Dopo aver esplorato il passato della Terra di Mezzo con la serie TV di Amazon Gli Anelli del Potere, il favoloso mondo creato da J. R. R. Tolkien torna con una nuova storia: Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim, film d’animazione del 2024 diretto dal regista Kenji Kamiyama (Blade Runner: Black Lotus e Ghost in the Shell: Stand Alone Complex).
Per la prima volta, il film adotta lo stile dell’animazione giapponese per rappresentare personaggi e ambientazioni tolkieniane, un universo che ha già riscosso straordinario successo nelle celebri trasposizioni cinematografiche di Peter Jackson, sia con la trilogia de Il Signore degli Anelli che con quella de Lo Hobbit.
Sebbene il film tenti di ricollegarsi alle atmosfere, al fascino e alla magia dei predecessori, fatica a trovare una propria identità. Più volte sembra quasi che, senza i riferimenti al mondo di Tolkien, non riesca a reggersi su una solida autonomia narrativa.
Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim: la Trama
La storia è ambientata circa 200 anni prima che Bilbo Baggins entri in possesso dell’Unico Anello (Lo Hobbit). A narrare gli eventi è Éowyn, un personaggio che i fan di Tolkien e della trilogia di Jackson riconosceranno immediatamente. Il racconto segue Héra, una giovane e coraggiosa aspirante scudiera di Rohan, figlia unica del re Helm Mandimartello.
Prima dell’inizio degli eventi della Guerra dell’Anello, un avvenimento scuoterà la tranquillità del regno di Rohan: il signore dunlandiano Freca giunge alla corte del re Helm, accompagnato dal figlio Wulf, amico d’infanzia di Héra.
La tensione esplode quando si annuncia il futuro matrimonio della giovane con un nobile di Gondor. Freca, con il pretesto di rafforzare i già fragili legami tra Rohan e Dunland, propone invece di darla in sposa a suo figlio, con l’intento segreto di rivendicare il trono. Wulf, innamorato di Héra fin dall’infanzia, vorrebbe sposarla, ma lei è determinata a vivere la propria vita in libertà, senza legami imposti. Questo innesca una serie di conflitti che porteranno alla distruzione del regno. La speranza di Rohan si concentrerà dunque su Héra, che, con la sua audacia e determinazione, cercherà di fermare la guerra e ricostruire le fondamenta del regno, ormai lacerato dalle battaglie e dalla violenza.
Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim: la Recensione
Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim nasce con l’intento di riportare i fan nel magico universo di Tolkien attraverso una prospettiva nuova: l’animazione giapponese. Sulla carta, questa scelta stilistica avrebbe potuto offrire una visione inedita della Terra di Mezzo, ma nella pratica il risultato non riesce a catturare l’essenza della saga. Il film, più che mantenere la solennità e il tono epico delle opere precedenti, assume le caratteristiche di uno shonen d’azione con una protagonista forte e determinata, ma meno aderente alle atmosfere tolkeniane.
La storia si concentra sugli eventi che precedono di circa 200 anni la guerra dell’Anello, riportando in scena Rohan e il Fosso di Helm, luoghi già resi iconici nel Signore degli Anelli: Le Due Torri. Tuttavia, nonostante il fascino del setting e il potenziale di un racconto legato alle appendici di Tolkien, il film fatica a trovare una propria identità narrativa. L’animazione, pur offrendo una qualità visiva notevole in diverse sequenze, non riesce a trasmettere l’epicità e il senso di incanto che avevano caratterizzato i film di Peter Jackson. Inoltre, la durata di poco più di due ore non consente un approfondimento adeguato dei personaggi e delle loro motivazioni.
La guerra dei Rohirrim: cosa funziona e cosa convince meno
Uno dei problemi più evidenti del film riguarda la caratterizzazione del villain, Wulf. La sua ossessione per la vendetta e i sentimenti contrastanti verso Héra vengono solo accennati, senza mai essere approfonditi fino in fondo. Questo rende le sue azioni spesso incomprensibili e prive di un reale impatto emotivo. Se da un lato la protagonista è ben caratterizzata, il resto del cast rimane in secondo piano, rendendo difficile per lo spettatore empatizzare con le loro vicende.
Un altro aspetto che solleva qualche perplessità è l’uso delle citazioni ai film precedenti. Se alcune sono ben integrate, altre risultano forzate e inserite solo per strizzare l’occhio ai fan senza un reale contributo alla narrazione. Un esempio evidente sono le battute degli orchi su Mordor e il Monte Fato, che appaiono poco coerenti con il tono drammatico del film e servono più a spezzare la tensione e a creare momenti di humor.
Il comparto sonoro, invece, rappresenta uno dei punti di forza del film. La colonna sonora riesce a evocare emozioni forti e ad arricchire le scene più intense, riprendendo in alcuni momenti i temi musicali della trilogia originale. Questo legame con le opere di Jackson aiuta a mantenere un filo conduttore con il passato, ma senza queste riprese la colonna sonora del film risulterebbe piuttosto anonima.
Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim: Il Cast
Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim vanta un cast vocale variegato, che unisce nuovi volti a celebri ritorni nel mondo creato da Tolkien.
Miranda Otto, già interprete di Éowyn nella trilogia di Peter Jackson, riprende il ruolo prestando la voce al personaggio. Gaia Wise dà vita alla protagonista Héra, mentre Luke Pasqualino (Snowpiercer) interpreta l’antagonista Wulf e Brian Cox (Succession) il potente re Helm Mandimartello.
A completare il cast vocale troviamo Lorraine Ashbourne (Bridgerton), Yazdan Qafouri, Benjamin Wainwright, Laurence Ubong Williams, Shaun Dooley (The Witcher), Michael Wildman, Jude Akuwudike, Bilal Hasna e Janine Duvitski. Il film include anche un emozionante cameo vocale del compianto Christopher Lee nei panni di Saruman. Grazie all’utilizzo di registrazioni inedite risalenti alle riprese della trilogia Lo Hobbit, il film rende omaggio all’attore, offrendo una sua performance autentica.
Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim: Conclusioni
Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim è un esperimento coraggioso che, però, non riesce del tutto a reggere il confronto con i suoi predecessori. L’uso dell’animazione giapponese non aggiunge particolari innovazioni alla narrazione, la durata limitata penalizza la caratterizzazione dei personaggi e l’impatto emotivo complessivo risulta attenuato. Nonostante ciò, il film offre comunque momenti spettacolari e un ottimo comparto sonoro, elementi che potrebbero renderlo apprezzabile da chi cerca un semplice ritorno nel mondo di Tolkien, senza però aspettarsi la stessa profondità e grandiosità delle precedenti opere cinematografiche.