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Non così vicino – Recensione del film con Tom Hanks

Quando la vita ci si mette è difficile resisterle, sia che ti leghi a lei, sia che ti respinga: Non così vicino, tra le più recenti creature di Marc Forster, esplora entrambi gli aspetti. Tratto dal romanzo L’uomo che metteva in ordine il mondo (2012) di F. Backman, esempio letterario già trasposto su grande schermo nel 2015 con il film svedese Mr Ove, Non così vicino ricostruisce il ritratto di un uomo che a sessantasette anni trasforma il proprio modo di stare al mondo, cancellando la rabbia causatagli dalle ferite della vita e trasformandola in amore.

Una delle storie più antiche del mondo, ma raccontata passo passo, gentilmente, con cura e calore, come se fosse la stagione particolare di una persona fortemente unica nel suo genere, un anima nell’epicentro attivo della sua metamorfosi.

Non così vicino

A man called Otto è il titolo originale di Non così vicino, e si riferisce ad Otto, il protagonista di questa storia, uomo dal cuore troppo grande, patologia che lo consegna ad una storia di amore e dolore insieme: da una parte gli preclude l’esercito, una via lavorativa possibile per chi non aveva mezzi, dall’altra gli permette per caso e per destino di incontrare l’amore della sua vita.

Quello stesso cuore ostinato e cicatrizzato, da delusioni, solitudini e profonde perdite personali, lo rende glaciale, severo ed implacabile con il mondo che lo circonda, ma al contempo lo invade di nuova empatia proprio quando quel mondo che lo circonda gli ingombra la vita, rendendogliela nuovamente oggetto di valore.

Non così vicino

Non così vicino – Trama

Così conosciamo Otto (Tom Hanks), ruvido, metodico, pignolo, un insieme rigoroso di pratiche specifiche da portare quotidianamente a termine, dalle ronde di sicurezza nel comprensorio, alla neve spalata geometricamente, dalla raccolta differenziata scrupolosissima, al controllo del viottolo comune che è di proprietà privata e non va occupato né percorso da auto esterne.

Otto è una terribile istituzione del suo vicinato: rispetta e fa rispettare ogni singola regola, non ama la compagnia degli altri, bolla come idiota la gran parte degli individui con cui entra in contatto.

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Da quando è vedovo è così, lo aspetta una pensione un po’ costretta ed un po’ anticipata è ancor più così. Da quando ha deciso di mantenere la promessa fatta all’adorata moglie e di raggiungerla prima possibile abbandonando per sempre tutto il resto, è sempre così.

Ma una nuova famiglia di vicini, arrivati direttamente dal Messico, con due bimbe piccole ed un terzo pargolo in arrivo, costringe Otto a relazionarsi con altro che non siano i suoi personali problemi ed il “come mi uccido oggi”, aprendo lo sguardo all’universo adiacente la sua porta di casa. Universo che ha costantemente bisogno di qualcosa, una parola, una compagnia, una coperta calda, una scala da giardino, un po’ d’amore. In fondo per morire, c’è sempre tempo.

Non così vicino – Recensione

Difficile voler bene alla vita quando la vita ti ha messo a dura prova: si trangugia rabbia, la si immagazzina come se fosse lei a darci la carica per andare avanti, si dimenticano gli altri, o peggio, li si vede come incapaci, portatori di guai e rogne, cronicamente fuori contesto, spesso nemici.

Invece, quasi sempre, la chiave per oltrepassare l’ostacolo, è proprio dimenticarsi dell’ostacolo, non occuparsi di esso, ma di altro, altro da noi, un oggetto “non così vicino”, per l’appunto, in grado di focalizzare ed incanalare in modo costruttivo tutta l’energia implosa che non ha avuto modi, mezzi e respiro per mostrarsi.

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Così Otto, novello buon cattivo, un po’ Scrooge di Canto di Natale (2022), un po’ il vecchio Carl di Up (2009), un po’ Kowlaski di Gran Torino (2008), si sgretola del suo ghiaccio respingente man mano che scopre quanto il caso, gli oggetti, gli animali, i vicini, le persone tutte intorno a lui, tengano alla sua vita, come qualcosa di indiscutibilmente fondamentale. Salvando una vita, si salva un mondo; salvando un’anima, anche.

Non così vicino è una storia sul superamento del lutto, sul silenzio interiore che piomba dopo la recisione di un ponte per noi carissimo, sulla difficoltà di dare un senso alla vita dopo che l’unica cosa che a quella vita aveva dato un senso è uscita per sempre dai nostri radar.

Una nuova routine quotidiana

Si alternano spezzoni della nuova routine imposta dai vicini iper-affaccendati, con momenti intimi in cui flash-back di felicità passate, meravigliose e dolorose si riaffacciano nella memoria di Otto, dando senso alla simmetria perfetta, pulita e lineare della sua casa, una valigia organizzata matematicamente per non lasciare nulla all’eventualità, niente in disordine, per non dare fastidio al prossimo così poco frequentato, per lasciare l’apparenza che di fatto non sia accaduto nulla.

Il cuore pesante, chiude lo spirito; il cuore di Otto viaggia nel tempo: vorrebbe tornare al passato levandosi dal mondo, ma un futuro rumoroso, con l’accento straniero, a volte la pelle di un altro colore, o un sesso imprecisato, oppure quarant’anni di meno, gli bussa costantemente alla porta. Inutile rispondere “devo sbrigare delle cose” perché quello stesso futuro tornerà più caparbio e chiassoso di prima, diventando il presente.

Non così vicino

Una dichiarazione d’amore alla vita

Arrendersi alla vita, se lei non ha ancora deciso di lasciarti andare; ma anche rendersi conto che vari tentativi di uccidersi falliti sono essenzialmente una dichiarazione di amore sull’essere in vita, l’ammissione provata di essere biologicamente inetti a farla finita da sé, praticamente una qualità, visto lo standard di cinismo e di resistenza all’ esistenza con cui oggi siamo soliti confrontarci.

Non così vicino è immerso in una fotografia fredda, come la dimensione del protagonista: un turchino più o meno presente aleggia sulle pareti, sui vestiti, di riflesso sulle pelli, giù dai cieli o dalle nevi, a ricordarci che il mondo di Otto è vetro intangibile e fragilissimo. Mentre un sole pervicace traghetta la storia attraverso l’inverno di scontento esistenziale verso un’estate di presa di coscienza e chiusura dei conti.

La sceneggiatura non può dirsi imprevedibile, anzi c’è molta classicità ed un appeal da favola in cui si rende possibile l’impossibile tra cui, soprattutto, una comunità solerte verso l’altro, pronta ad ascoltare ed energica nel farsi ascoltare, che non guarda e passa oltre, abdicando al male del mondo contemporaneo, la cronica indifferenza.

Non così vicino interpretazioni

una dirittura di trama, non inedita, e un eccesso di buoni sentimenti spesso sono stemperati dal volto del buon Tom Hanks, il cui labbro ricurvo all’ingiù, l’espressione sbigottita tra un ricordo feroce, una richiesta di aiuto, un mancamento personale, radica nel concreto e rende viva certa tendenza buonista del plot.

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I suoi dialoghi davanti alla lapide della moglie, il suo feeling con le bambine, la propria testardaggine nell’aiutare l’amico con cui aveva condiviso quasi tutta la vita da dirimpettaio, sono svolte facilmente indovinabili, ma la serietà di Hanks non è da prendersi “sul serio”, per l’appunto, e ciò rende alcune scene già più volte viste altrove, più leggere e meno melodrammatiche di quanto non appaiono su carta.

Da notare anche la solarità e la predisposizione all’apertura emotiva di Mariana Trevino,  ovvero Marisòl, estroversa vicina, non a caso immigrata, non originaria dell’egoistica America, capace di scaldare ed illuminare molte delle scene in cui viene coinvolta.

Chicca di settore: nel ruolo di Otto da giovane Truman Hanks, figlio del protagonista, qui al suo debutto, ombra scenica dallo sguardo limpido ed emotivamente carico.

Non così vicino riassume anche la capacità silenziosa di una generazione accantonata dal nuovo, i boomer da mettere a tacere, verso i quali spesso si raccoglie sdegno ed insofferenza, gente in grado di fermare ladri, folli suicidi, elettrodomestici e autovetture impazzite, con il loro stesso ingegno e non ricorrendo a marchingegni automatici, ad app del cellulare o a video tutorial.

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Non così vicino commuove per la sua semplice gittata, onesta con ciò che è, riassume fin troppe ferite dell’America contemporanea, e riflette sul grande ingombro del rimosso per eccellenza, la morte, e con essa il bilancio di un’esistenza, tutto l’amore mancato, offrendo la risposta più comune, ma forse la più valida: ha ragione la vita. Perciò continua, vivi.

Non così vicino – Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Tom Hanks è un misantropo disamorato della vita e dei suoi tempi, che torna alla felicità: tratto da un romanzo e remake di un film svedese. Commedia e dramma per un apologo di solerzia umana e confronto col rimosso. Buonismo stemperato dalla finta serietà di Hanks in un film docile e prevedibile, votato alla commozione, sul superamento del lutto e sull'estraneità al mondo in cui capita di cadere in determinati periodi bui della vita.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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