Palombella Rossa è un film che contiene al suo interno tante cose: c’è lo sport, le idiosincrasie di Michele Apicella (alter ego di Nanni Moretti), c’è la fine del comunismo, c’è una certa visione di mondo che sta per scomparire. In poche parole, c’è tutto e niente. Proprio come quando si attende la fine di qualcosa. Stupore e malinconia, rabbia ma anche accettazione. E, soprattutto, in Palombella Rossa c’è l’amore per il cinema, con una citazione al grande cinema epico di David Lean.
Nanni Moretti dirige Palombella Rossa nel 1989, preconizzando i tempi come forse solo gli avanguardisti sanno fare. Il 1989 è stato uno di quegli anni che ha cambiato la storia: cade il muro di Berlino e il confine tra est e ovest è riaperto per la prima volta dopo 28 anni. La Germania è riunita dopo più di 40 anni, e la parte orientale entra a far parte della Comunità europea nell’ottobre 1990.
A distanza di più di trent’anni, cosa ci dice ancora Palombella Rossa? Quali spunti di riflessioni richiama uno dei film italiani più amari, grotteschi, ironici, ma anche odiato e mal digerito può ancora dare? C’è chi sogna un ritorno imprevisto di Michele Apicella, magari ancora a bordo vasca della sua squadra di pallanuoto. In veste questa volta di allenatore. Una guida più saggia, consapevole e matura: che sappia ancora però il valore delle parole, perché le parole sono importanti.
Palombella Rossa – La trama
Per parlare della trama di Palombella Rossa bisogna partire da una frase ripetuta ossessivamente: “Ti ricordi? Ti ricordi? Ti ricordi?“. proprio da questo monito che spinge l’atto di ricordare che Palombella Rossa affonda la sua ragion d’essere in un viaggio nella psiche di un uomo, Michele Apicella, ultimo alter ego del regista romano. Nanni Moretti uccide la sua maschera, il suo doppio, compiendo un passo decisivo nella sua filmografia.
Palombella Rossa racconta le vicissitudini di Michele Apicella, onorevole del PCI, che in seguito ad un incidente stradale, inizia a soffrire di amnesia. Mentre partecipa con la propria squadra di pallanuoto ad una trasferta in Sicilia, alle terme di Acireale, affiorano i ricordi da militante, di politico e contemporaneamente quelle di lui bambino alle prime armi con quello sport.
È un’opera surreale, sperimentale, che gioca continuamente tra finzione e realtà, smussandone gli angoli per raccontare qualcosa di altro. Il fallimento di un sogno, un’ideale, un’intera generazione che si ritrova a fare i conti con la propria memoria di militanza. Nanni Moretti ha segnato la fine di un’epoca, dopo film fatti di sogni d’oro e autarchia, l’autore ha disvelato i panni di sé stesso per approdare in un cinema più ampio e in linea con i drammi del suo tempo.
Palombella Rossa – La recensione
Da Palombella Rossa possono essere estratte tantissime citazioni, ne lasciamo qui qualcuna per farne una riflessione critica.
Noi siamo uguali agli altri, noi siamo come tutti gli altri, noi siamo diversi, noi siamo diversi, noi siamo uguali agli altri, ma siamo diversi, ma siamo uguali agli altri, ma siamo diversi. Mamma! Mamma, vienimi a prendere! (Michele Apicella)
Ti ricordi Michele, ti ricordi? (Amico di Michele, interpretato da Fabio Traversa)
Ma lo sa che c’è gente che ci scrive, e noi non rispondiamo mai? Però c’è gente che ci scrive! (i due militanti, interpretati da Alfonso Santagata e Claudio Morganti)
Le merendine di quand’ero bambino non torneranno più! I pomeriggi di maggio! Mamma! Mia madre non tornerà più! Il brodo di pollo quand’ero malato, gli ultimi giorni di scuola prima delle vacanze… (Michele Apicella)
Da queste frasi si evince il senso profondo dell’opera, un film che scava nella memoria, personale e storica. Descrivendo un presente deludente, che non coincide con le aspirazioni del protagonista. E per questo, si rifugia in un passato affastellato di ricordi che sanno di rimpianto (“i pomeriggi di maggio non torneranno più, le merendine di quando ero bambino. Mia madre non tornerà più. Il brodo di pollo quand’ero malato. Gli ultimi giorni di scuola prima delle vacanze…”).
Lui, Michele, che si trova imbrigliato in una partita di pallanuoto, con un’improbabile squadra di ragazzini dall’evidente tasso tecnico inferiore rispetto all’avversario. Quasi una metafora della realtà con cui si scontra Apicella, un muro invalicabile difficile da digerire. Ma che vale ugualmente la pena da battere e provare a sconfiggere. Tant’è vero che in acqua Michele trova la forza di combattere, di marcare il temutissimo giocatore ungherese Imre Budavári. Risuona nella testa l’eco di Silvio Orlando che interpreta il mister della squadra: “Marca Budavári, marca Budavári, marca Budavári!”.
I rigori decisivi
La piscina è un non-luogo dove si incontrano pubblico e privato, è la lettera d’addio che Moretti lascia al suo mondo immaginario. È l’ultimo match prima di salutarsi definitivamente, per passare ad opere più adulte e mature, come Caro diario e Aprile. Visto oggi, senza gli inganni del suo tempo (per citare un Battiato che lo stesso Moretti omaggia con una scena meravigliosa in cui l’intera piscina intona E ti vengo a cercare), Palombella Rossa è un grande film teorico e sperimentale, in cui si salutano i ricordi migliori della propria infanzia mentre ci si approccia ad una nuova parentesi di vita.
Ed è anche un film di sport, in cui le vere palombelle che ti regalano le vittorie si fanno sempre più difficili da realizzare. In cui man mano che si procede nell’arco della vita, ci si ritrova a fare i conti con degli avversari sempre più ostici. Ma che non significa però arrendersi, anzi, proprio come urla Silvio Orlando che urla dalla tribuna a squarciagola “un gol alla volta, un gol alla volta, un gol alla volta!”. Perché nella vita si può sempre recuperare, anche se il mondo intorno a te sembra vacillare. Con un colpo di gambe, e una spinta di reni, ci si può sempre alzare dall’acqua e avere la forza di battere un rigore decisivo. Poco importa se batterlo a destra o a sinistra. L’importante è tirare lo stesso.