HomeRecensioni FilmLe idi di marzo – il thriller politico di Clooney

Le idi di marzo – il thriller politico di Clooney

Nel 2011 Le idi di marzo è stato il film d’apertura, in concorso, della sessantottesima Mostra del Cinema di Venezia. Si tratta della quarta fatica registica di George Clooney. Il soggetto è tratto da un’opera teatrale di Beau Willimon, vagamente ispirata alla campagna per le primarie democratiche del 2004 di Howard Dean. Lo stesso Willimon ha firmato assieme a Clooney e Grant Heslov la sceneggiatura, candidata come miglior sceneggiatura non originale agli Oscar del 2012. Tra i produttori esecutivi del film figura anche Leonardo DiCaprio.

Le idi di marzo

Le idi di marzo – trama e cast

Stephen Meyers (Ryan Gosling) è l’addetto stampa per la campagna elettorale dell’astro nascente democratico Mike Morris (Clooney). Il candidato si scontra col senatore Pullman per l’appoggio del senatore Thompson (Jeffrey Wright) in grado di garantire la vittoria nello stato della North Carolina. Dopo un dibattito Stephen viene contattato dal capo della campagna di Pullman, Tom Duffy (Paul Giamatti) che gli offre un lavoro che l’uomo rifiuta. Meyers comunque decide di tacere dell’incontro al capo della sua campagna, Paul Zara (Philip Seymour Hoffman). Intanto inizia una relazione con la giovane Molly Stearns (Evan Rachel Wood) attivista della campagna dello stesso Morris. A seguito di una telefonata nel cuore della notte, Stephen scopre la natura del rapporto tra Molly e il candidato.

Meyers, nel frattempo, decide di rivelare a Paul Zara del suo incontro con la campagna avversaria e delle informazioni che ha ricevuto da Tom Duffy. Il licenziamento di Meyers porta a delle conseguenze incalcolabili anche nella vita di Molly. Ma quando tutto sembra andare in una determinata direzione, dei nuovi sconvolgimenti modificano la traiettoria della campagna elettorale. L’opera teatrale da cui è tratto Le idi di marzo si intitola Farragut North.

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Le idi di marzo – un volo a metà

Clooney aveva già dimostrato una certa tendenza al thriller politico in una sua precedente regia, Good Night and Good Luck. Con Le idi di marzo riprende la riflessione sulle trame del potere, spostando però il focus sulla natura, spesso celata, degli individui. Morris è un candidato all’apparenza perfetto, moralmente ineccepibile fino al momento che darà la svolta al film. Il problema che si pone con questo turning point è che ne seguono poi altri, forse troppi. L’impressione è che diventi quello il centro stesso del film: una serie di sconvolgimenti che rimettono tutto in discussione. La sceneggiatura regge a questi scossoni ma forse poteva anche limarne alcuni. Ognuno è guidato dai propri interessi, forse convinto di operare per un fine più alto. Niente di nuovo nel filone del genere dei film politici, sempre un po’ aderenti a questa concezione machiavellica della politica.

Se però la sceneggiatura presenta degli innegabili elementi di forza e di interesse, è la regia a non convincere davvero. Clooney non riesce a valorizzare il cast di enorme talento che ha a sua disposizione, compreso sé stesso. Avrebbero meritato maggiore risalto le interpretazioni e i ruoli di Hoffman e di Giamatti, ma anche lo stesso Gosling avrebbe potuto godere di maggiore approfondimento. Le idi di marzo è una riflessione su quanto il personale e il politico debbano viaggiare assieme, dove si ferma uno e dove inizia l’altro. Proprio per questo la regia avrebbe avuto degli elementi di forza che non riesce però a mettere in atto. Questa scelta narrativa di tenere l’elemento registico abbastanza piatto finisce per intaccare la riuscita di un film altrimenti abbastanza godibile.

Il potere logora (chi non ce l’ha)?

Il cinema ha sempre subito l’attrazione del potere politico come elemento narrativo. La possibilità di tenere assieme il discorso pubblico con gli elementi del privato permette di realizzare dei soggetti che, quando riusciti, sono tra i più interessanti in assoluto. Una tendenza che particolarmente negli Stati Uniti ha visto e vede ancora tanti proseliti. Basti pensare a un film come Tutti gli uomini del presidente, autentico capostipite di un genere. I personaggi di questo genere di opere spesso hanno una forma di teatralità intrinseca. Il limite labile tra il bene che si crede di perseguire e le azioni, fornisce un elemento di conflitto attorno a cui, si costruisce la trama. Se negli anni ’70 questo genere ha avuto le sue rappresentazioni più importanti, non mancano esempi attuali di riflessione sul potere.

La fascinazione per gli uomini che lo esercitano ha colpito spesso anche i registi italiani. Sorrentino ha dedicato al potere politico e ai suoi epigoni film come Il Divo e Loro, ma non è il solo. Moretti, prima di lui, aveva realizzato Il Caimano, riflessione durissima sul berlusconismo e le derive del potere personalistico. Tra ritratti positivi e negativi, gli uomini e in qualche caso le donne, della politica mondiale hanno fornito il soggetto a storie e film entrati nella storia del cinema. Un genere, dunque, a sé stante quello del racconto del potere, che sembra tenere fede al vecchio adagio: Il potere logora. Oppure, come in una memorabile frase di un personaggio citato: “il potere logora, chi non ce l’ha”.

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PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Con Le idi di marzo Clooney realizza un thriller politico godibile, ma che avrebbe potuto avere uno spessore maggiore per la regia e le interpretazioni.
Stefano Minisgallo
Stefano Minisgallo
Si vive solo due volte come in 007. Si fanno i 400 colpi come Truffaut, Fino all’ultimo respiro come Godard. Il cinema va preso sul serio, ma non troppo. Ci sono troppi film da vedere e poco tempo, allora guardiamo quelli belli. Il cinema è una bella spiaggia, come nei film di Agnes Varda.

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