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L’uomo che comprò la luna – recensione, trama e spiegazione

L’uomo che comprò la luna, lo fece per amore di una donna, di un’ isola, di una vita, a cui oggi ci siamo dimenticati di appartenere o addirittura cui ci vergogniamo di appartenere.

Paolo Zucca ce lo ricorda con una commedia surreale dal piglio insolito che si lascia guardare e volere bene: mescola leggerezza e amarezza insieme, ed un calibro di paradosso che rende la sua opera ora cosa di grana grossa ora cosa alto levata.

L'uomo che comprò la luna

L’uomo che comprò la luna – Trama

Pare che in Sardegna ci sia un uomo che ha comprato la Luna. L’ America che ci ha messo per prima piede non la prende tanto bene e smobilita agenti segreti e forze militari per scovare quest’ individuo e “ridurlo alla ragione”.

Kevin (Jacopo Cullin), insipido paracadutista militare, finto biondo e finto milanese, viene ingaggiato da due improbabili 007 (Stefano Fresi e Francesco Pannofino) per la missione. L’ uomo si chiama in realtà Gavino Zoccheddu, è sardo ma non fa chic dirlo a Milano; il nonno fu isolano doc e militante dei suoi tempi; ed ora deve ritornare ad essere quello che fin qui ha cercato di negare, ossia un sardo.

L'uomo che comprò la luna

Perciò viene affidato a Badore (Benito Urgu) che lo addestra alla sarditá, a passare inosservato tra le genti autoctone più strette e a compiere la delicatissima, bizzarra operazione top-secret, ovvero restituire la luna ai suoi legittimi proprietari oltreoceano. Ma la Sardegna, la sua storia, la sua gente, non sono  cose da sottovalutare. 

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L’uomo che comprò la luna – Recensione

Commedia del 2018, opera seconda di Zucca, presentata alla Festa del Cinema di Roma dello stesso anno, sceneggiata oltre che dal regista anche dalla Alberti e dalla Cucciari, mescola visionarietà e gag spicciola, ad una rivendicazione non scontata di orgoglio sardo e nazionale insieme.

L’ uomo che comprò la luna è un inno all’autenticitá dei nostri ideali e dei nostri territori tutti, contro la colonizzazione forestiera dei più forti e dei molto ignoranti.

L'uomo che comprò la luna

Il film procede come un diagramma a scoppio, che alterna momenti istrionici e spiccatamente spassosi, ad altri più telefonati ed arrovellati su cliché, mentre non di rado cade in lunghezze,silenzi ed insistenze di una staticità non ben giustificata né digerita.

Istrionismo e surrealtà: amore e satira di un territorio prezioso

Lo spunto è metaforico e il racconto è un’allegoria schietta e vivacemente pensata, dove il mood vince sulla tecnica, in un’esaltazione della tipologia rurale sarda. L’entroterra diventa il cuore di un territorio per natura isolato, ridotto a cartolina di facoltosi e disinteressati turisti, solitario e complesso, poetico, ostile e bellissimo, sfruttato più dagli avventori e dai miliardari che dalla popolazione che lo abita e lo ama da sempre.

Nel film quest’ ambientazione è terreno prezioso per dare agio all’immaginazione e all’iperbole, un luogo fatto di segreti, di volti unici, di tenacia e di un’altissima dignità.

Così appaiono pescatori, pastori, donne velate, bar da fumetto, formaggi fuorilegge, alcool criptonitici, danze tipiche, tenori in subbuglio, granate usate come reti da pesca, fischi usati come semafori per greggi, mutismi selettivi, cenni, bestemmie e mugugni al posto di dialoghi, panorami mozzafiato, attacchi non preventivati di sottomarini giganteschi, mari che si ritirano biblicamente, donne regine divine, quasi ultraterrene, a governare, come la luna fa con le maree, la vita e la morte.

Sottotitoli, gag araboliche su clichè e fantasie visionarie malinconiche

Dialogato all’essenziale con il sardo necessariamente sottotitolato, l’uomo che comprò la luna stupisce e spiazza, specie per i suoi voli pindarici con cui trasforma la Sardegna ora in un ghetto di figurini folkloristici con regole tanto evidenti quanto non dette, ora nella superficie stessa della luna, che accoglie su di sé in un museo di statue semimoventi e semiparlanti, appartenenti ai più grandi sardi che hanno cambiato la storia del loro paese, dell’Italia intera e del mondo.

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Chi se li ricorda? Zucca sì, e la sceneggiatura ne dà conto: con un’opera di metamorfosi del messaggio, che viene favolisticamente ricomposto in una realtà che non è realtà e lascia spazio ad una fierezza e ad una bellezza che non si vogliono né si possono credere morte.

Dall’altra parte, agli antipodi della verità di natura, c’è lo stato, possiamo dire non di diritto, gli uomini in black che non sanno fare altro che obbedire a protocolli, che uccidono, minacciano, tradiscono, arraffano, c’è la violenza del costruito, del moderno, del rapace, in conflitto endemico con l’indomito irriducibile locale.

L’uomo che comprò la luna – Cast

Il cast vede Cullin (seconda esperienza sotto la regia di Zucca che lo aveva già diretto ne L’arbitro) divertito ed agile protagonista, che slitta tra le imitazioni di un milanese da parodia e gli accenti domestici sardi, con un registro e delle tempistiche comiche-tragicomiche convincenti.

Urgu suo maestro, parlatore ai cavalli e bevitore antisbronze, ha la ruvidezza e la dolcezza necessarie per il ruolo di mentore sfortunato e guida spirituale. Fresi e Pannofino in poche battute ben rappresentano un gatto ed una volpe di qualitá.

Nel cast anche una splendida Angela Molina a rappresentare la donna amata, la natura selvaggia del territorio, un’Ecate lunare che restituisce giustizia al proprio mondo

Mentre si passa da una fotografia urbana ad una letteralmente lunare che scambia il monte con il mare per poi trasformarlo in spazio, L’uomo che comprò la luna dimostra personalitá, intelligenza, anche se non debitamente sviluppate e un amore vitale e addolorato per la Sardegna.

Si può dire che la natura, quella vera non quella che fa moda difendere, ha le sue ragioni che gli Stati non conoscono. Ed anche che la luna è libera ed innamorata, così come tutti gli uomini dovrebbero esserlo delle proprie terre: amando queste ultime, si ama se stessi.

L’uomo che comprò la luna – Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Pare che un uomo sardo sia diventato proprietario della luna. L'America che per prima ci ha messo piede non ci sta: assolda un militare, sardo di nascita, milanese d'adozione, per andare a risolvere definitivamente la questione. Commedia stralunata e lunare dalla sceneggiatura intermittente, che indugia nella gag, ma che riflette attimi di saggia visionarietà. Inno alla riscoperta delle proprie origini e al rispetto del territorio in cui siamo nati. La luna potrebbe farne parte. Simpaticamente bizzarra.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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