HomeRecensioni FilmLa doppia vita di Veronica: la metafora del doppio di Kieślowski

La doppia vita di Veronica: la metafora del doppio di Kieślowski

Nel 1991 Krzysztof Kieślowski dà vita alla sua opera più enigmatica. Subito dopo il Decalogo (1988) e poco prima della meravigliosa Trilogia dei ColoriFilm blu, Film bianco, Film Rosso (1993-1994), il cineasta polacco scrive e dirige La doppia vita di Veronica, una narrazione ipnotica delle vite di due donne che scorrono parallele, sembrano interconnesse e si sfiorano, a volte.  Un affresco su pellicola che, con la sua fotografia impeccabile, avvolge e trasporta in un’atmosfera quasi onirica, che accompagna lo spettatore in una profonda riflessione sulla natura imprevedibile e complessa del destino umano.

La doppia vita di Veronica

La doppia vita di Veronica – La Trama

Le protagoniste, Weronika e Veronique (interpretate magistralmente da Iréne Jacob, miglior interpretazione femminile al Festival di Cannes 1991), sono due cantanti liriche. Entrambe cardiopatiche, nate lo stesso giorno in due città diverse. Il film si apre con la vita di Weronika. Innamorata del canto e non curante della sua malattia, persegue la sua carriera, andando incontro a una morte prematura, proprio il giorno del suo concerto. Poco prima dell’accaduto, mentre passeggia per la città s’imbatte in Veronique, una ragazza francese in vacanza a Cracovia, immortalandola in una foto. Un evento che sembra turbare Weronika più degli scontri violenti che stavano avvenendo nella stessa piazza in quel momento tra i manifestanti e la polizia. La vista della donna, così estranea ma stranamente familiare, disorienta Weronika lasciandole una sensazione di confusione che l’accompagnerà fino al giorno della sua tragica morte.

Dalla scena del funerale la macchina da presa si sposta su Veronique che, nello stesso momento, anche se ignara della tragedia, viene raggiunta da un inspiegabile senso di smarrimento. Questo avvenimento la spinge a interrogarsi sulla sua vita: inizia così un viaggio nell’interiorità della donna. Veronique scopre di soffrire di una grave insufficienza cardiaca che la spinge ad abbandonare la lirica, continua però a insegnare in una scuola di canto.

Un incontro chiave

Qui incontra Alexandre (Philippe Volter), un burattinaio che la incanta con il suo spettacolo di marionette. Lei ha scelto di vivere e di innamorarsi pur non conoscendo nulla del suo amato. Sarà proprio lui che, tra un alternarsi di telefonate anonime e regali di cassette musicali, le permetterà di conoscere il suo doppio.  Sfogliando l’album fotografico di Veronique, Alexandre le fa notare una foto nella quale sembra riconoscerla. Verosimilmente è quella scattata da Weronika nel loro inaspettato incontro a Cracovia. Si tratta della ragazza o piuttosto di una parte di sé che ha perso o non ha mai conosciuto? 

La doppia vita di Veronica

La doppia vita di Veronica – La Recensione

Queste e tante altre le domande che insistono nel finale. Che si tratti di un sogno, della vita di due gemelle separate dalla nascita o di un disturbo dissociativo della protagonista,  La doppia vita di Veronica è un’opera elegante, delicata, a tratti impenetrabile. Due donne, un volto: è la metafora del doppio indagata da Kieślowski con una narrazione non lineare che trascende il tempo e lo spazio. E che porta lo spettatore a interrogarsi sull’esistenza di un legame universale che va oltre la comprensione umana.

Qui il tema dell’interconnessione, molto caro al regista polacco, è più che mai portante. Kieślowski segue, con sguardo intimo, le vite quotidiane dei suoi personaggi, come Alexandre fa con Veronique e grazie al quale lei stessa riesce a esplorare se stessa. Il film segue l’effetto dello sliding doors, con l’intento di mettere a fuoco come ogni decisione, anche quella apparentemente più irrilevante, possa alterare il corso delle nostre vite. La pellicola si muove tra due grandi costanti dell’esistenza: la continua ricerca di sé e la consapevolezza di non potersi opporre al destino. Una condizione ben espressa della marionetta tra i fili del burattinaio, come quella che somiglia a Veronique costruita da Alexandre.

Un’opera che disorienta nel suo raccontare senza dare spiegazioni

Tra i silenzi e la profondità degli sguardi, ne La doppia vita di Veronica si scorge tutta la maestria del regista polacco nel comunicare con l’immagine. La macchina da presa osserva tutto ciò che accade attraverso gli specchi, le tende e gli angoli più appartati. Per un gioco magnetico di riflessi e penombre sui toni del verde acido, del rosso e del giallo ocra. Il tutto unito a un simbolismo estremamente  evocativo. A partire dal filo di tessuto trovato da Veronique nella spazzatura che sembra essere lo stesso che Weronika stringeva durante i suoi esercizi di canto e la vecchietta che la ragazza guarda dalla finestra, la stessa che vedremo dopo qualche anno nella Trilogia dei colori.

E ancora: la bambola abbandonata a terra che sembra assomigliare a quella creata da Alexandre per Veronique. Fino a ritornare alla scena iniziale, dove la bambina regge una foglia in mano mentre suo padre le spiega le venature. Relazione padre-figlia che ritroviamo nell’ultima scena con Véronique che accarezza l’albero.

Un gioco di indizi e richiami con cui Kieślowski ha ‘dipinto’ un mondo senza certezze né coordinate ma mosso da infinite, invisibili connessioni tra gli esseri umani.  Un finale di certo aperto, che non vuole chiarire ma solo raccontare la complessità delle relazioni e delle forze che muovono le nostre vite. Un’opera che prende per mano e accompagna in una profonda riflessione su quanto l’esistenza sia un affascinante e imprevedibile viaggio verso l’ignoto.

La doppia vita di Veronica – Il Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Un’opera ipnotica, intensa “di pure emozioni” nella definizione del suo stesso autore. Ne La doppia vita di Veronica ,Krzysztof Kieślowski esprime, con una narrazione poetica e una rappresentazione visivamente suggestiva, l’ineluttabilità del destino e le connessioni emotive e spirituali che collegano ogni essere umano.
Valeria Furlan
Valeria Furlan
Sognatrice per professione, narratrice nel tempo libero, vivo di cinema, scrittura e tè alla pesca. Completamente persa in Antonioni e nell'estetica della Nouvelle Vague, vorrei vivere in un film di Wong Kar Wai e non rifiuto mai un bel noir

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