Nel 1974 Francis Ford Coppola vince la sua prima Palma d’oro al Festival di Cannes con La Conversazione. Per il regista la seconda affermazione sulla Croisette arriverà cinque anni dopo con Apocalypse Now. Coppola nel 1974 era reduce dal successo del primo capitolo de Il Padrino, in pochi hanno segnato gli anni ’70 come lui. Considerato da molti tra i migliori film del regista, con il supporto di un cast eccezionale, tra nomi già affermati e future stelle del cinema. Protagonista assoluto è Gene Hackman, già premio Oscar per Il braccio violento della legge. Al suo fianco troviamo Allen Garfield, John Cazale, Robert Duvall, Tery Garr e un quasi esordiente Harrison Ford. La conversazione ottenne nel 1975 tre candidature ai Premi Oscar, senza vincerne però alcuno.
La conversazione – Trama
Harry Caul (Gene Hackman) è un investigatore privato a San Francisco, esperto nelle intercettazioni. A causa del suo lavoro, Harry ha una forte ossessione paranoica per la privacy e la sua sicurezza. È per questo motivo che il suo appartamento è pressoché privo di arredamento e dotato di una tripla serratura. Allo stesso modo, il centro operativo delle sue azioni è recintato all’interno di un anonimo capannone. L’uomo tenta in ogni modo di tenere segreta la sua vita privata, anche con i suoi colleghi. L’unico svago che si concede è quello di suonare il sassofono in casa sua. L’eccessiva attenzione per la privacy lo porta a scontrarsi anche con i suoi colleghi, che non ne condividono i modi.
Harry riceve la telefonata da uno studio per conto de Il Direttore (Duvall) di cui non verrà mai rivelato il nome. Qui si interfaccia soprattutto col suo assistente Martin Stett (Harrison Ford) dal quale riceve le informazioni sulla missione. È chiamato quindi a seguire una coppia, impegno che si rivela arduo. Col passare del tempo scopre che sta seguendo la moglie del direttore, Ann (Cindy Williams) e il suo amante Mark (Frederic Forrest). Ascoltando la conversazione tra i due Harry capisce che potrebbero essere in pericolo. Per la prima volta nella sua carriera sembra trovarsi ad affrontare i rimorsi della coscienza e decide di agire. In realtà, la storia si rivelerà molto più complessa di come egli stesso aveva immaginato. Il crescendo della tensione si risolverà nel finale in cui troviamo il protagonista suonare il sassofono nel suo appartamento distrutto.
La conversazione – Blow up e il Watergate
Coppola non ha mai fatto mistero di aver tratto ispirazione nella realizzazione de La Conversazione dal capolavoro di Antonioni, Blow Up. Il film del 1966 segue in un certo senso lo stesso fil rouge di questo. Allo stesso modo, gli anni ’70 sono quelli delle grandi rivelazioni grazie alle intercettazioni, specialmente negli Stati Uniti col Watergate. Coppola dichiarerà più tardi di aver appreso con sua sorpresa che lo staff di Nixon utilizzava la stessa strumentazione del film per spiare i rivali. Il film scorre nella sua riflessione tra gli strumenti di controllo che emergevano sempre più forti e l’etica dell’uomo. Harry Caul sembra un uomo intangibile all’inizio del film, imparziale rispetto ai destini delle persone che ascolta. Il coinvolgimento per la vicenda centrale del film coglie di sorpresa lui per primo. Una sensazione che viene restituita alla perfezione dall’interpretazione di Hackman.
Harry Caul è un personaggio tragico che forse tramite quella vicenda tenta di purificarsi anche dalle sue azioni passate. Smessi i panni del giudice imparziale si ritrova coinvolto in un turbinio di eventi che finisce per travolgerlo. C’è naturalmente anche una riflessione più generale, politica, che La conversazione esprime. Sono gli anni ’70 e Coppola attraverso il suo cinema pone dei temi di rilievo anche sociale come il tema della sorveglianza. Quali sono i limiti del controllo? Il film non ha le risposte a queste domande e neanche deve averle, si limita a porle e rappresentarle. Vengono qui trasferiti sul piano particolare della vita di un grigio investigatore quelli che sono argomenti di portata più ampia. È questa la modalità che il cinema di Coppola utilizza per mettere in luce quei punti oscuri del mondo che a un regista tocca analizzare.
Ispirarsi e ispirare
Come già scritto Coppola ha ammesso il debito di questo film nei confronti di Blow up. Allo stesso modo sono molti i film che in modo più o meno diretto fanno riferimento a La conversazione. Come non vedere, per esempio, dei riferimenti nell’agire e nella conclusione della storia in un film come Le vite degli altri. Allo stesso modo di Harry anche qui il protagonista si lascia coinvolgere dalla storia di chi intercetta, finendo per intervenire. Allo stesso modo scopre di non essere il solo a sorvegliare e punire, come direbbe Foucault, chi agisce in modo difforme alle consegne.
Nel corso di tutta la sua carriera Coppola non si è mai troppo preoccupato dei rischi. O meglio: ha deciso di assumersi i rischi di essere un cineasta a tutto tondo, tanto da diventare un maestro per molti. Non si sa se questo è il destino che toccherà anche a Megalopolis, ultima sua fatica. Di certo si può dire che il regista sia stato in grado di precedere le forme e i temi del racconto cinematografico. Questi, affondando saldamente le radici nel grande cinema classico, ha inventato una forma di cinema ineguagliabile. In un’arte che sembra andare sempre di più verso l’uniformità, sono forse ancora i Coppola a fornirci le indicazioni di una strada diversa.