HomeRecensioni FilmOublie moi - Recensione del film con Valeria Bruni Tedeschi

Oublie moi – Recensione del film con Valeria Bruni Tedeschi

Oublie moi è un film del 1994 per la regia di Noémie Lvovsky. Un’opera francese di quelle caratteristiche, che lasciano intravedere tutta l’autorialità degli artisti d’oltralpe, spesso additati per proporre pellicole fuori dagli schemi.

Si tratta di uno di quei titoli “di bandiera”, molto attinenti rispetto al paese di riferimento e che lasciano trapelare molto della nazione in cui si svolgono. Fortemente permeato dalla routine della capitale francese, Oublie moi si pone come un film normale, che mette in scena una storia normale e che ha anche uno svolgimento normale.

Cosa lo si vede a fare allora? Bene, proprio come nei film coreani (alla ribalta dopo decenni di anonimato) anche qui si può avere un assaggio di cosa voglia dire quotidianità. Tutto fa contesto: dalle modalità di spostamento, a cosa si mangia, arrivando anche alle abitudini affettive. Questo film stupisce per l’iconografia di fondo del concetto francese di abitudine.

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Ciò che passa in rassegna è l’immaginario della vita intesa all’occidentale. La Lvovsky rappresenta infatti con certosina cura dei dettagli l’andirivieni delle persone che si trovano a dover vivere nelle metropoli e a confrontarsi dunque con i loro pensieri e con il maestoso schema del gigante urbano.

Oublie moi

Oublie moi – Storia di una routine schematica

Oublie moi è la storia di Nathalie (interpretata da una strabiliante Valeria Bruni Tedeschi), giovane ragazza francese che vive praticamente nella metro di Parigi. Sempre di corsa e indaffarata prende treni che spaccano il secondo. Ha anche un fidanzato che si prende cura di lei e che la aiuta in faccende che essa stessa dovrebbe tenere bene a mente. Niente potrebbe andare meglio.

Un giorno il tran-tran quotidiano viene infranto da un incontro inatteso: Eric. Si tratta dell’ex fidanzato di Nathalie; una storia che, come presto si viene a sapere, non è mai stata superata dalla protagonista.

Ella lo rincorre, si avvicina a lui e cerca di trattenerlo per parlare. Eric sa che non c’è più niente da dire, eppure la ragazza insiste e dopo un “inseguimento” svoltosi nelle infinite linee metropolitane di Parigi riesce a strappare un ultimo confronto.

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Eric sta per sposarsi e lo sbatte in faccia a Nathalie schiettamente ma con una non dovuta delicatezza. La giovane deve a questo punto fare i conti con la notizia e decidere se continuare a scendere nel baratro della tossicità o se finalmente iniziare a vivere anche lei.

Oublie moi

Un’età di mezzo

Oublie moi è un film molto diretto che ha la capacità di descrivere le sensazioni dell’infatuazione con una precisione inquietante. L’ambientazione in metropolitana sta ad indicare un vortice di emozioni da cui è difficile uscire, un loop mentale che si crea quando ci sentiamo insoddisfatti.

Detto schema mentale di rifugio nel passato (perché di questo si parla) è una costruzione che l’uomo ha da sempre per sopperire alle proprie debolezze. Non si cambia mai strada del tutto, così come Nathalie simbolicamente vaga nella metropolitana sempre alle stesse ore e alle stesse fermate.

Lo spettatore è quasi invogliato a dirle “vai a piedi per una buona volta”. E così effettivamente fa. L’unica volta che Nathalie si ritrova a fare un tragitto diverso (nel caso specifico a prendere l’autobus) gli stimoli esterni non sembrano scalfirla: la giovane ha in mente solo Eric.

Un tipo della sua cerchia di conoscenze la corteggia come probabilmente nessuno mai faceva da mesi. Eppure, il bacio che si scambiano non ha sapore, anzi è un atto meccanico senza contenuti.

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L’impianto emotivo che la regia vuole propugnare avvicina molto Oublie moi a prodotti più contemporanei come ad esempio You. La storia è nettamente diversa ma in entrambi i casi si può capire cosa voglia dire essere ossessionati da un pensiero e da una persona. Le paranoie che ottundono la mente sono delle strade molto strette dove purtroppo si va a finire. Uscirne è chiaramente difficilissimo.

Si verificano talvolta degli eventi che tuttavia accendono la luce e propongono ai mal pensanti delle alternative (fattuali e concrete). Nel caso di Nathalie è proprio il matrimonio di Eric che arriverà come una sveglia nuda e cruda. La ragazza dovrà trovare il coraggio per sciogliere il bandolo della matassa e dirigersi più a fondo nell’oblio, oppure rinascere da nuove consapevolezze.

Oublie moi ha il grande merito anche di far capire allo spettatore quanto superati i 25 anni si debba fare i conti con un’età di mezzo difficile da affrontare. Non si è piccoli ma non si è nemmeno troppo grandi. Ci si guarda indietro e si comincia a far fatica a guardare avanti.

L’idea di Lvovsky è senza dubbio quella di far capire a chi guarda che il fiore della gioventù sta quasi per appassire (anche se non dovrebbe) e ciò che è stato non tornerà più.

In questo caso Nathalie ha la netta convinzione che l’amore della vita sia unico e lo si trovi da giovani. Una volta passato, è probabile che non si riaffaccerà più come prima. Alcuni treni, al contrario della metropolitana, non sono fatti per passare due volte.

Oublie moi

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Nathalie si perde nei suoi pensieri come i pendolari nella metro di Parigi. Un districato intreccio di linee metropolitane che raffigurano i suoi pensieri. Contorti e poco rassicuranti. Un amore passato le ottunde la mente e preclude il futuro. I 26 anni cominciano a essere un'età in cui bisogna fare delle scelte decisive. Come se fosse facile
Federico Favale
Federico Favale
Anche da piccolo non andavo mai a letto presto. Troppi film a tenermi sveglio. Più guardavo più dicevo a me stesso: "ok, la vita non è un film ma se non guardassi film non capirei nulla della vita".

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