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Persona non grata: il film-denuncia di abusi fisici nello sci austriaco

Persona non grata è un film del 2024 diretto dall’austriaco Antonin Svoboda e si concentra sulle denunce di abusi sessuali e violenze psicofisiche avvenute per molti anni nella federazione sportiva sciistica dell’Austria.

Un sistema malato che provocava, ricattava e danneggiava irreparabilmente molte giovanissime atlete nel periodo di formazione ed allenamento che le coinvolgeva fin dalla pre adolescenza. Isolate, come spesso avviene nel growing-up di atleti, in collegi ad hoc dove sport e studio si allineano, i soprusi venivano perpetrati da insegnanti, accompagnatori, personale e colleghi.

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Ispirazione a fatti di cronaca realmente accaduti

Persona non grata è ispirato a fatti di cronaca realmente accaduti: la sciatrice Nicole Werdenigg denuncia pubblicamente nel 2017 un’architettura sistemica ed intrecciata di abusi di potere e di abusi fisici, culminati nel suo stupro. Spettatrice inerte di questo disgustoso modus operandi è l’intera federazione.

Dietro le coppe, i podi, i sacrifici e la retorica dello sport buono e sano, si cela un inferno di sfruttamenti ai danni di corpi giovani e di menti impreparate, manipolabili ed incapaci di difendersi. Alle loro spalle l’asset di dirigenti composto in un muro refrattario a spiegazioni e prese di posizione, nomi e cognomi di uomini e donne che pur sapendo ciò che accade, non contrastano e non parlano.

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Il movimento #metto tocca anche l’Austria e i suoi sport

Questa testimonianza si inserisce nell’ormai noto movimento metoo che dall’America si espande in mezzo globo e getta luce su squilibri di potere, gerarchie fisiche e mentali, che hanno portato cronicamente donne e anche uomini a denunciare di aver subito nella vita (soprattutto lavorativa) violenza fisica e psicologica pur di ottenere, mantenere o restare in una condizione, subordinata a “quel trattamento”.

Di qui inchieste, polemiche, attacchi sulla tardività delle denunce, strumentalizzazioni finte e reali del problema, dibattiti su patriarcato e sul malfunzionamento di un impianto malato, abitudinariamente corrotto, che dallo show business si è esteso ad innumerevoli campi, compreso quello sportivo.

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Persona non grata – Trama

Persona non grata ha al centro la storia di Andrea (Gerti Drassl) ex sciatrice, figlia di una famiglia di sciatori, tutti campioni professionisti. La donna ha subito violenze, plagi e stupri durante i suoi anni formativi di atleta plurivincitrice, vicende terribili che ha cercato di fare sapere: le sue parole, allora, rimasero ben poco ascoltate, procurandole solo vergogna, isolamenti lavorativi ed anche familiari.

Alla morte del marito, l’unica persona che era riuscita a farla rinascere, in seguito ad un’avances inaspettata, improbabile e fuori luogo di un vicino, il dolore ed il rancore per quegli anni distrutti le tornano agli occhi prepotentemente e Andrea decide di dargli voce.

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Contemporaneamente episodi simili al suo stanno accadendo all’interno della Federazione: giovani atlete infatti lamentano abusi da parte di allenatori. Andrea viene prima contattata come membro esterno per integrare una commissione d’inchiesta interna, poi, quando diventa chiaro da che parte si sarebbe schierata, viene nuovamente isolata.

La sua intervista al quotidiano Der Standard, è su carta una bomba giornalistica, che la porta ad un punto critico nei rapporti sociali superstiti con i suoi ex-colleghi, carnefici e vittime al contempo, con i suoi genitori, una madre che sapeva ed un padre all’oscuro, e con la figlia che tiene in grembo una creatura e si appresta a diventare giovane madre sola.

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Persona non grata – Recensione

Persona non grata è un film in cui viene dato spazio alla condizione fisica e mentale di vittima abusata, alle remore e allo spaesamento di fronte a circostanze dolorose, ricattatorie, opprimenti e degradanti subite ingiustamente da una donna nel tempo.

Andrea appare subito come una presenza extra-ordinaria, naìve, con i suoi modi essenziali, i capelli un po’ bianchi un po’ no, lasciati liberi o spettinati, i piedi doloranti, labbra ed occhi con tic, in una solitudine domestica che all’alba della sua vedovanza non sembra scalfirla.

Dura e fratta, come il ghiaccio spaccato, rivive quelle sconfitte interiori che l’hanno segnata: affronta ancora l’ostilità giudicante di genitori sempre a lei lontani, che le attribuiscono colpe sulla caduta in disonore, il silenzio iniziale di una figlia che non comprende il distacco materno, una nausea che la tormenta e le comporta vomiti casuali, antico retaggio di bulimie nervose e post-traumatiche.

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Protagonista magnetica e naive: una strega compressa

Dunque una sorta di strega, intimamente compressa, con visioni sparute affollate di nevi, nebbie e giovani che si rincorrono su vie ghiacciate, a preannunciare una resa dei conti da cui la donna non può esimersi.

Nella prima parte viene sinteticamente dipinto il quadro da cui parte Andrea, i rapporti con famiglia, amici, vicini, la sua casa-tana: la donna appare come una guardiana solitaria, dall’animo conchiuso in un rabbia spenta, ma non dimenticata, con un corpo pronto ma inattivo, ancora sofferente per una vita di deduzioni menomanti.

Poi la sceneggiatura diventa pigra, lo sviluppo è servente il minimo indispensabile per collegare il mondo esterno ai bisogni impellenti di giustizia e ai rinnovati dubbi della donna. Così la Federazione l’avvicina e poi la bandisce, senza troppe spiegazioni, né battibecchi, nessun scontro di forza, solo un si e poi un no, elidendo backgrounds che potevano portare maggiore attenzione empatica alla radicalità del personaggio di Andrea.

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Pigrizia e clichè nello sviluppo della sceneggiatua

Stessa cosa per il mondo dei media, chiuso in edificio trasparente, a simboleggiare l’atto svelante della verità di Andrea, ma in generale come fosse un luogo di trionfo del fatto nudo, puro e crudo, in una visione sicuramente esemplificata e non realistica della macchina giornalistica. Essa infatti si limita a proporre interlocutori completamente a disposizione di Andrea, commossi, compartecipi ed in tutto e per tutto corretti nei suoi riguardi, quasi funzioni della marcia santa di Andrea.

Buono è il disegno del rapporto con la famiglia, un nucleo massimamente disfunzionale ,presentato a spigoli e a brandelli nell’alienante veglia iniziale per il marito della protagonista, dove si intende esserci altra e grave sofferenza sulle spalle della donna oltre a quella che il lutto le ha imposto.

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Essenziale, crudo e funzionale il disegno familiare

Significativa anche la reazione dei genitori all’intervista bomba di Andrea: un padre anziano, rimasto chiuso nel suo mondo di sci agonistico, tra date, medaglie e vittorie, sconvolto perché all’oscuro di tutto, che chiede lumi alla moglie la quale crolla in lacrime perché era al corrente di ogni cosa, accaduta anche a lei a suo tempo, ma, per quanto tremendo, lei era sopravvissuta; dunque riteneva che sarebbe sopravvissuta anche la figlia.

In poche battute si sutura un dolore senza confini, un’anomalia emotiva e fisica che spiega e distorce il senso di realtà delle cose, di limite, di compassione e comprensione del fatto umano. Indicatore di quanto questo tipo di ragionamento sia stato ed è diffuso nel mondo, oggi, al punto da reiterarsi e creare quel silenzio che così danneggia nel tempo le vittime, interdette dal loro stesso dolore.

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Elementare fin troppo il rapporto con la figlia, sagoma irrequieta tra le nevi dei segreti austriaci, condannata a fare, anzi ad accennare le mosse necessarie per riempire vuoti di conoscenza sul passato di Andrea ed agevolare la conciliazione finale, nulla di più.

La fotografia livida e turchina degli interni a contrasto, si trasforma in uno stolido bianco negli esterni della federazione e della testata giornalistica. Il finale, liberatorio di conciliazione tra madre, figlia e nipotino nuovo di zecca, fra sole donne, in un’isola greca, ha un sapore televisivo, molto a buon mercato, decisamente consolatorio.

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Persona non grata – Cast

Persona non grata trova il suo innegabile appeal nella perfomance della protagonista, attrice di solida formazione teatrale, calcatrice di palchi, ed instancabile lavoratrice su set, che con la sua presenza catalizza l’attenzione dello spettatore, che altrimenti sarebbe debolmente sballottato dal resto della trama.

Plastica ed immaginifica, controlla il giogo della sue difficoltà psicofisiche, fin troppo affastellate, con coraggio, nettezza e grinta. Deludente il cast nella scelta dei ruoli femminili, non tanto per la competenza o meno delle interpreti quanto per l’utilizzo di cliché voluti o non.

Ad esempio la madre del ragazzo suicidatosi nel collegio in cui andò Andrea, è una signora goffa, stramba, presentata come una fools del luogo, quando forse non era necessario; la madre di Andrea non ha assolutamente l’età per ricoprire il ruolo di nonna e madre, perché non così anziana come la si vuole fare credere (apparire no, perché non appare affatto anziana); la figlia di Andrea è la figlia del regista, bellezza contemporanea che non toglie e non aggiunge memorabilità alla storia.

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Teatralità e melodrammaticità fuoriluogo in alcune scelte di editing

Alcuni momenti interpretativi o alcune scelte di editing sanno di teatralità e stonano nel contesto raffreddato del racconto: quando Andrea cade in terra e grida al pavimento o quando l’anziano padre scivola dal divano ferendosi di fronte all’intervista televisiva della figlia. Cenni di melodramma in una storia che ha poche svolte appassionanti e molto esercizio del ‘come sto’.

Quest’ultimo è sicuramente un valore da non trascurare, perché permette al pubblico di vedere quali ragionamenti possono passare nella mente di chi non denuncia subito, quale passato esiste per le vittime di violenza, quanto certi modi di pensare vivano e vegetino tutt’ora nelle teste di donne e uomini, sicuramente di una certa età, ma non solo.

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Un modo di ragionare ancora troppo diffuso

Persona non grata ha un nucleo chiaro ispirante, ma tecnicamente avaro di sviluppo, troppo compresso, “rattrappito” su di sé. Sicuramente evidenzia la necessità di evitare di fronte a temi ancora così sensibili, dove non è vero che tutte e tutti hanno la stessa opinione, di esprimere giudizi aggressivi, definitivi e svilenti, poiché le situazioni in campo sono infinitamente più complesse di quanto ci sforziamo di raccontare. Chi è passato di là, per sua sfortuna, sa. Gli altri, no. Dunque la sola cosa lecita è ascoltare.

Persona non grata – Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Andrea ex campionessa di sci, da poco vedova, decide di denunciare il sistema di abusi e violenze fisiche cui fu sottoposta da giovane durante il periodo formativo all'interno della Federazione. Film concentrato quasi interamente sullo stato d'animo della protagonista: traumi, dubbi, isolamento, colpevolizzazione, coraggio. Il #metoo negli sport austriaci, l'omertà di dirigenti, allenatori e persino dei familiari. La buona interpretazione non può sostenere la pigrizia di una sceneggiatura avara, comoda, troppo compressa.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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