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Palo Alto – recensione dell’esordio di Gia Coppola

Palo Alto, il debutto alla regia di Gia Coppola disponibile su Amazon Prime Video, trae spunto dalla pressoché eponima serie di racconti brevi (Palo Alto: Stories) scritta dal poliedrico James Franco sulla base delle sue esperienze adolescenziali.

Il film offre uno scorcio sulla vita di un gruppo di adolescenti. La narrazione si concentra sul percorso di April (Emma Roberts), turbata dal suo andamento scolastico, dal futuro e da amori inopportuni, di Teddy (Jack Kilmer), sensibile ma turbolento e sulla via del teppismo, e di Fred (Nat Wolff), l’irascibile e scostante migliore amico di Teddy propenso alla delinquenza.

Palo Alto

Le ambiziose aspettative alla base di Palo Alto

Il cinema, col tempo, ci ha offerto delle ottime rappresentazioni sul tema delle inquietudini adolescenziali, dallo storico Gioventù bruciata (Ray, 1955) al più recente Lady Bird (Gerwig, 2017), passando per il cult Breakfast Club (Hughes, 1985) o per il più sperimentale Boyhood (Linklater, 2014). Il filone, per quanto complesso da trattare, è stato ampiamente esplorato, talvolta con sensibilità, in altri casi con crudo realismo, ma offrendo spesso al pubblico entusiasmanti risultati. Si può immaginare perciò che Palo Alto ambisse a collocarsi sulla scia di tali predecessori, ma il tentativo può dirsi riuscito purtroppo solo a metà. Troppo spesso, infatti, Palo Alto si colloca sulla labilissima linea di demarcazione fra un film di qualità e un più generico teen movie.

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Palo Alto

Certi cliché ormai noti nei film di questo stampo non sono del tutto approfonditi, ma semplicemente rafforzati all’inverosimile, risultando talvolta quasi macchiettistici. Ad esempio, basti pensare all’insistenza con cui viene proposto il modello del genitore non comprensivo e distratto, qua incarnato nella madre di April, che appare brevemente in un paio di occasioni, ma solo per risultare superficiale e distratta, con l’orecchio sempre attaccato al telefono, incurante delle turbe della figlia. Altro topos ampiamente sfruttato è quello del gruppo di outsider incompresi che si divertono in modo genuino, a differenza della massa di insulsi coetanei che vivono di distrazioni futili e ossessivamente legate all’ambito del sesso. Inoltre, per quanto certamente importante, soprattutto in un coming of age movie, si noti come l’accento sull’argomento sessuale venga posto costantemente, facendo talvolta sfociare le conversazioni in una surreale vacuità.

In Palo Alto, il personaggio di Teddy incarna alla perfezione la figura del cattivo ragazzo con tendenze tossiche che ritrova la parte più buona e vera di sé lavorando per la comunità, in un ambiente positivo che lo porta a notare il silver lining di ciò che lo circonda, la bellezza del semplice quotidiano. In mezzo a questi elementi narrativi si colloca il personaggio di Mr. B., l’allenatore della squadra femminile di calcio del liceo, interpretato da James Franco (The diaster artist, The interview, La ballata di Buster Scruggs). Considerando le visioni intellettuali che tanto sono care all’eclettico attore e autore, non c’è dubbio questo ruolo di sua creazione avesse ambizione di risultare poetico, sensibile e romanticheggiante. Ma in un film che rasenta a tal punto il teen movie il suo personaggio purtroppo finisce per risultare talvolta velatamente inquietante, o quantomeno veicolo di un messaggio non appropriato al contesto.

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Gli aspetti più apprezzabili di Palo Alto

Certamente, il lungometraggio ha anche dei meriti. Interessante, ad esempio, la performance against type di Nat Wolff, che il pubblico era abituato a vedere come tenero e imbranato giovane alle prese con le prime esperienze amorose (Stuck in Love, Colpa delle Stelle, Città di Carta). Altrettanto degna di nota risulta la rappresentazione che viene fornita della verosimile ma vicendevolmente logorante amicizia tossica tra Teddy e Fred, il quale, nonostante il ruolo secondario, si profila come uno dei personaggi più interessanti.

Il modo in cui il loro rapporto viene mostrato sullo schermo, ben lontano dall’ingenuità che talvolta emerge in altre situazioni mostrate nella narrazione, è fortemente realistico. Entrambi risultano danneggiati dall’amicizia, ma non riescono a fare a meno di dipendere l’uno dall’altro. Sono amici-nemici, si offendono, si infastidiscono e si spingono vicendevolmente sulla cattiva strada, ma non riescono ad affrontare la brutalità del mondo reale l’uno senza l’altro. Ergo, anche il finale, che si focalizza su di loro, risulta piacevolmente inaspettato ed evita al film di chiudere la vicenda nella banalità.

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L’esordio alla regia di Gia Coppola in Palo Alto

In Palo Alto, la regia di Gia Coppola si mostra per quello che è, un esordio. Coppola sceglie fortunatamente di non celarsi dietro una finta maestria ma opta per un uso della macchina da presa semplice, pulito ma pur sempre promettente, soprattutto nell’uso delle inquadrature a scopo di descrizione ambientale e nella scelta di contrasti visivi che esaltino le tematiche del film. Curioso, se non addirittura simpatico, anche il modo che ha di giocare nel film con gli illustri membri della sua famiglia che la hanno preceduta: a tal proposito, si vedano il poster di Le vergini suicide di sua zia Sofia Coppola nella stanza di April e la voce fuori campo di Francis Ford Coppola che pronuncia la sentenza di Teddy.

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Palo Alto: un film fatto da figli di Hollywood

Un’ultima considerazione è necessaria per quanto riguarda la curiosa composizione del cast. Molti di coloro che hanno partecipato a Palo Alto appartengono a famiglie di lavoratori del cinema e volti noti al pubblico: tra gli altri, Emma Roberts nipote della celebre Julia, Jack Kilmer figlio del più noto Val (che a sua volta compare brevemente nel film), Margaret Qualley figlia di Andie MacDowell, e la stessa regista, Coppola di terza generazione.

Se ad una prima occhiata a questa casistica sembrano appartenere molti ma non troppi membri del cast, approfondendo la ricerca si realizza rapidamente che non è così: Wolff è figlio dell’attrice Polly Draper, Jaqueline De La Fontaine è la madre della regista, Christian Madsen è figlio del celebre Michael e Anna Bogdanovich è sorella del celeberrimo Peter.

Palo Alto

Palo Alto risulta comunque scorrevole, e la visione può dirsi a tutti gli effetti piacevole, anche se forse il film è meno profondo di quanto ci si potesse immaginare o di quanto esso stesso ambisse ad essere. Dopo aver visto il cast, sorge però spontaneo un dubbio: avrebbe avuto la stessa risonanza se non fosse stato realizzato da un gruppo tanto folto di figli di?

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Palo Alto ambisce a delinearsi come impegnato coming of age movie, scadendo talvolta però nel cliché di alcuni film adolescenziali a livello di sceneggiatura. Ciononostante, i tre giovani protagonisti possono vantare interpretazioni interessanti, soprattutto nei casi di Roberts e Wolff. La giovane regia di Gia Coppola, l’ultima della famiglia a dedicarsi al cinema, si rivela promettente: semplice ma mai goffa, pulita e mai eccessiva.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

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