Per Lucio è un viaggio sensoriale all’interno di una delle figure più interessanti del cantautorato italiano. Il film, diretto da Pietro Marcello, esplora la figura di Lucio Dalla, un diverso che guardava ai diversi.
Uscita nel 2021, l’opera biografica è stata presentata in anteprima al Festival Internazionale del cinema di Berlino.
Il regista campano, lo stesso che nel 2019 ha portato sullo schermo il romanzo di Jack London Martin Eden, torna a trattare un genere, quello documentaristico, che, ancora una volta, cerca di rivisitare.
Attraverso le parole di Umberto Tobia Righi, lo storico manager del cantante, la figura di Dalla diventa un modo per riflettere sulla musica, sull’Italia del dopoguerra e sull’umanità.
Per Lucio Recensione
Pur presentando a primo impatto lo schema tipico del genere, caratterizzato dalla presenza di documenti quali video d’epoca e interviste, definire Per Lucio un documentario sarebbe riduttivo e quasi inopportuno. Il carattere didascalico, infatti, non trova spazio all’interno del film di Pietro Marcello.
Tutto ciò che noi vediamo sullo schermo in sequenza non sembra volersi rendere organico e voler comporre una storia. Sembra, invece, che il regista voglia giocare con le immagini, restituendoci una narrazione poco lineare che, però, ci racconta in modo sincero l’animo del cantante.
La scelta di una quasi totale assenza della consecutio temporum fa eco a questa libertà di schema che poco si sposa con il canonico genere documentaristico.
Più che un documentario, sembra un dipinto, composto da tutte quelle pennellate che, attraverso note musicali, hanno reso grande il cantautore bolognese.
Storia privata e storia collettiva: un intreccio romantico
Non volendosi limitare nella narrazione, il regista decide di intraprendere un viaggio simultaneo all’interno della storia dell’Italia del Novecento. Questo secondo piano testuale non è certo indipendente dal primo.
Le canzoni di Dalla, infatti, raccontano un’epoca, raccontano la gente di quell’epoca. Le parole di queste canzoni fanno da voce narrante alla storia della nostra penisola, narrando i mutamenti che hanno attraversato essa nello scorso secolo.
Le rivolte operaie, la crescente industrializzazione, Craxi e, infine, la strage di Bologna. Una parabola amara di un paese che, a causa del potere economico, ha perso molta della sua natura realistica e sincera.
Righi e Bonaga: le parole che diventano immagini
Il tutto viene tenuto saldo e unito dalle voci di Umberto Righi e Stefano Bonaga, amico d’infanzia di Dalla.
I due conversano in quello che sembra un ristorante, davanti ad un piatto di pasta. Ricordano. Ridono. Rappresentano visivamente, pezzo dopo pezzo, la figura eccentrica, originale e anticonformista del cantautore. Rivivono i momenti più sentiti della vita di Dalla e del loro rapporto con esso.
Si parla anche di Roberto Roversi, che aveva collaborato con Lucio Dalla nella stesura di molti brani. La responsabilità della funzionalità narrativa viene affidata dal regista a Righi e Bonaga che, semplicemente, ricordano, attraverso situazioni ed eventi, un loro caro amico.
L’importanza di alcuni tratti del carattere di Dalla viene ben delineata dai due interlocutori. La certezza, per esempio, di aver conosciuto una persona e un cantautore speciale, che rendeva la diversità il suo miglior pregio.
In quel momento in cui la musica era ricolma di visi angelici e candidi, arrivò Lucio Dalla.
Il film come tributo: Pietro Marcello e Lucio Dalla
Questo film dimostra le grandi capacità narrative e visive di Pietro Marcello, un regista che ancora sta percorrendo i primi passi della sua carriera, ma che ha già proiettato il proprio percorso in una direzione florida ed entusiasmante.
In questo pseudo-documentario, egli mostra il divenire della Storia italiana attraverso le canzoni di Lucio Dalla, ma anche la maturazione del cantante attraverso i mutamenti della Storia.
Il montaggio, a primo impatto poco lineare poiché non dipendente da schemi di genere, risulta, invece, riuscito, restituendo allo spettatore un’armonia visiva tipica dei film del regista di Caserta.
Fin dal titolo, il regista desidera mettere le cose in chiaro. Il film è una lettera, un regalo, un tributo. Da parte sua, ma anche da parte di un paese a cui egli ha dato tanto.
In questo senso, sembra naturale interrogarsi sulla vera natura di un’opera del genere. Se non si tratta di un documentario, in quale genere vuole ascriversi il film di Pietro Marcello?
L’assenza di una risposta soddisfacente non dovrebbe indurre lo spettatore in giudizi affrettati circa la vera natura della cinematografia di Marcello. La ricerca, più che di un’identità schematica, di un’identità poetica è alla base della filmografia del regista.
Pietro Marcello con Per Lucio dimostra, ancora una volta, di voler raccontare il vero, non dipendendo però necessariamente da narrative veriste, ma soggiogando sé stesso alla sola logica dell’universale. Perché il vero e il reale vanno cercati ovunque, nella normalità, nella povertà, nella miseria e nella musica.