La fiamma del peccato, in originale Double Indemnity, è un film scritto e diretto da Billy Wilder, tratto da un romanzo di James M. Cain. Un capolavoro di scrittura e sceneggiatura ad opera anche di Raymond Chandler, considerato uno dei primi esempi di cinema noir.
A partire dalla scrittura fino alle ambientazioni, La fiamma del peccato si mostra come frutto di un lavoro meticoloso e certosino, in grado di tenere incollato lo spettatore fino alla fine. Espedienti tipici del cinema di Billy Wilder si riuniscono in un vero e proprio capolavoro, ancora oggi amatissimo e citato. Studiato anche a livello universitario per comprendere i profondi meccanismi che hanno dato vita a questo prezioso gioiello del cinema.
La fiamma del peccato e l’esistenzialismo del noir
Il primo aspetto fondamentale di una vicenda dalla trama apparentemente semplice sta nel tipo di atmosfera che sa creare. La fiamma del peccato rappresenta a pieno le caratteristiche del noir, un genere anomalia della forma classica che solo in apparenza riportava l’atmosfera Hollywoodiana. Da essa, il noir trae qualcosa di più oscuro. A partire dalle tecniche narrative, che La fiamma del peccato mostra: tutta la vicenda parte con un flashback del protagonista, in una sequenza non lineare cronologicamente ma ricostruita alla perfezione.
La messa in scena di Double Indemnity è particolare ed è bene parlarne riferendosi a esso anche con il titolo originale. È la doppia indennità il fil rouge che lega la vicenda: un agente assicurativo si fa convincere da una donna a uccidere il marito proprio per ottenere la doppia indennità, ovvero un’assicurazione molto cospicua per gli infortuni. È proprio il protagonista, Walter Neff, interpretato da Fred MacMurray, a raccontare al dittafono la sua tristissima e tragica vicenda.
L’ambientazione è cupa, tipica del noir, sia da un punto di vista visivo sia per le vicende è tutto fortemente opaco. La soggettiva, di cui Billy Wilder fa eccessivo ma brillante uso, ci introduce in un contesto particolare e unico. Il punto di vista dell’essere umano e i dilemmi morali della sua esistenza. L’esistenzialismo sempre presente nel noir qui raggiunge il massimo della sua resa, in sequenze e dialoghi ragionati quanto impressionanti, imprigionanti, evocativi. I dialoghi sono in gran parte opera proprio di Chandler, che oltre a essere uno sceneggiatore è anche scrittore. Wilder e Chandler si sovrappongono nella loro scrittura, essendo il primo un grande rielaboratore di trame con vari espedienti (come il travestimento, che vedremo) e il secondo un brillante scrittore di dialoghi. Anche la scrittura è in sé assai modernista.
La figura della dark lady e il topos del travestimento
Al centro di tutto c’è l’archetipo di un personaggio che sarà presente nella storia del cinema: la dark lady. La donna che con l’arma della seduzione non si fa scrupoli a manipolare gli uomini, stregati da lei e che si risvegliano troppo tardi da un sonno per loro letale. Ne è un esempio Maddalena Paradine nel capolavoro di Alfred Hitchcock Il caso Paradine, uno dei pochi noir a lieto fine. Fu lo stesso Hitchcok a dire: Dopo La fiamma del peccato, le due parole più importanti nel mondo del cinema sono “Billy” e “Wilder”.
Phyllis, la donna che ordisce l’inganno, rappresenta uno dei migliori cattivi della storia del cinema: è gelida e cupa come la fotografia e le atmosfere del film. Lascia compiere il male ai suoi amanti e rimane in disparte a manovrare uno spettacolo macabro, in cui le maschere sono psicologiche ma anche letterali. Come in A qualcuno piace caldo, dove troviamo il travestimento di due uomini in donne, anche il protagonista maschile si traveste.
L’inganno è un leitmotiv che rende il thriller accattivante e impedisce allo spettatore di staccarsi dallo schermo. Catturato dalla vivacità dei personaggi e dalla verosimiglianza dei dialoghi e delle situazioni.
La fiamma del peccato, dal libro al film
Il film di Billy Wilder è tratto, come detto, da un romanzo di James M. Cain che apprezzò tantissimo la pellicola. Non è importante, per quanto rilevante per la storia della letteratura, l’innegabile talento di Cain, tuttavia è interessante comprendere il ruolo del regista e sceneggiatore nella trasposizione del libro. Quando i lettori più accaniti si lamentano delle differenze tra libro e film, sembrano non capire che certe dinamiche possono funzionare sulla pagina, ma meno sullo schermo. Ad esempio lunghi “spiegoni” riguardo ai pensieri dei personaggi. Per questo motivo, nel cinema i grandi sceneggiatori ricorrono a correlativi oggettivi, ovvero oggetti che rappresentano pensieri e motivi astratti. Ne è un esempio, per restare nell’ambito di Billy Wilder, lo specchio rotto in L’appartamento.
Nel caso del romanzo di Cain, è strutturato in maniera diversa rispetto al film: il secondo inizia con la confessione del protagonista, che tramite voice over in un lungo flashback racconta la sua storia. Invece, il romanzo di Cain seguirà un andamento più lineare, dall’inizio alla fine, il finale sta alla fine come dovrebbe essere cronologicamente. Nel cinema è più funzionale, soprattutto nel noir, invertire le cose per non rendere la visione pesante, la voice over in ciò gioca un ruolo essenziale.
Pensando a un altro capolavoro, anche Quarto potere comincia dal finale per poi ripercorrere tutta la vicenda del protagonista. Anche il finale della vicenda in generale, al di là del flashback, Billy Wilder lo semplifica per lasciare più spazio alle dinamiche e ai dilemmi morali dei personaggi. In una struttura che gioca su continui tradimenti: il tradimento della dark lady, interpretata da Barbara Stanwyck, Phyllis, del marito e la cospirazione per ucciderlo. Il protagonista Neff che tradisce l’amico fidato e collega Keyes e infine la stessa Phyllis che tradisce anche lui.
L’oscurità dell’animo umano
Tuttavia, alla fine, Neff non se la sentirà di fare del male anche all’amante della donna che ama, mostrando un unico grande momento di fibra morale in una storia che essendo noir non può avere un perfetto lieto fine. Un sentimento che consiste nella sua confessione e nel pentimento, una ricerca di redenzione che avviene nell’ultimo gesto di accensione della sigaretta con Keyes.
Il personaggio di Keyes nel romanzo non c’è né è rilevante l’idea del tradimento a un collega, nella sceneggiatura ha un ruolo preponderante anche a livello simbolico. Oltre a costituire il principale elemento di suspense nella vicenda, in quanto è lui sempre a sospettare della donna e infine dell’amico, la sua presenza in alcune scene in particolare è fondamentale. Infatti, l’accensione della sigaretta da parte sua nel finale all’amico è un momento iconico della pellicola, ne costituisce il principale correlativo oggettivo, insieme a fiammiferi e accendini in generale.
L’intreccio si disgrega attraverso immagini e musiche, ma soprattutto con dialoghi incalzanti e spesso volutamente ripetitivi. Il film mostra tradimenti, inganni, il desiderio del denaro contrapposto all’amore passionale e una vena nichilista di fondo. Ci sono pochissimi barlumi di luce nell’animo umano, sembra dalla pellicola, che indaga nell’oscurità con profonda capacità e arte.