Si può comunicare in molti modi, verbalmente o fisicamente; tutta l’arte in genere non è altro che un’inesauribile declinazione di approcci comunicativi che hanno ad oggetto il mondo, i valori, le relazioni. La Passion de Dodin Bouffant, dimostra concretamente che anche l’arte culinaria è un linguaggio pienamente degno, complesso, una tessitura di conoscenze ed un intreccio di codici artistici che regalano esperienze in grado di parlare per noi, attraverso la pratica dei fornelli.
L’arte culinaria come linguaggio artistico, scientifico e amoroso
Questa è la storia di uno chef profondamente innamorato della cucina e altrettanto profondamente innamorato di una donna, la cuoca della sua vita, che divenne la donna della sua vita, pur senza essere mai stata sua moglie.
Una complicità forte, mentale prima ancora che fisica, un alleanza di platino tra ceramiche e pentole in una cucina tardo ottocentesca circondata da un giardino-orto pieno di primizie naturali.
La Passion de Dodin Bouffant – Trama
Eugenie (Juliette Binoche) cucina Dodin (Benoit Magimel) inventa, mangiano insieme le più semplici e le più artificiose cose guardandosi negli occhi, ridendo, immaginando ricette e piani per le stagioni. La coppia organizza cene per amici fidati e cari, che riconoscono, ammirano e godono della loro arte, capace di allietare e colpire qualunque palato, potenziando i ricordi di esperienze piacevoli e comuni tramite quest’ abilità nel trasformare ed esaltare il cibo.
Dodin viene invitato ad un pranzo offerto dal principe dell’Eurasia in visita nel loro paese. Il pasto si rivela strabordante di lusso e sapori ed il ‘Napoleone della cucina francese’ decide di invertire la sfida e cucinare una cena per quella personalità eminente, esotica ed estrosa.
Ma Eugenie la spalla assoluta di prelibatezze, musa e braccio della sua creatività, ha una salute precaria: in questo particolare frangente si aggrava fino a spegnersi in una dolce e triste notte. Inizia l’operazione dolorosa, a cuore aperto, della ricerca di una sua impossibile sostituta.
La Passion de Dodin Bouffant – Recensione
La Passion de Dodin Bouffant, del regista Tran Anh Hung vincitore della Palma d’oro per la regia allo scorso Festival di Cannes, candidato per la Francia agli Oscar 2024 nella sezione miglior film straniero, presentato nella Best of 2023 alla 18. edizione della Festa del cinema di Roma, è un inno alle passioni che danno un carattere determinante ed unico alla vita, nonchè un’ode all’amore in sè, che non ammette paragoni con forze similari, ed ancora un omaggio a quella filosofia culinaria francese alla base della famosa nouvelle cuisine.
Cucinare è un atto d’amore rivolto a diversi obiettivi. Verso il cibo in sè di cui si studia ogni aspetto e reazione, verso la persona per il benessere della quale si produce nutrimento, verso se stessi perché cucinare offre appagamento ad un disegno personale dell’ anima oltre che al moto degli intestini, e, non ultimo, verso la bellezza perchè usare pentole e posate in un determinato modo è un esercizio di beltà.
Documento d’epoca e coreografia culinaria e atto d’amore
Lo è ancora di più guardando al carattere del film, per buona parte costruito con inquadrature in cui si cucina senza fare altro, quasi un documento d’epoca dettagliato e generoso su come avveniva quel rito al tempo, quanto lavoro, cura, dedizione, pazienza e rispetto comportava la stesura e la concretizzazione di tre portate per un pranzo, quale pensiero accompagnava la scelta, quale ordine.
Una disciplina riprodotta con fedeltà e gentilezza sullo schermo, in un susseguirsi di degustazioni per amici, per la donna amata, per diletto personale, per scopi di ricerca, poiché la cucina è anche una scienza e come tale viene ossequiata.
Disciplina, dettagli e chimica tra protagonisti ex-compagni nella vita
Magnifica la cena offerta da Dodin ad Eugenie appena ristabilita dopo una delle sue crisi di salute: è l’uomo che parla alla sua donna attraverso le portate, portate pensate, dedicate ed impiattate solo per lei. Uno scambio di “amorosi sensi” nel gusto, teneri, commoventi, per due spiriti e due corpi gemelli, non solo nella finzione.
La Binoche infatti si è ritrovata a lavorare al fianco superbo ed emozionato di Magimel, suo ex compagno, con cui condivide anche un figlio. Di qui la forte chimica e il trasporto tra le loro interazioni, anche e soprattutto quelle mute e comportamentali, dalle quali sembra di poter scorgere qualcosa in più, sguardi che partono da lontano e movimenti più densi, di una profondità intima e consapevole.
Gestualità, pratiche e sequenze provate e ricostruite
La verità dei loro sentimenti risorge e viene ritrasmessa a distanza di tempo in occasione di questo film, addolcendo i suoi contorni e permettendo ai due interpreti di ri-avvicinarsi ancora di più sia sul set che nella vita. Una sorta di riconciliazione con tanto di emotività mai espressa come salubre effetto collaterale del film.
La gestualità è stata studiata in ogni particolare: c’è un ordine da seguire e riproporre, una sequenza di pratiche culinarie architettata in prova e riprodotta nei piani sequenza sorprendenti e nelle lunghe inquadrature tra i fornelli. E’ un vero e proprio linguaggio, preciso e seducente perché il cibo ha a che fare con la seduzione e cucinarlo è una lunga coreografia d’amore.
La Passion de Dodin Bouffant – Cast
L’esperienza, a detta della stessa Binoche è stata molto forte, e dopo una revisione della sceneggiatura in cui il ruolo di Eugenie veniva maggiormente attenzionato, la sintonia con il regista è diventata incrollabile.
I due artisti infatti si sono più volte cercati negli anni per poter lavorare insieme, trovandosi infine su questa storia imponente, peculiare e sentimentale, a suo modo radicale, molto legata all’arte della recitazione.
Analogia tra arte culinaria ed arte recitativa
Infatti alla stregua delle indicazioni di uno chef si creano piatti nuovi e personali, un po’ come il lavoro messo in campo dall’attore, dietro indicazioni del regista: creare in due è sempre meglio che creare da soli, comporta un ascolto non solo verticale, ma anche orizzontale; e sia la recitazione che la cucina permettono questo tipo di dinamica virtuosa.
Inoltre, come precisato dalla stessa protagonista, Tran Ahn Hung ama la cura nel cinema, i dettagli, girare è amare, per cui c’è attenzione ad ogni particolare dalle suppellettili alla scelta della parte alimentare, dalla ricostruzione dell’interno alla luce esterna del giardino-orto: è un film dedicato alla moglie di cui l’artista è profondamente innamorato e con cui lavora insieme, quella cucina era un po’ il loro luogo, con le loro regole, perciò abitarla e farla riviverla è stata un’intensa emozione.
Amore, vita e morte: i vettori uragano della storia
La Passion de Dodin Bouffant trasporta in una dimensione parallela, elegante, intimamente francese, delicata, poetica, è una malinconica carezza alla vita e alla morte, due vettori che attraversano – non solo endemicamente – tutto il film come uragani solari, strazianti e inevitabili.
Magimel è imponente, magnetico e completamente immerso nelle sue due passioni complementari, il cibo e la donna della vita. La Binoche tiene testa a cotanta superbia con la naturale dolcezza e determinazione che le pertiene, una donna indipendente, capace e bella, che non ha bisogno di un anello al dito perchè le sia riconosciuto un marito o per permettersi l’amore della sua vita.
La Passion de Dodin Buoffant è un opera difficile da dimenticare, forse perchè più che ad un film assomiglia ad un arazzo vivente, tematicamente stretto, ricco, sorprendente; è un atto cinematografico performativo, che richiede rigore, coraggio e cuore molto, molto grande.
La Passion de Dodin Bouffant – Trailer