Nel sempre crescente sviluppo di Netflix il 2019 è e sarà per sempre l’anno di una ricorrenza importante. Infatti è sbarcato sulla piattaforma lo scorso 15 novembre il primo film d’animazione prodotto dalla stessa, e intitolato Klaus-I segreti del Natale. Il film è un prodotto della mente e della matita dell’animatore spagnolo Sergio Pablos. Già, la matita, perché il regista, che negli anni ’90 ha fatto parte dei team creativi di alcuni dei più grandi classici Disney del decennio e non solo (da Il Gobbo di Notre-Dame a Tarzan passando per Hercules), ha sviluppato il progetto proprio a partire da questo presupposto: l’animazione del passato, fatta di disegni che venivano letteralmente animati, è migliore di quella di oggi, progettata e sviluppata interamente al computer. Pertanto, una volta lasciato il suo posto dalla casa di Topolino, ha deciso di sviluppare un cartone animato “vecchio stampo”, con la speranza di poter rilanciare questa straordinaria tecnica troppo in fretta abbandonata dalla quasi totalità delle case produttrici specializzate nel settore.
E’ nato così Klaus-I segreti del Natale, piccolo gioiello che potrebbe anche essere protagonista alla prossima edizione degli Academy Awards nella categoria di miglior film animato (la data d’uscita di Netflix è da leggersi, in questo senso, come strategica). La storia vede protagonista il giovane e viziatissimo Jesper. Figlio del presidente della Regia Accademia Postale, egli irrita tutti i suoi “colleghi” postini con la sua pigrizia e le sue continue pretese, e il padre, deluso da tale indolenza, per punizione lo spedisce come addetto postale nel villaggio di Smeerensburg, nel circolo polare artico. Se vorrà tornare ai suoi agi e ai suoi capricci, dovrà smistare almeno seimila lettere in quel luogo, con un anno di tempo. Fin dal suo arrivo sull’isola Jesper si rende conto della difficoltà del suo compito: il luogo, oltre a essere estremamente inospitale tra il freddo e la nebbia, è popolato da due fazioni in lotta continua, i Krum e gli Ellingboe, che passano le loro giornate a farsi la guerra, senza minimamente pensare a scambiarsi delle lettere e nemmeno all’istruzione dei loro figli (la scuola è stata adibita a pescheria dalla stessa maestra Alva). Dopo alcuni mesi di nulla di fatto, però Jesper conosce il solitario boscaiolo Klaus. Visto che il vecchio costruisce giocattoli, Jesper dice ai bambini del paese che scrivendo una lettera al magico Klaus, avrebbero ricevuto in dono, il mattino dopo, degli splendidi doni. Nonostante la diffidenza degli adulti, Jesper riuscirà a ottenere effetti sorprendenti in tutta la comunità.
La storia e lo stile di disegno a dire il vero sono molto disneyani. E’ curioso il fatto che Pablos abbia proposto il progetto a molte case di produzione d’animazione senza trovare un mecenate che accettasse di portare Klaus nelle sale cinematografiche. Curioso e al tempo stesso piuttosto triste. Un film del genere sarebbe il perfetto cartone animato per famiglie in grado di poter avere un grande successo e un grande riscontro di pubblico, visto il tema natalizio, uno dei più amati da tutti. Lo stesso regista ha affermato che nessuna major abbia voluto rischiare per il fatto che la pellicola sfruttasse i metodi lavorativi sospesi all’incirca vent’anni fa, seppur essi fossero contornati da un uso sapiente della CGI. Infatti Pablos non si schiera del tutto contro l’uso della computer graphica nell’animazione, considerandola anzi un enorme alleato per ottenere determinati effetti, ma semplicemente contro un uso smodato di essa, che prevalga e in qualche modo sminuisca il disegno artigianale degli animatori. Infatti in Klaus-I segreti del Natale assistiamo a un perfetto equilibrio tra le due componenti, che rendono i suoi tratti inconfondibili, e che, si spera, farà scuola nel mondo dell’animazione anche destinata alle sale. In particolar modo, il disegno prevale nei personaggi, solo illuminati attraverso il computer, mentre la grafica digitale è assoluta protagonista negli sfondi e negli ambienti, molto spesso assai rarefatti per l’ambientazione nordica, ma anche probabilmente per esigenze di bilancio. In tutti i casi Netflix ancora una volta si è dimostrata molto lungimirante dal punto di vista produttivo.
Meritevole di attenzione e di applausi è soprattutto l’idea che sta alla base del film di Pablos. E’ sempre difficile affrontare il tema di Babbo Natale al cinema, sia nei film in carne ed ossa sia in quelli animati. I casi recenti di Le 5 leggende e Il figlio di Babbo Natale sembrano dimostrarlo. Il fatto è che quando si affrontano temi così vasti e “nazionalpopolari”, avere un punto di vista originale e stimolante è l’unico modo per non cadere nella banalità e quindi nell’insuccesso. L’idea di realizzare una sorta di origin story sul giocattolaio barbuto è risultata un colpo di genio e ha fatto di Klaus il film natalizio più innovativo degli ultimi anni.
Se poi ci aggiungiamo una morale anch’essa molto vicina a quelle di casa Disney, che vede nella massima “Un atto di generosità ne genera sempre un altro” la sua summa ideologica, allora il risultato non può che essere straordinario. Il film, in ossequio con la migliore tradizione dell’animazione, educa senza insegnare. Riesce infatti nel difficile compito di instillare nella mente e nell’animo dei bambini alcuni precetti virtuosi e assolutamente necessari al giorno d’oggi, senza assumere mai un tono troppo didascalico e moralistico.
L’accusa che spesso viene mossa contro Netflix è quella di non riuscire mai del tutto nella produzione di film. Se infatti nelle serie tv la piattaforma appare all’avanguardia e in grado di competere con i grandi network internazionali, dal punto di vista dei film essa ha spesso deluso, risultando eccellente solo con la produzione dei lavori dei grandi maestri (Cuaròn, Soderbergh, Scorsese), e lasciando molto spesso a desiderare in molte altre opere. Anche da questo punto di vista Klaus risulta assolutamente eccellente. E’ a tutti gli effetti un ottimo film, con una trama avvincente, uno sviluppo ordinato e di altissimo livello e anche fortemente convincente nella poetica del genere, con un grande equilibrio tra momenti divertenti e scene invece più riflessive e impegnate.
Il cast di doppiatori poi, che vede nella versione originale Jason Schwartzman nel ruolo di Jesper, J.K. Simmons in quello di Klaus e Joan Cusack in quello della signora Krum, e che nel doppiaggio italiano presenta nomi di spicco quali Marco Mengoni, Francesco Pannofino, Carla Signoris e Ambra Angiolini, fa il resto, rendendo il film eccellente anche sotto quel punto di vista.
Sergio Pablos è riuscito nel suo intento non solo perché ha visto produrre il suo progetto esattamente nei termini in cui l’aveva pensato, ma anche perché attraverso la piattaforma streaming, esso potrà arrivare nelle case di tutto il mondo. Da questo punto di vista il ricorso a Netflix in certi casi può essere una garanzia di successo migliore della sala, almeno per determinati film (non per The Irishman per capirci), e Klaus è senza dubbio uno di questi. Il suo metodo di lavorazione, che unisce artigianalità e modernità digitale (Pablos ha anche lavorato per la Illumination Entertainment) farà sicuramente scuola e rappresenta il futuro per questo genere. Vanno bene i computer, ma l’animazione deve appartenere prima di tutto agli artisti che disegnano e animano manualmente le loro creazioni. Si spera dunque che Klaus-I segreti del Natale possa rappresentare il futuro attraverso uno sguardo e una riflessione accurata sul passato.
Voto Autore: [usr 4]