Quando nel 1973 arriva nelle sale La maman et la putain di Jean Eustache il panorama politico e culturale in Francia e nel mondo era in evoluzione. Un’evoluzione che da una parte ancora si muoveva sull’onda degli stravolgimenti del ’68 e dall’altra prendeva una direzione totalmente differente. Dal punto di vista cinematografico, la Nouvelle Vague e i suoi protagonisti sembravano aver seguito lo stesso percorso. Il regista del film, Eustache, entrò in contatto con i suoi fondatori, ma ebbe una carriera molto più breve e difficile rispetto agli altri. L’opera rappresenta tanto una prosecuzione con altri mezzi di quel periodo artistico, quanto una sua – involontaria – fine.
La maman et la putain – trama e cast
Protagonista di La maman et la putain è il volto probabilmente più emblematico di quel periodo, Jean-Pierre Léaud. L’attore interpreta Alexandre, giovane sfaccendato che passa le sue giornate tra le vie e i locali di Parigi. Reduce da una delusione d’amore, vive in casa – e a spese – di Marie (Bernadette Lafont) di qualche anno più grande di lui. Il rapporto con la donna oscilla tra momenti di tenerezza, il racconto delle esperienze con altre persone e qualche scenata di gelosia. Durante una delle sue solite giornate in giro per Parigi, Alexandre incontra Veronika (Françoise Lebrun), una giovane infermiera. La relazione tra i due procede tra alti e bassi, scatenando talvolta le gelosie dell’altra donna, Marie.
Veronika finisce per stabilirsi in casa di Marie, dando vita a un triangolo sentimentale che spesso esplode. I tre personaggi, infatti, passano da momenti di armonia ad altri di forte contrasto tra di loro. Un evento molto importante finirà per rompere questo sodalizio, mettendo soprattutto Alexandre di fronte alle responsabilità della vita da cui si è sempre rifugiato. Il film è girato in bianco e nero, con una durata di circa 210 minuti.
La maman et la putain – la recensione
Considerato da una parte della critica come uno dei film migliori della storia, La maman et la putain è un film dalla durata fluviale. Altrettanto copiosa è la sceneggiatura, ricca di dialoghi e anche di monologhi dei personaggi che tengono la parola per un tempo superiore all’abituale. Eustache ha realizzato la sua opera più importante affidandosi soprattutto a Jean-Pierre Léaud, interprete di un personaggio magniloquente e allo stesso tempo respingente. Alexandre è indolente e allergico a qualsiasi forma di impegno tanto nella vita sentimentale quanto in quella sociale e lavorativa. Questi rappresenta una figura maschile che cerca un modello femminile stereotipato, che possa vivere in funzione di quelle che sono le sue necessità e volontà. Léaud tiene il centro della scena come spesso gli accade nei panni dell’Antoine Doinel dei film di Truffaut, un personaggio da cui mutua determinate caratteristiche.
La maman et la putain trae origine da una vicenda autobiografica del regista, che forse per questo assume un tono moralistico verso i suoi personaggi. Un altro elemento fondamentale del film è quello degli ambienti e degli spazi. Tra i cafè parigini e la casa di Marie si consuma pressoché tutta la storia e gli ambienti assumono una specificità nella narrazione. Se nei cafè vediamo Alexandre relazionarsi col mondo esterno con fare spavaldo, tra le mura di casa spesso vediamo le sue certezze crollare, i suoi atteggiamenti modificarsi. Il film si anima anche di una forza retorica non secondaria contro la contemporaneità che i protagonisti sembrano voler fuggire. Allo stesso tempo però essi sono il frutto stesso di questa contemporaneità.
La lezione dei padri
Seppur solo di qualche anno più giovane rispetto a Truffaut, Godard e altri esponenti della Nouvelle Vague, Eustache ne è in un certo senso un erede. Arriva a realizzare La maman et la putain quando i registi di quel movimento si sono già affermati e hanno rivolto anche lo sguardo altrove. È lo stesso anno, tra l’altro in cui Truffaut arriva nelle sale con Effetto Notte. Un tema che sembra rimanere comune a questi autori è quello delle relazioni sentimentali. Ma di queste si va a mettere in luce l’ipocrisia e la menzogna. Come i movimenti culturali avevano messo in discussione la famiglia e l’idea di coppia, così nei film si traduce in relazioni fedifraghe, aperte, triangolari. È poi la sensibilità di ogni autore a determinarne la specificità, ci troviamo con questo film in qualche modo all’opposto de L’amore il pomeriggiodi Rohmer.
Eustache sembra interessato a realizzare un film tanto personale quanto dal forte impatto artistico. Niente nel suo lavoro vuole tendere verso il naturalismo, che non significa però assenza di realtà. Tutto in La maman et la putain mira al teatrale, è – a conti fatti – un film torrenziale. Si impegna a coprire tutte le possibilità dei sentimenti e delle relazioni. È un film scomodo come i suoi personaggi, verso i quali sembra difficile sviluppare una forma di empatia, tanto più verso il protagonista. Il lento declino dei sentimenti innerva lo sviluppo dell’opera. Quella che all’inizio sembra una commedia, scivola via via verso il dramma e l’irreparabilità. Un cambiamento che è testimoniato anche dalla clausura, involontaria e sconosciuta, in cui finiscono i personaggi.