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I racconti di Parvana

Direttamente dallo studio irlandese Cartoon Saloon che ha creato i capolavori d’animazione The Secret of Kells (2009) e La canzone del mare (2015) arriva un altro splendido film animato, prodotto da Angelina Jolie. I racconti di Parvana, diretto dalla co-fondatrice dello studio Nora Twomey e basato sul famoso romanzo di Deborah Ellis, racconta la storia di una giovane ragazza afgana che vive con la sua famiglia a Kabul, sotto il regime dei talebani. Quando il padre viene ingiustamente arrestato, la famiglia rimane senza una figura maschile e la vita diventa quasi impossibile. Durante il governo talebano, infatti, gli uomini avevano il potere assoluto. La posizione delle donne aveva subito una drastica riduzione della libertà e la sfera dei diritti civili era praticamente azzerata. Senza un uomo (padre, fratello o marito), alle donne non era permesso uscire, fare acquisti, raccogliere l’acqua al pozzo. Pertanto, Parvana prende una decisione drastica, ma l’unica possibile: tagliarsi i capelli e vestirsi come un ragazzo per lavorare e sostenere la sua famiglia.

Siamo nel 2001, tra le aride montagne e i deserti di una terra distante, straziata, segnata da un secolare scontro di civiltà, l’Afghanistan, poco prima dell’inizio di una guerra scatenata dagli USA per ritorsione al tragico attentato alle torri gemelle. Parvana è solo una bambina di 11 anni, ma si ritrova improvvisamente adulta, ad essere una breadwinner, come ci ricorda il titolo inglese del film, che tradotto significa “sostegno alla famiglia” o ancora “colei che procura il pane per la famiglia”. Passare per un ragazzo permette a Parvana la libertà di acquistare cibo per la sua famiglia al mercato senza essere molestata o picchiata, di passeggiare liberamente per le strade con il volto scoperto e di andare alla ricerca del suo amorevole padre. La sua, purtroppo, non è una vita immaginata, ma è basata su testimonianze vere raccolte dall’autrice del libro nei campi per rifugiati pakistani. In questo superbo adattamento cinematografico, la regista Nora Twomey e la sceneggiatrice Anita Doron hanno conservato l’autenticità culturale del libro, ampliando la narrazione in modi avventurosi.

I racconti di Parvana

La storia di Parvana non è per niente una storia semplice, così come anche tutto il film che è ambizioso, ma premuroso e rispettoso, realizzato con enorme sensibilità. Un film che non ha trionfato agli Oscar 2018 solo perché battuto da Coco della Pixar, splendido e appassionante, ma molto diverso soprattutto per le tematiche trattate. I racconti di Parvana affronta la misoginia e lo sciovinismo dell’Afghanistan contemporaneo, ma di base è anche una forte storia di coraggio ed emancipazione femminile che ha qualcosa dello spirito ribelle della gemma franco-iraniana Persepolis di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud (2007). Le immagini sono straordinariamente belle. Lo stile dell’animazione è audace, elegante e nitido. Un’opera di straordinaria bellezza e di una forte influenza emotiva, arricchita anche da una splendida colonna sonora a tema afgano composta da Mychael e Jeff Danna. Nella sua potenza e nella sua avvenenza, il film ci ricorda che l’animazione può essere un mezzo espressivo tanto per i bambini quanto per gli adulti. A volte le storie calmano, a volte educano, ma soprattutto forniscono una finestra aperta sulle esperienze degli altri. E questo è il primo passo verso l’empatia, e quindi la comprensione.

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I racconti di Parvana

“Le favole rimangono nel cuore, quando tutto il resto se ne va”

Probabilmente se I racconti di Parvana fosse un film in live-action sarebbe praticamente insopportabile da guardare. Anche le scene di violenza dove la madre viene picchiata per essere stata scoperta in strada senza essere accompagnata da un uomo, sarebbero più dolorose. Non che vederlo in versione cartoon sia meno straziante, ma con l’animazione tutto diventa possibile. È come se, in qualche modo, l’animazione affievolisse le situazioni drammatiche donandogli un tocco leggero e fiabesco. Questo è possibile anche per la dimensione favolistica del racconto nel racconto che è stata inserita nel film. La regista, infatti, ha voluto introdurre una seconda linea narrativa nella storia. Evocata attraverso animazioni ritagliate a spirale, questi fili folcloristici si concentrano su un Re Elefante con zanne a spillo i cui giaguari dagli occhi rossi terrorizzano un villaggio. In questa storia spetta ad un ragazzo proteggere il futuro, qualcosa che può fare solo affrontando i demoni del suo passato. Le scene di questa fiaba sono in netto contrasto con i foschi neutrali delle strade acciottolate di Kabul, ma è una diversità che colpisce l’occhio e funziona. L’utilizzo di questa narrazione parallela, oltre ad offrire un senso di leggerezza, è efficace per far comprendere meglio le tradizioni e il folklore di un Paese che ha una storia millenaria da raccontare e anche per permettere alla protagonista una via di fuga, un’alternativa a quella triste realtà e a sottolineare il potere della narrazione, il potere di credere nelle storie come un balsamo per le difficoltà quotidiane.

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Un film d'animazione audace ed elegante. Un'opera di straordinaria bellezza e di una forte influenza emotiva che affronta la misoginia e lo sciovinismo dell'Afghanistan contemporaneo.
Maria Rosaria Flotta
Maria Rosaria Flotta
Laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sul cinema d'animazione. Curiosa, attenta e creativa. Appassionata di cinema, arte e scrittura.

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