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L’albero dei frutti selvatici: recensione

Mentre è di nuovo nelle sale italiane, Nuri Bilge Ceylan già in precedenza raccontava parte del suo paese con “L’albero dei frutti selvatici“. Come il suo ultimo film “Racconto di due stagioni” (About Dry Grasses), distribuito da Movies Inspired, anche questa pellicola antecedente fu presentata al Festival di Cannes, precisamente nel 2018.

“L’albero dei frutti selvatici” si distingue per la sua profondità narrativa, ma anche per il suo approccio contemplativo. E come “Racconto di due stagioni”, ancora una volta il regista turco mette al centro il discorso dell’insegnamento. Se in uno, diventare maestro di scuola è la motivazione per andarsene dal proprio paese, nell’altro il maestro già avviato alla professione, vuole evadere da un’ennesima grigia realtà.

Attraverso lunghe sequenze di dialoghi profondi e una fotografia straordinaria che cattura la bellezza malinconica del paesaggio turco, “L’albero dei frutti selvatici” esplora temi universali come il conflitto generazionale, il divario tra sogni e realtà, e il ritorno alle radici. Il film offre una riflessione intensa e poetica sulla ricerca di identità e significato, invitando lo spettatore a immergersi nella complessità delle relazioni umane e nelle difficoltà delle aspirazioni personali.

Dogu Dermikol

L’ albero dei frutti selvatici: cast, trama e recensione

Le interpretazioni degli attori sono uno degli aspetti più forti del film. Infatti Nuri Bilge Ceylan sceglie con autenticità chi andrà a rappresentare i rispettivi ruoli. Doğu Demirkol (Sinan Karasu) è il protagonista del film, Sinan è un giovane laureato che torna al suo villaggio natale con il sogno di diventare scrittore. Demirkol, principalmente conosciuto come comico, offre una performance intensa e sfumata che cattura la disillusione e l’inquietudine del suo personaggio.

Murat Cemcir (Idris Karasu): Interpreta il padre di Sinan, Idris, un insegnante appassionato ma irresponsabile, la cui dipendenza dal gioco d’azzardo ha messo in difficoltà la famiglia. Cemcir rappresenta con sensibilità e autenticità un personaggio complesso e fallibile. Bennu Yıldırımlar (Asuman Karasu) è la madre di Sinan, Asuman, una figura forte e resiliente che cerca di mantenere unita la famiglia nonostante le difficoltà finanziarie e i problemi con il marito.

Serkan Keskin

Hazar Ergüçlü (Hatice) interpreta Hatice, un’amica di Sinan del villaggio. La sua storia parallela con Sinan offre una riflessione sulle scelte di vita e le limitazioni imposte dalla società rurale. Serkan Keskin (Suleyman) e Ahmet Rifat Sungar (Ali Riza): Interpretano due intellettuali locali con cui Sinan ha un dibattito filosofico e morale sulla vita e le aspirazioni.

“L’albero dei frutti selvatici” segue la storia di Sinan, un giovane laureato che torna al suo villaggio natale con l’ambizione di pubblicare il suo primo romanzo. Tuttavia, si trova a confrontarsi con vari problemi familiari e personali, in particolare con il padre, un uomo affettuoso ma sostanzialmente inetto, la cui passione per il gioco d’azzardo ha messo in difficoltà la famiglia.

L'albero dei frutti selvatici

Il conflitto tra Sinan e il padre ne “L’ albero dei frutti selvatici”

Uno dei temi centrali del film è il conflitto tra Sinan e suo padre. Questo scontro rappresenta non solo una divergenza di valori e ambizioni tra due generazioni, ma anche una riflessione più ampia sulla crisi d’identità e sul senso di frustrazione che affligge i giovani turchi contemporanei.

Il ritorno di Sinan al villaggio simboleggia il confronto con le proprie radici e con le aspettative della comunità. La dicotomia tra città e campagna evidenzia il divario tra modernità e tradizione.  Il film esplora le difficoltà di inseguire i propri sogni in un contesto socioeconomico difficile. Le aspirazioni letterarie di Sinan sono messe alla prova dalla realtà cruda della vita quotidiana.

L'albero dei frutti selvatici 1

Profondità e lunghezza nello stile di Ceylan

Nuri Bilge Ceylan è noto per il suo stile visivo ricco e meditativo, e “L’albero dei frutti selvatici” non fa eccezione. Il film è caratterizzato da lunghe sequenze di dialoghi che approfondiscono la psicologia dei personaggi e la complessità delle loro relazioni. Questi dialoghi sono spesso densi e filosofici, e vanno ad affrontare questioni esistenziali e morali.

La fotografia, curata dallo stesso Ceylan, è splendida. Le immagini del paesaggio turco sono catturate con una bellezza malinconica, contribuendo a creare un’atmosfera contemplativa che riflette lo stato d’animo dei personaggi.  Il ritmo del film è deliberatamente lento, permettendo allo spettatore di immergersi completamente nella vita interiore dei personaggi e nell’ambiente che li circonda.

La lunghezza del film (oltre tre ore) e il suo ritmo lento e ponderato come deterrente, richiede un certo grado di pazienza e impegno. La densità e la lunghezza dei dialoghi filosofici potrebbe risultare impegnativa e poco accessibile per alcuni spettatori. Il film è stato acclamato per la sua profondità e la capacità di affrontare temi complessi in modo maturo e ponderato.

L'albero dei frutti selvatici 2

Conclusioni

“L’albero dei frutti selvatici” è un’opera cinematografica che richiede attenzione e riflessione, offrendo una ricca esplorazione delle dinamiche familiari e delle aspirazioni personali nel contesto della società turca contemporanea. È un film che può essere apprezzato per la sua profondità emotiva e intellettuale, così come per la sua bellezza visiva, ma che può anche risultare impegnativo per chi preferisce narrazioni più convenzionali e ritmi più veloci.

Il pozzo della campagna, che è parte integrante del preludio finale, fornisce una doppia interpretazione come finale senza uscita, o come una nuova speranza. Tutto è scandito dalle stagioni che trascorrono lentamente e inesorabilmente. Come anche i sogni e i desideri di Sinan che vanno a sbattere sull’amarezza di una realtà (apparentemente) senza via di fuga.

Nuri Bilge Ceylan ha creato un altro capolavoro che richiede attenzione e riflessione, offrendo una narrazione lunga e ricca e che continuerà a risuonare nella mente dello spettatore a lungo dopo la visione. Con la sua bellezza visiva e la profondità tematica, “L’albero dei frutti selvatici” si afferma come una delle opere cinematografiche più significative e toccanti del cinema contemporaneo.

Il trailer

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

"L'albero dei frutti selvatici" segna il ritorno di Nuri Bilge Ceylan al Festival di Cannes dopo la vittoria della Palma d'Oro per "Il regno d'inverno". Il risultato è un lunghissimo (nella durata) affresco che racconta alcuni aspetti poco conosciuti del suo paese.
Francesco Maggiore
Francesco Maggiore
Cinefilo, sognatore e al tempo stesso pragmatico, ironico e poliedrico verso la settima arte, ma non debordante. Insofferente, ma comunque attento e resistente alla serialità imperante, e avulso dai filtri dall'allineamento critico generale. Il cinema arthouse è la mia religione, ma non la mia prigione.

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