Sono diversi i sodalizi artistici che hanno dato vita a opere il cui valore eterno, universale e insondabile ha reso questi artisti e le loro amicizie vive nel loro lavoro. Poche erano però formate da due uomini che si incastravano così perfettamente da sembrare uno il pezzo mancante dell’altro. Mastroianni e Fellini. Il primo l’esterno, il secondo l’interno. Uno materia, l’altro spirito. Una collaborazione unica, geniale e onirica.
Mastroianni e Fellini – l’onirico, il sogno e l’inconscio di un maschile fragile
Mastroianni era l’attore feticcio di Fellini perché riusciva a incarnare perfettamente quello che l’autore preferiva far passare attraverso le sue opere. Lui allo stesso modo, attore carismatico, affascinante, apparentemente estroverso, era il tramite perfetto per fare diventare materia l’inconscio del regista e allo stesso modo per riscoprire il suo stesso inconscio. L’alchimia tra i due si basava su un, forse sottinteso, riconoscimento. I due artisti comunicavano e si scoprivano forse più con le opere che con il quotidiano. Si rivedevano nell’altro nell’avere il coraggio di ammettere le proprie fragilità perché divenute sublimi. La saggezza di un autore come Fellini aveva inquadrato bene Mastroianni, che certo non poteva fregare il suo regista.
“Sono proprio contento di essergli diventato amico. E mi riconosco così profondamente in lui, in questa specie di operazione magica, che certe volte, guardandomi allo specchio, ho la sensazione di vedere la sua faccia”. Quella che i due compivano era infatti un’operazione alchemica. Una trasformazione delle proprie vulnerabilità e una rivalutazione dei propri demoni come gli unici a dire loro la verità.
Da La dolce vita a La città delle donne, le opere di Fellini con protagonista Mastroianni non erano che lo svelamento di un maschile che fino ad allora doveva essere solo eroico e la cui complessità non sembrava affascinante. Con le opere di Fellini il maschile può destrutturarsi, ammettersi. Può decomporsi per poi ricomporsi con con una consapevolezza nuova. Matura, maschile perché femminile, adulta perché infantile e sognatrice.
Il ruolo della donna – un femminile irraggiungibile
Se in Fellini niente accade semplicemente ma tutto è metafora, il suicidio è onirico, l’omicidio è onirico allora anche la donna non è semplicemente tale. La donna è femminile interiore che diviene visibile e porta quindi l’uomo di fronte a un bivio che prima, essendo solo eroico, essendo solo un disegno fumettistico, il maschile non era costretto a superare.
Ne La dolce vita, tutto sembra ridursi al vacuo, alla facciata, al maschile che può essere solo tradizionale. L’inconscio sembra una soglia da non varcare, un mostro ancora indecifrabile. In 8½ sembra non esserci via di fuga. C’è però una via di fuga da un tormento che deve stare a bada per adattarsi a una vita superficiale, e che qui può parlare e parlarsi. La donna è perciò una possibilità di ricontattare quel femminile interiore, quella capacità di vedere oltre, quel coraggio di sognare e di snobbare una vita fatta solo di mondano, di fuggevole, di immanente e quindi dimenticabile. Sono meglio mille donne anonime che una Claudia, la musa, donna eterea e irraggiungibile, l’unica che può fare guardare il maschile allo specchio e metterlo di fronte alla scelta di chi vuole essere.
Claudia rappresenta l’occasione di incarnarsi per ciò che si è nel profondo. Finché però questa è una scelta troppo difficile, una scelta che richiederebbe il coraggio maschile di essere femminei e fragili, delicati e quindi virili, allora il film non si farà (8½). La donna ideale diventa quindi saggezza ed evoluzione da una parte, una Beatrice, ma anche minaccia e timore dall’altra (una nemesi per Narciso).
La resa
8½ è una destrutturazione del maschio in cui la donna è quasi ammessa come già ricostruita e ricomposta. Forse per lui già conscia del suo femminile (per destrutturare la donna abbiamo Repulsione, Il Cigno Nero, Blue Jasmine, The Piano Teacher). Il focus è sull’uomo, narciso anche artisticamente. Eppure senza il femminile la sua ricomposizione non avverrebbe. Sarebbe solo tentativo vano di riprendere pezzi della sua vita senza che questi siano parte di un disegno più grande. È il fanciullino e la sua semplicità che gli permettono di essere uomo. Ora è libero di creare, di piangere e di amare una donna, tre cose prima infattibili perché tutte e tre richiedono una resa della maschera, dell’identità fittizia costruita per soddisfare qualcuno là fuori. Non c’è più fare e conquistare, ma l’innocenza di vivere solo per essere e per sentire.
Mastroianni e Fellini, l’attore e l’autore, un unicum
Grazie alle opere visionarie di Fellini e alla capacità di Mastroianni di rendere materia le ombre di entrambi, il rapporto tra questi due grandi resta visionario. Resta parte del patrimonio culturale cinematografico che vivrà eternamente grazie al sogno che ci hanno saputo regalare. Come disse l’attore: “Perché Federico è giovane. La sua fantasia, la sua freschezza, la sua grandezza nel vedere le cose del mondo attraverso la lente della sua meravigliosa ironia sono ancora lì’.”