Nel 1992, il film Mediterraneo, diretto da Gabriele Salvatores, e ambientato in un’isola greca, vinceva l’Oscar per il miglior film straniero. Il monitoraggio dell’attività nemica, è al centro della missione di un gruppo di otto soldati durante la Seconda Guerra Mondiale. Il soggetto e la sceneggiatura della pellicola sono a cura di Enzo Monteleone.
Un plotone di scalmanati, sopravvissuti per caso sono chiamati per gli avvistamenti in quest’isola dell’Egeo. La pellicola si apre con una frase di Henry Laborit: In tempi come questi la fuga è l’unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare. Questi soldati avevano tutti l’età in cui non sapevano ancora se mettere su famiglia o perdersi metaforicamente per il mondo. La pellicola racconta questo dilemma in una forma malinconica con tutta la sua ars poetica.
Mediterraneo: il cast
Tra i protagonisti troviamo Diego Abatantuono nei panni del Sergente Maggiore Nicola Lo Russo, Claudio Bigagli in quelli del Tenente Raffaele Montini, Giuseppe Cederna è Antonio Farina, Ugo Conti è il marconista Luciano Colasanti, Claudio Bisio è Corrado Noventa, Gigio Alberti è il montanaro Eliseo Strazzabosco, Antonio Catania è il Tenente Carmelo La Rosa, Memo Dini è Libero Munaron, Vasco Mirandola è Felice Munaron, Vania Barba è Vassilissa, Luigi Montini è il prete ortodosso, Irene Grazioli è la pastorella e Alessandro Vivarelli è Aziz.
Mediterraneo: trama e recensione
Seconda Guerra Mondiale, un plotone militare di otto italiani in ricognizione su un’isola greca, finisce per amalgamarsi in maniera sorprendente con la comunità stessa. Dopo l’iniziale diffidenza, il contesto sembra donare nuova linfa, e soprattutto una nuova speranza a questa dispersa e disillusa umanità.
Da un tempo definito di quattro mesi ad uno più lungo nell’isola greca di Syma (nella realtà è Castelrosso), nel mezzo di questa landa desolata e paradisiaca senza necessariamente presenze fisiche, o perlomeno a livello iniziale. Nessuna perdita, nessun contatto col nemico, attendiamo nuovi ordini viene detto alla radio, ma non risulta nessuno sulla loro strada.
Solo i loro dialoghi, racconti su esperienze di altri plotoni in Africa finiti male, ma in questo luogo greco neanche lontanamente l’ombra di una presenza ostile. Ma tra fraintendimenti con sparatorie inutili, verso galline e l’uccisione dell’ asina Silvana, li rende più che un temibile plotone, un gruppo scalcagnato di pasticcioni. in quanto scambiati per il nemico, il gruppo rimane tagliato fuori dalla comunicazione con il comando centrale.
Al loro arrivo trovano la frase La Grecia è la tomba degli italiani, che in realtà si rivelerà un palese controsenso per la loro fase di scoperta. Infatti, successivamente nell’isola ci saranno presenze umane, che determineranno la successiva permanenza dei soldati stessi, incantati da questa magnanimità, che sembravano non conoscere più.
Personaggi pittoreschi in uno scenario paradisiaco
La loro perlustrazione continua senza esito tra finti inni di patriottismo e autoconvincimento forzato. Questo gruppo di soldati italiani a primo impatto appare fortemente stereotipato e in una certa misura anche variopinto. Ma nel corso della storia emergono i loro tratti e personalità alquanto singolari.
Tra i personaggi più emblematici abbiamo quello di Nicola Lo Russo, il cui sergente maggiore viene rappresentato come un ufficiale duro e disciplinato. Ma con il passare del tempo si lascia coinvolgere dall’isola e dalla sua gente. Il patriottismo lascia spazio ad una benevolenza che l’idilliaco luogo sembra voler incentivare.
Gabriele Salvatores lo fa apparire inizialmente come un personaggio con il tarlo di un conflitto interiore: ovvero l’adempimento del dovere militare e il desiderio di connettersi con l’umanità degli abitanti locali. L’identità comune e la fratellanza fra popoli diversi sono al centro della pellicola stessa.
Tutti gli altri caratteri sono delineati da tratti distintivi a metà strada fra comico e drammatico. Questi personaggi si portano dietro il microcosmo della società italiana dell’epoca, con le loro aspirazioni personali, i pregiudizi e modi di affrontare la guerra. Le loro interazioni con gli abitanti dell’isola portano alla scoperta di affinità sorprendenti, sfidando le barriere culturali e linguistiche.
Curiosità
Prodotto da Mario e Vittorio Cecchi Gori insieme a Gianni Minervini, Il film ha vinto il Premio Oscar nel 1992 come Miglior Film Straniero, oltre a tre David di Donatello (miglior film, miglior montaggio, miglior sonoro) su dodici candidature. Infatti le restanti erano regia, attore protagonista (Diego Abatantuono), attore non protagonista (Giuseppe Cederna), attrice non protagonista (Vana Barba), sceneggiatura, produttore, fotografia, costumi e colonna sonora.
Gabriele Salvatores ha utilizzato uno stile visivo molto forte e luminoso per la pellicola. Infatti la splendida location della greca Castelrosso con una fotografia accattivante, riesce a catturare proprio l’atmosfera mediterranea. Tutto questo contribuisce alla creazione di un’ambientazione realistica.
Proprio questo stile visivo è stato molto apprezzato dalla critica e dal pubblico internazionale. Invece, la colonna sonora del film è stata composta da Giancarlo Bigazzi e Marco Falagiani, e contribuisce a creare un’atmosfera coinvolgente ed evocativa nei momenti chiave del film.
Conclusioni
Rispetto a molti altri film di guerra, Mediterrano si concentra sugli aspetti umani e interiori dei suoi protagonisti, e la loro evoluzione è rappresentata proprio dalla presa di coscienza sull’inutilità del conflitto bellico. Proprio per questo il pubblico internazionale ha apprezzato e compreso pienamente le motivazioni dei suoi personaggi, che lo rendono un film dal linguaggio universale.
Il suo messaggio positivo trasmette speranza, e soprattutto la ricerca della bellezza e umanità nei momenti oscuri della Storia. Non a caso alcuni personaggi come Lo Russo e Montini al di là della loro convinzione ideologica hanno scelto rispettivamente di fare ritorno in quel luogo dionisiaco sospeso dal tempo e dallo spazio.
La vittoria del Premio Oscar per Mediterraneo in quel momento arrivava esattamente due anni dopo quella di Nuovo Cinema Paradiso sempre per la medesima categoria, aveva segnato un momento di stato di grazia per il cinema italiano negli Anni Novanta, dove quest’idea così romantica di fuga da tutto aveva destato un’attenzione culturale e globale.