, Nelly gioca nei boschi circostanti, alla ricerca di una casa sugli alberi che la madre aveva detto aver costruito nei paraggi. Così, vagabondando, incontra una bambina, incredibilmente simile a lei, di nome Marion (Gabrielle Sanz), con cui intesse in poco tempo un’amicizia complice e molto profonda, un’empatia magica e istintiva che porta la piccola protagonista a capire di più la situazione drammatica che sta attraversando, rivelandoci anche luci e ombre del suo rapporto con la madre e di ogni legame genitore-figlio.
Petite Maman – Recensione
Sempre difficile e potente parlare di bambini e dei loro sentimenti al cinema; a volte è furbizia portarli sul grande schermo, così come può risultare ingiusto lasciarli allo sbaraglio: ma non se hai mano ferma e pulizia di visione. Sciamma, che ci ha abituato alla sensibilità del suo sguardo, alla lealtà verso l’identità emotiva e a finezze registiche delle suo raccontare per immagini (basti ricordare Ritratto della giovane in fiamme con cui ha vinto il Prix du Scenario a Cannes nel 2019), non commette errori.
Con una visione ad altezza bambino, Petite Maman racconta una storia implosa di intrecci emotivi, una favola che fa da specchio alle paure di ognuno di noi, adulto o non adulto che sia, scandendo con grazia e geometria i ritmi di un rapporto familiare ancestrale ed intimo. Immaginare la possibilità di incontrare il proprio genitore quando era piccolo, diventarci amico e scoprire aspetti di lui o di lei che mai si sarebbero immaginati, rappresenta un’occasione di slanci narrativi ed esistenziali non da poco.
Ma Scialla calibra il tiro riducendo il plot al minimo indispensabile ed evocando il resto: una confidenza progressiva che permette a Nelly di tirare fuori quelle due, tre battute epifaniche del mondo psicologico stratificato e più che maturo che ogni bambino porta con sè crescendo accanto ad una madre e ad un padre. Un vortice emotivo speciale, in cui si entra in sintonia con una parte di se stessi che si è sempre considerata indirizzata “dai grandi” ma che è venuta al mondo bambina, o come appannaggio dei bambini.
Di fatto la stessa Sciamma ammette che Petite Maman ha trovato definitivo compimento tra i due lockdown, da cui il film eredita una basilarità ambientale, dialogica, per un cast ristretto, ma funzionale ed il desiderio di riportare l’attenzione e la voce sui più piccoli, sulle modalità con cui, proprio loro, abbiano accolto questo periodo turbolento e paradossale, così a contatto con la perdita e la famiglia. L’opera trova la trova la giusta chiave e la buona misura per dare eco a queste esigenze, tratteggiando senza mai marcare i fantasmi che l’infanzia può portarsi dietro quando fa esperienza della mortalità nelle modalità ossessive ed iperboliche cui la pandemia ci ha costretto.
Dissimulare è inutile: l’ombra di un malessere, di un senso di colpa, di una ferita, di una domanda sempre avuta in testa e mai posta, si allunga da genitore a figlio e da figlio a genitore. E se è vero che di ogni persona, comprese quelle che amiamo di più, non sapremo mai tutto veramente, il delicato corto circuito di Sciamma appare un’ottima soluzione per aggirare l’ostacolo ed aiutare a sanare cuore e mente di questo tempo malato.
Petite Maman incornicia la sua esperienza in un limbo al limite del metafisico, colmo di alberi dalle foglie ocra e marroni, secche o moribonde, oggetti in attesa di rinascita. Ci sono segreti carpibili solo senza parole, solo a certe distanze, solo tramite una fiducia indistinta; ci sono dei legami o dei momenti in ogni rapporto che non si riescono a verbalizzare perchè la parola tradisce, limita, mistifica un significato che ha una forma troppo reciproca e personale per restarvi dentro.
Così la piccola mamma di Sciamma è quella bambina che più che conoscere la risposta lo è lei stessa la risposta, l’amica che molti vorrebbero avere, che ama giocare, prende l’iniziativa, fa dispetti e pensa in grande, senza paura: una presenza taumaturgica. Guardarla giocare in un non tempo, in una non luogo, di tutti e di nessuno, fa emergere sottile ed amara la nostalgia preziosa di un’epoca in cui si poteva guardare al futuro e alle promesse della vita senza paura.
La flora boschiva autunnale sostiene una tangibile atmosfera malinconica, che ha colori caldi, confortanti e misteriosi, custode e balia di segreti. Tra le foglie ed i rami di gioco le due strane amiche costruiscono la loro casa, un nido unico di promesse ed eredità, un ritrovo per anime solitarie, in attesa di crescita, in cerca di spiegazioni, in abbraccio reciproco.
Un universo riparato che non conosce fretta, dove la madre di Marion ha lo stesso bastone che aveva la nonna di Nelly e le giornate sembrano non avere data e giorno di scadenza prefissati, come incontri di spiriti, escamotage per stare insieme anche a distanza di età. Non è solo un modo fantasioso di attraversare il lutto proprio ed altrui, ma anche il grimaldello per trasformare il disagio, sabotare la paura, rinchiuderla in un’alternativa pensabile, affrontando obliquamente e con delicatezza alcuni dei timori che gettano ombra negli sguardi con cui una figlia può guardare alla madre per anni, facendo o facendosi danno.
Petite Maman – Cast
Dolcissime le gemelle protagoniste che con la loro fisicità permettono di evitare effetti speciali durante le riprese o acrobazie nelle inquadrature: entrambe aumentano la sensazione di semplicità magica che avvolge l’opera. I loro sguardi sono sospesi, inermi anche se carichi delle domande più complesse, un po’ come la vita nel suo naturale sviluppo.
Adagiato in un ritmo che non si lascia andare a colpi di testa, Petite Maman cammina felpato attraverso l’immaginario infantile, incorniciandolo con dialoghi ridotti all’osso e simmetrie emotive, in un mix felice di leggerezza bambina e punteggiatura da adulto: un film bomboniera che con poco ed in poco esprime il suo tesoro trasversale, disegnando empatia da tutti intercettabile.