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La stranezza, raccontare Luigi Pirandello al cinema

La stranezza è un film diretto da Roberto Andò e interpretato da Toni Servillo e Ficarra e Picone. Il protagonista è, apparentemente, Luigi Pirandello, ma la pellicola non si configura come un biopic o qualcosa del genere, bensì un progetto originale e unico per varie ragioni.

Non troppo pubblicizzata, ha, secondo quanto dichiarato dal cast, avuto successo grazie al “passaparola” degli spettatori che l’hanno trovata particolare e divertente.

La stranezza: parlare di teatro al cinema

La caratteristica peculiare di La stranezza, che pure ne ha tante, è quello che sembra volersi proporre come scopo. In un momento in cui veniamo dalle chiusure dei teatri e dei cinema, il film ci riporta all’embrione puro che genera la nascita delle storie: i personaggi e gli scrittori. In una sintesi (e mai antitesi) di teatro e realtà, ma che non risulta mai pesante.

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Anzi, la pellicola è sostanzialmente divertente, disincantata, sembra riprendere dalla commedia dell’arte e da quella di costume moderna gli elementi più originali e interessanti. Possiamo riscontrare una sintesi di tanti autori che del teatro hanno fatto un mestiere e una fortuna. Da Moliére la parodia di una società corrotta, da William Shakespeare il dramma d’amore ostacolato dalla famiglia, seppur qui parodiato e anche la presenza continua di spettri e spiriti a guida (come in Amleto o Macbeth), da Carlo Goldoni la furbizia di una donna che inganna, seppur senza cattiveria, gli uomini.

E poi, ovviamente, e soprattutto, c’è Luigi Pirandello.

La stranezza: il mondo siciliano attraverso il dialetto

Prima ancora di questa lodabile poetica, la prima cosa che salta all’occhio è la scelta di scrivere quasi tutti i dialoghi in siciliano, con dei sottotitoli presenti. Sappiamo bene che nell’immaginario questo dialetto è abbastanza conosciuto, e non è una novità che lo si adoperi. Non è questo che desta stupore, pensando anche a tutte le fiction incentrate su vicende della mafia, oppure al Commissario Montalbano che, tanto nei libri quanto nella serie omonima, presenta diverse espressioni dialettali.

La novità è tuttavia quella di concepire il dialetto come lingua principale e non solo come escamotage furbo per fare ridere o per creare la gag. Con La stranezza, si entra davvero dentro l’universo siciliano e pirandelliano. Ficarra e Picone sembrano essere stati al cento per cento se stessi, tirando fuori il loro essere siciliani doc, senza mai “macchiettizzare” la performance.

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Da un punto di vista della fotografia, la Sicilia non è banalizzata con panorami che già conosciamo, ma ne vediamo libri, scorci, attimi. I sottotitoli sono indispensabili per uno spettatore che non conosce il dialetto dell’isola, ma a volte è bene non leggerli e lasciarsi conquistare da foto e suono. A partire dal titolo, spiegato durante un suggestivo dialogo, che ha il suo senso solo grazie al legame col dialetto d’origine.

Una commedia teatrale che è umorismo

La stranezza racconta, in teoria, di due membri di una compagnia teatrale (fra i quali l’autore di un dramma) che si imbattono, non riconoscendolo, in Luigi Pirandello. Da questo momento si disgregano una serie di vicende sicuramente pirandelliane: il teatro nel teatro è la cornice di tutto il raccontare.

Sono vari gli esempi di questo: Pirandello che, come un autore in pieno blocco dello scrittore, “spia” da dietro le quinte i dilettanti della compagnia recitare, e lì rivede la verità delle persone reali, anche se durante un dibattito con il drammaturgo (Picone) accusa il teatro di falsità, goliardicamente. Verso la conclusione avviene poi l’impensabile: teatro e vita si uniscono in un groviglio caotico di sensazioni, risate ma anche profonda malinconia.

Il film sembra dipingere perfettamente l’idea di teatro pirandelliano e di umorismo, come se nel voler raccontare l’autore siciliano non si volesse puntare su una narrazione biografica dei fatti, e nemmeno su un unire poetica ed eventi personali (come si fa ad esempio ne Il giovane favoloso). Invece, con La stranezza si è scelta l’immediatezza della parola, il fascino del sipario, la complicità degli attori e degli autori per mostrare come Luigi Pirandello non sia un semplice autore, ma a lui corrisponda soprattutto tutto ciò che ha creato.

La stranezza

La stranezza è Sei personaggi in cerca d’autore

La conclusione del film sembra a un certo punto non arrivare mai: in preda a una funzionale suspense ci chiediamo esattamente dove si andrà a parare. La rivelazione finale è un po’ aspettata, ma resa bene grazie all’interpretazione di Toni Servillo. Dulcis in fundo, un magistrale Luigi Lo Cascio ci porta dentro al dramma capolavoro di Luigi Pirandello: Sei personaggi in cerca d’autore. Ecco perché si parlava di portare teatro nei cinema, poiché sono più i momenti di prove, di finzione, che i “dialoghi veri” in questo film.

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Eppure La stranezza ci insegna che sono veri anche e soprattutto i dialoghi del teatro. Storicamente accurata la reazione del pubblico alla commedia di Pirandello (davvero alla prima di Sei personaggi in cerca d’autore a Roma, come si vede nel film, ci fu un contrasto tra sostenitori e detrattori dell’autore), ancora più vera è l’idea centrale secondo cui anche e soprattutto la realtà corrisponde al pensiero di Pirandello.

Ogni fantasma, ogni creatura d’arte, per essere, deve avere il suo dramma, cioè un dramma di cui esso sia personaggio e per cui è personaggio. Il dramma è la ragion d’essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere.

(Prefazione di Luigi Pirandello al dramma Sei personaggi in cerca d’autore)

Sostanzialmente, tutto funziona in La stranezza: lo scopo, la resa, le interpretazioni, le suggestioni. E se pure qualcuno non ferratissimo su questo Premio Nobel avesse difficoltà a comprendere le citazioni di qualche scena, il film funziona ugualmente come invito alla lettura o misterioso sipario aperto che rappresenta le nostre maschere e i drammi che danno senso alla nostra esistenza.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni
Roby Antonacci
Roby Antonacci
Giornalista per Vanity Fair, collaboratrice per Moviemag, scrivo da sempre di cinema con un occhio attento a quello d'autore, una forte passione per l'horror e il noir, senza disdegnare i blockbuster che meritano attenzione.

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