Quando Netflix decide di produrre un film con le sue forze, di base può contare su un privilegio non più tipico della stragrande maggioranza delle case di produzione contemporanee, ovvero sulla capacità di sapersi mettere in gioco e rischiare, parola ormai bandita dal vocabolario cinematografico, dominato dal dio denaro. L’ha sempre fatto, con molti dei suoi prodotti originali, e continua a farlo anche oggi. Over the moon – il fantastico mondo di Lunaria è la quintessenza del prodotto Netflix: un film d’animazione non solo inconsueto per la trama e lo stile con cui essa viene raccontata, ma anche dal punto di vista produttivo. Il colosso di Los Gatos, infatti, per la sua terza incursione da produttore nel mondo dell’animazione, ha deciso di puntare tutto su un guru del character design come Glen Keane (colui che, per capirci, ha disegnato Ariel de La Sirenetta), che dagli anni ’70 lavora per Disney, ma che ha poca esperienza dietro alla macchina da presa, avendo diretto solo due cortometraggi (di cui uno, Dear Basketball, scritto da Kobe Bryant, gli è valso un Oscar). Anche in fase di sceneggiatura ha affidato il film alla scrittrice alle prime armi Alice Wu, affiancandole la compianta Audrey Wells (The Hate U Give). Insomma, Netflix sembra urlare ogni volta al mondo intero che non ama vincere facile. Ma la vittoria non è sempre scontata.
Protagonista della storia, ambientata nella Cina contemporanea, è la piccola Fei Fei. Bambina curiosa e sognatrice, ha uno splendido rapporto con i genitori e adora le storie mitologiche che le racconta la madre. In modo particolare è catturata dalla leggenda di Chang’e, che, dopo aver assunto una pozione per l’immortalità è diventata la dea della Luna, dovendo però rinunciare all’amore di Houyi, arciere mortale. Fei Fei crede fermamente nella verità delle storie raccontatele dalla madre e, quando quest’ultima muore di tumore, la bambina si sente smarrita e inadeguata, reputandola tutti una credulona infantile. I problemi si moltiplicano quando suo padre si avvicina ad una nuova donna, che comincia a diventare una presenza fissa a casa di Fei Fei portando con se anche suo figlio Chin, di poco più piccolo di lei e detestato dalla bambina per la sua vivacità. Per dimostrare a tutti quelli che ritengono quelle leggende false, Fei Fei decide di costruire in gran segreto un razzo, per andare sulla Luna e portare una testimonianza dell’esistenza della dea. Incredibilmente, e non senza fortuna, riesce nel suo intento, ma la divinità si rivelerà meno amichevole del previsto. Sul satellite Fei Fei, insieme a Chin, nascostosi nella navicella, vivrà un’avventura straordinaria all’insegna della crescita personale.
Rispetto alle produzioni d’animazione targate Netflix precedenti, Over the Moon si configura come un prodotto molto meno dirompente. Di fatto è una pellicola che cerca di riprodurre i classici stilemi delle produzioni Disney-Pixar: la protagonista bambina, l’opposizione del mondo che diventa monito per inseguire i propri sogni, l’uso continuo delle canzoni come intercalare, un avversario temibile che cerca di contrastare una missione precisa e l’immancabile crescita da Bildungsroman. I rischi della produzione, in questo senso, si sono fermati al cast tecnico, non certo all’intreccio raccontato. Nulla a che vedere, insomma, con un film come Klaus – I segreti del Natale, prodotto dalla major di Los Gatos lo scorso anno, che cercava, in qualche modo, di tracciare strade alternative per l’animazione, in modo da creare uno “stile Netflix” che potesse essere ampliato di film in film. In questo senso Over the Moon non può che rappresentare un netto passo indietro, ideologico prima che tecnico, anche considerando che nel 2021 uscirà sulla piattaforma l’attesissimo Pinocchio di Guillermo Del Toro, che si annuncia un cartone crepuscolare e quasi gotico. Un’operazione, insomma, rischiosa e poco accattivante, anche perché mettersi in concorrenza con la Disney giocando sul suo terreno, senza cercare una propria poetica personale e divergente con quella, ormai totalmente family friendly, di Topolino, appare come una gara persa in partenza.
Se Over the Moon sembra non funzionare del tutto dal punto di vista della costruzione generale, si riscatta assolutamente dal punto di vista tecnico. La maestria del regista sta infatti tutta nell’atmosfera visiva che ha saputo creare, sfruttando la CGI per ottenere effetti straordinari soprattutto dal punto di vista cromatico. In modo particolare funziona perfettamente la scelta di dividere la pellicola in due parti, la prima, quella della preparazione della missione e della realtà quotidiana di Fei Fei, più legata allo spettro cromatico del nostro mondo, senza lode né infamia, la seconda, quella del mondo lunare, che esplode letteralmente in un arcobaleno di colori fosforescenti, che producono un inevitabile appagamento visivo nello spettatore, che si rammarica soltanto di non poter vedere il film in sala. È una scelta efficace anche sotto l’aspetto della sorpresa nel pubblico. Siamo abituati a pensare alla Luna come ad un deserto dai colori freddi, fatto di sassi e crateri bianchi e poco invitanti. Quest’immagine canonica del nostro satellite fa solo un breve capolino in Over the Moon, lasciando ben presto lo spazio ad un corpo celeste psichedelico e popolato da strane creature, tutte alle dipendenze della dea Chang’e. Da questo punto di vista il film di Keane è molto apprezzabile, perché cerca di raccontare in modo inedito ciò che già conosciamo e che, per forza, finiamo per dare per scontato. Quello di Fei Fei è quasi un percorso di ascensione sociale. Parte da una Cina paradossalmente troppo piccola per i suoi sogni, spenta e intenzionata a spegnere la fantasia dei bambini, e arriva in un mondo altro e pieno di luce, dove le leggende non solo esistono, ma dialogano (e contrattano) con i forestieri. In questo senso Over the Moon manca indubbiamente un po’ di coraggio. Il regista e le sceneggiatrici certamente avrebbero potuto insistere maggiormente su questo punto, senza aver timore anche, se necessario, di fare riferimenti diretti all’attualità, e certamente ciò avrebbe nobilitato maggiormente il film. Ma questo mancato ardore è certamente legato alla realtà produttiva. Il fatto che Netflix sia la leader mondiale tra le piattaforme streaming, implica certo molti onori, ma anche svariati oneri. Tra questi ultimi, spicca senza dubbio quello di dover parlare ad un pubblico eterogeneo e di ogni angolo del pianeta, senza lasciare nessuno interdetto.
Nell’affrontare le altre tematiche principali (su tutte quella del “rimatrimonio” del padre di Fei Fei, mal digerito dalla ragazzina), Over the Moon presenta la stessa superficialità che abbiamo già avuto modo di raccontare. Quella di Fei Fei non è una vera crescita da romanzo di formazione perché manca di una vera messa in pratica della sua voglia di riscatto. Va sulla Luna per dimostrare a tutti che la dea esiste, che non è lei infantile o pazza. Compie una missione difficilissima per ottenere dalla divinità la prova della sua esistenza e scopre il lato “umano” di Chang’e, addolorata per la definitiva perdita del suo amore, poi torna sulla Terra e semplicemente accetta di “crescere” e vive in pace con la sua nuova famiglia. Non c’è una vera epifania, o meglio, la scena che dovrebbe costituirla non sortisce l’effetto desiderato. Manca quel passaggio intermedio che possa far scattare la molla nell’animo della protagonista.
Ma Over the Moon è un film grossolano anche sotto l’aspetto della progressione narrativa. I prodotti Disney, a cui, come già detto, strizza apertamente l’occhio il film di Keane, ad esempio sfruttano oggi e hanno sempre sfruttato le canzoni come pause narrative per evitare che possa sopraggiungere la benché minima noia nello spettatore. Lo fanno, però, potendo contare su alcuni dei più straordinari nomi del settore, che plasmano attorno alle trame melodie memorabili, che finiscono per accrescere ulteriormente la bellezza dei film. Nel film Netflix invece, le musiche e le canzoni sono mal dosate (si canta decisamente troppo) e poco orecchiabili, probabilmente perché tutte troppo simili tra di loro. L’unico punto in cui l’accompagnamento musicale funziona davvero è quello della presentazione di Chang’e, che più che come una dea ci viene presentata come una pop star dei giorni nostri. Anche tutto l’universo di comprimari, soprattutto animali (la coniglietta di Fei Fei e il ranocchio di Chin), che nei prodotti Disney-Pixar finiscono sempre per svolgere la delicata ma fondamentale funzione delle pause comiche, non funzionano mai, risultando in molte circostanze perfettamente inutili.
Over the Moon è un film che è partito bene, suggerendo suggestioni molto accattivanti anche nell’ottica del futuro prossimo della sezione animazione di Netflix, ma che non ha soddisfatto le aspettative del pubblico, risultando una prodotto ripetitivo e mai davvero coinvolgente, oltre che strutturalmente sbagliato. Le ottime premesse lanciate l’anno scorso con Klaus non sono state per niente raccolte da Keane & Co.