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Mon inseparable – Madre, figlio disabile, libertà condivise e da dividere

Mon inseparable – Trama

Mona (Laure Calamy) è visceralmente legata al figlio trentenne disabile Joele (Charles Peccia Galletto): lei è stata ed è tutt’ora una giovane madre single, che ha vissuto una vita spiazzata e spiazzante in costante adesione con le problematiche che il figlio la costringeva a fronteggiare; lui è un giovane che ama follemente la madre, ma che da poco si è innamorato di una collega di lavoro coetanea, con un ritardo simile al suo e dalla quale aspetta un bambino.

Genitori che si confrontano, vite che si oppongono, scelte difficili e libertà in ambascia. Cosa dovrebbe accadere e cosa accade non sembrano andare sullo stesso piano, ma la prudenza triste della vita non appartiene alla stoffa di questi personaggi, che si spendono per se stessi e per gli altri, bruciano le loro carte rincorrendo la felicità in modo scomposto, come se quasi la stessa rincorsa assomigli alla felicità.

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Così la vita si rovescia: Mona sta per distaccarsi in modo sostanziale da quel pilastro imperfettissimo e vitale che ha sconvolto i suoi destini per il futuro e ha dato significato nuovo alla parola quotidiano. Alle sue spalle intuiamo una gioventù femminile rutilante, strapazzata ed appassionata, riformata e rinata per colpa e grazie al figlio, che con miracolosa e dolorosa grazia non ne ha scalfito il cuore e l’indole, ancora accese.

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Il distacco tra madre e figlio disabile che confini ha?

Mona ha amato, ama ed amerà ancora: in questo frangente di speranza, panico e confusione, si innamora di un amante cui racconta il suo fiume di problemi, dinnanzi al quale rivendica autonomia di donna e normalità, e riallaccia i fili della sua storia, tra passato, presente e futuro. Un nuovo salto nel vuoto, un nuovo rapporto con la vita degli altri, così differente dalla sua, una nuova forma da dare al proprio nido speciale vuoto, una ricerca di aiuto ed amore incondizionati ed autentici, per allungare i ponti della propria stratificata esistenza, non per romperli.

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Mon inseparable – Recensione

Presentato nella sezione Orizzonti della 81.Mostra del Cinema di Venezia, uscito il 25 dicembre nelle sale francesi (sperando accada lo stesso ben presto nelle nostre), Mon inseparabile è un film diretto da Anne-Sophie Bailly, coinvolgente, diretto ed inatteso, che mostra la doppia faccia della normalità genitoriale, laddove manca, laddove la si rincorre, nel rapporto metamorfico ed esemplare tra madre-figlio disabile. 

Mona è una madre ed una donna, che accanto a sé e alla sua vitalità selvatica e gioiosa tiene per mano Joele il figlio avuto da giovanissima, un figlio che ha un ritardo mentale, un figlio spostato dalla normalità quel poco che basta per rendere la vita speciale. Ma Mona vuole davvero una vita speciale? Le pesa questa vita? È all’altezza?

Confini ed aperture nelle libertà di un rapporto strettissimo madre-figlio

Mon inseparable è un lavoro che riflette sulla maternità e su chi ha diritto a cosa: una madre alla propria libertà personale, un figlio che ne è stato necessariamente appendice fino a quel momento, anche. Si parla di diritti e doveri sui corpi degli altri, tematica che affascina molto la regista e che mai come in questo caso sono presenti, ma con tutte le difficoltà inespresse, imprevedibili e ovvie del caso: l’altro è mia responsabilità, fino a dove, fino a quanto, fino a quando.

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È difficile lasciar andare una parte così importante di sé come un figlio, a maggior ragione se si tratta di un figlio-particolare, dipeso in tutto e per tutto da una giovane madre sola. Mon inseparable è la celebrazione di questa dinamica,un rapporto complesso e conflittuale, di vicinanza fortissima e fortissimo distacco, di simbiosi e non sopportazione reciproca, in cui ogni momento sembra l’ultimo ma non lo è, non lo può essere, praticamente mai.

La sfidante normalità di genitori di figli non-normali

La genitorialità di figli con problematicità di questo tipo è un universo a parte, spesso ignorato o raccontato in maniera conforme ad una certa innocuità del tutto. Ma la verità è che i familiari di queste persone spessissimo non sono pronti a ricevere e gestire la complessità di una disabilità, hanno bisogno di certezze, medicine emotive per affrontare il lungo percorso, appoggi, fiducia, condivisione, non hanno già la risposta al problema, la devono inventare.

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Inventare, mantenere e poi lottare quotidianamente per difenderla, in un equilibrio che assomigli ad una tregua/serenità. Sono famiglie su cui la malattia o la condizione invalidante si proietta, che hanno un’eredità corposa da collocare all’interno di una società che di frequente si dimentica a sua volta di collocarli e che demanda, relega, abbandona ogni scelta o sfumatura sulle spalle genitoriali.

Ma quelle spalle non appartengono a santi e Mon inseparable lo dimostra con toni da commedia seria, a tratti drammatica, freschi, organici, spontanei, ritraendo una mamma deliziosa, imperfetta, sorridente, indissolubilmente legata ad un figlio che le ha destabilizzato la vita, riempiendola di un amore e di una vicinanza mai più negoziabili: un senso oltre l’ordine delle cose, raramente rintracciabili in simili esistenze.

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Mona è fieramente parte di quella compagine di uomini e donne che hanno pulsioni e sensazioni esattamente come tutti gli altri genitori, ma, avendo accanto chi avrà perenne bisogno di loro, spesso cadono nella trappola del non potersi permettere altre “distrazioni” dalla vita. In effetti per loro scendere a compromesso con questa parte fisico-emotiva di sé è molto meno scontato, molto meno raccontabile.

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Donne al centro del racconto: controverse, vitali, in rivendicazione della loro libertà

Così la nostra protagonista cerca ancora l’amore fisico, la passione, il contatto con un altro uomo, che le è mancato per tutto il tempo in cui è rimasta sola col suo Joele. Allo stesso modo forte è il suo sentimento per la madre malata, che non vuole perdere di vista negli gli ultimi giorni che le rimangono da vivere.

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Ancora una volta, come in molti paradigmi filmici presentati al Festival, le donne sono al centro dell’attenzione, contraddittorie e illuminate da un groviglio di impulsi cui non vogliono rinunciare, pur muovendosi in una dimensione di input contrastanti tra sensi di colpa, lacune motivate ed immotivate, guerre contro il tempo, desideri indomiti di indipendenza.

Mon inseparable – Cast

Il progetto ha emozionato e convinto gli attori fin dalla prima lettura del copione. Il lavoro collettivo ha reso il cast un team dove regnava innanzitutto il rispetto reciproco e la fiducia nel poter appoggiarsi sul compagno di scena: ciò ha aiutato la complicità intrinseca della recitazione.

La Calamy, per sua stessa ammissione, ha cercato l’imprevisto, l’incidente, l’inatteso, sfidando la scena oltre le battute del copione, ed organicamente emerge netta la verità del suo rapporto con Peccia Galletto, fuori dal clichè, due anime emozionate e desiderose di correre via, anche su due binari paralleli, senza farsi male.

Mon Inseparable è il mistero della maternità e la sfida della libertà, entrambi forze proteiformi, magnetiche, universali, qui espresse con vividezza e sincerità, al punto da rimanere impresse come fossero quotidianità normale e speciale assieme, infinitamente eroica, assolutamente umana.

Mon inseparable – Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Mona è la giovane madre single di Joele, che ha trent'anni, un ritardo mentale ed ora ama una sua coetanea e collega che aspetta un bimbo da lui. Il legame simbiotico madre-figlio viene spiazzato, la quotidianità interrotta, il futuro rovesciato. Chi ha diritto a cosa? Le libertà di madre e figlio si incontrano e si scontrano, in un rapporto vivido, fresco, sincero, ma anche doloroso e solitario. Il dramma della normalità e della non normalità, il desiderio di possedere una vita come gli altri da parte di chi "quegli altri" non sono mai stati. Paure, salti nel vuoto, il passato fa i conti col futuro e riscrive le aspettative.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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