Basato su un racconto di F. Scott Fitzgerald, Il curioso caso di Benjamin Button è un film fantasy sentimentale che racconta di un uomo nato nel crepuscolo della vita che regredisce gradualmente verso l’alba, in pratica sperimenta il naturale processo di invecchiamento al contrario. Diretto da David Fincher nel 2009, il film è stato candidato a ben 13 premi Oscar, portandone a casa 3 come miglior scenografia, trucco ed effetti speciali.
“Sono nato in circostanze insolite” è la linea di apertura de Il curioso caso di Benjamin Button. È un eufemismo dato dal fatto che Button (Brad Pitt) è nato delle dimensioni di qualsiasi altro bambino, ma con le caratteristiche avvizzite di un uomo sulla settantina. Mentre entra nel mondo, sua madre muore. Il tema del film, radicato nelle questioni della vita e della morte, è segnalato molto presto. Infatti il film inizia con un aneddoto di Monsieur Gateau (Elias Koteas) che illustra un modo in cui gli artisti reagiscono alle terribili realtà che li circondano. La presentazione pubblica di Gateau di un enorme orologio a ritroso che spera possa tornare indietro nel tempo per riportare in vita giovani soldati persi durante la prima guerra mondiale ha una risonanza cinematografica che risale a “Per la patria”, realizzato dal grande regista Abel Gance nel 1919, il quale sperava che la sua arte potesse impedire al mondo di tornare in guerra (con un tocco agghiacciante, arruolò veri soldati dalle trincee della prima guerra mondiale per interpretare i fantasmi degli uomini uccisi nella guerra che stavano combattendo). Ma la sceneggiatura di questo film sembra alleggerire tutto questo, basandosi piuttosto sul sentimento e sui cliché.
Seguendo Benjamin mentre si fa gradualmente invadere dall’età dell’infanzia, il film attraversa i decenni dalla New Orleans del 1918 al passato recente, poiché i bollettini televisivi segnalano l’avvento dell’uragano Katrina risalente al 2005. David Fincher dipinge un’immagine del sud degli Stati Uniti nei primi anni del 1900 che sembra sia realistica che fantastica. Come detto prima, la sua base è un racconto di F. Scott Fitzgerald, che a sua volta è stato ispirato dal punto di vista di Mark Twain, secondo cui la vita sarebbe infinitamente più felice se potessimo nascere all’età di 80 anni e avvicinarci gradualmente ai 18. Ma la vita sarebbe davvero più felice? Questa domanda sorge inevitabilmente nella relazione tra Button e la sua fidanzata d’infanzia, una ballerina di nome Daisy, interpretata da adulta da Cate Blanchett. La loro età si interseca in un momento molto romantico nella primavera del 1982, ma quando lui diventa più giovane e più bello, Daisy invece sta pian piano invecchiando. Sceneggiato dallo scrittore di “Forrest Gump”, Eric Roth, Il curioso caso di Benjamin Button ne condivide molti temi simili – perdita, amore e inarrestabile marcia del tempo – ma resta comunque unico. Soprattutto la relazione centrale tra Benjamin e Daisy offre un toccante, ma mai stucchevole, calore emotivo a questo caso davvero curioso. Abbandonato alla nascita da suo padre, Benjamin viene adottato prendendosi cura di Queenie (Taraji P. Henson), la custode di una casa di riposo in cui l’aspetto fisico del piccolo Button si adatta perfettamente. Qui sono veramente sorprendenti le similitudini tra bambini piccoli e anziani: sono dipendenti, hanno difficoltà a comunicare e non hanno il controllo completo sui loro corpi. Facendo eco al proverbio della mamma di Forrest Gump che “la vita è come una scatola di cioccolatini”, Queenie dice ripetutamente a Button “Non sai mai cosa ti aspetta”. Questa è un’osservazione molto preziosa, data la ricca serie di avventure rocambolesche che Benjamin vivrà.
Dopo l’oscurità a la ferocia di “Fight Club” e “Seven”, la terza collaborazione del regista David Fincher con Brad Pitt rappresenta un grande cambiamento di stile e tono. C’è una spaventosa simmetria nel processo di invecchiamento che Fincher illustra con un effetto inquietante nel film. La macchina digitale vede in profondità le ombre nel cuore di questa storia, la sua formidabile impassibilità lava via l’emozione da momenti centrali. Il fatto che il protagonista titubante del film sia interpretato da Brad Pitt, quell’esemplare macho dagli occhi azzurri di una bellezza dolcemente confinata, aggiunge alla sua minaccia implicita che siamo tutti sulla strada per fini decisamente meno attraenti. Oltretutto, il magico lavoro in digitale di invecchiamento a ritroso realizzata attraverso una tecnica così avanzata, rende persino difficile sapere dove la presenza fisica di Pitt si interrompe e il simulacro abilitato digitalmente prende il sopravvento. Eppure tutto questo aggiunge del freddo metafisico al film. La struttura dell’inquadramento che guida gli estesi flashback è banale e ovvia, ma Fincher non permette mai alla saga che si svolge, generalmente intrigante, di trascinarsi barbosamente per un tempo di esecuzione che è vicino alle 3 ore. La sua sontuosa produzione è adornata con alcune fantastiche inquadrature e il lavoro elaborato di trucchi e protesi di Greg Cannom è eccezionale. In conclusione, Il curioso caso di Benjamin Button è una favola esistenziale ed inquietante su un uomo non così tanto ordinario, sulle persone e sui luoghi che scopre lungo la strada, i viaggi che compie, gli amori che trova, le gioie e le tristezze in cui inciampa. Un film stravagantemente ambizioso, un dramma gravemente bello sui misteri dell’invecchiamento e sulla morte.