Nel 1955 uscì nelle sale I diabolici (Les diaboliques) di Henri Georges-Clouzot, lungometraggio destinato a diventare un cult d’eccezione.
Il film è tratto è dall’omonimo romanzo noir della coppia di scrittori Boileau-Narcejac: Les Diaboliques (Celle qui n’était plus). Clouzot, reduce dalla realizzazione di Vite Vendute (1953) con Yves Montand, ne acquistò i diritti su consiglio della moglie Vera e lavorò all’adattamento assieme al fratello Jean (firmatosi Jérôme Géronimi).
Il lavoro a quattro mani, che impegnò i due sceneggiatori per circa diciotto mesi, apportò diversi cambiamenti alla vicenda narrata dal libro. Tra questi, in particolare, la location, l’invenzione dell’ambiente scolastico e il protagonismo giocato su due figure femminili, non come nel libro in cui la protagonista era una e una soltanto.
I diabolici: trama
La moglie (Vera Clouzot) e l’amante (Simone Signoret) del dispotico direttore di un collegio maschile a Saint Cloud complottano alle sue spalle per ucciderlo. Una volta assassinato decidono di liberarsi del corpo gettandolo nella piscina del cortile della scuola. Nei giorni che seguono Christina, la moglie, e Nicole, l’amante, per il rimorso e la paura di essere scoperte faticano a convivere con ciò che hanno compiuto. A complicare ancora di più la situazione contribuiranno l’improvvisa sparizione del cadavere e una serie di misteriosi avvenimenti.
Uno spietato giudizio morale
I diabolici è un’opera terribilmente cupa, un cruciale passaggio all’interno del percorso artistico del regista. La dedizione di Clouzot per la cruda rappresentazione di mondi violenti e privi di illusioni, sembra raggiungere qui il proprio apice.
Al limite della misantropia, il regista tratteggia dei personaggi egoisti, spinti esclusivamente dal tornaconto personale, pronti a tradire il prossimo e approfittatori. Niente giustifica le azioni riprovevoli commesse dai protagonisti e non vi è modo di sfuggire alla morsa del senso di colpa e della giustizia.
Il giudizio del regista si fa spietato. Come un dio profano crea disequilibrio e riporta all’equilibrio. Il commissario Alfred Fichet (Charles Vanel) si fa quindi metafora di un angelo laico, punitore, che agisce nel nome di una giustizia scientifica e razionale.
L’impressione è che nulla sia salvabile, ma non è così. Per non cadere preda di un pessimismo cosmico, Clouzot ripone la propria speranza nei bambini la cui innocenza fa da contraltare per tutto il corso della vicenda.
Un travolgente vortice di mistero
Crimini e storie di fantasmi si mescolano in un’atmosfera inquietante.
Intrigante e teso come un rasoio, I diabolici, è in grado di tenere saldamente incollato alla poltrona chiunque lo veda per la prima volta. I colpi di scena sono dietro l’angolo e lo spettatore si rende presto conto che nulla può essere dato per scontato e niente è come ce lo si aspetta.
Di pari passo, la macchina da presa seziona uno spazio in continua mutazione, che, con il passare dei minuti, assume connotazioni sempre più sinistre. Un climax ascendente, che riversa sullo spettatore sempre più angoscia e sempre più paura.
Ed è proprio quando ogni certezza è pronta a crollare sotto il peso dell’inspiegabilità che il film culmina in una sequenza finale brutale, rivelatrice e memorabile che svetta su una serie di momenti indimenticabili.
La capacità di muoversi tra i generi
Trainato da una sottile autorialità, I diabolici, si dimostra un film molto più complesso di come potrebbe apparire ad un primo sguardo.
Attribuirgli delle precise coordinate di genere sarebbe un errore, oscurandone il vero punto di forza. In questo senso rivela ben presto la sua natura più vera: una pellicola multiforme e ricca di sfumature, che si muove con estrema agilità tra stilemi e convenzioni di generi diversi.
Henri Georges Clouzot “non bada a spese”. Coglie ciò che può cogliere e stravolge ciò che può stravolgere.
Come un noir da manuale concentra la storia su un crimine commesso da gente comune per sfuggire alle oppressioni di una vita ordinaria. Fa propria la suspense e il terrore del thriller e dell’horror. Ripone l’attenzione sulle azioni compiute dai personaggi e rimarca l’importanza dello sguardo sugli oggetti, due tipici escamotages dei gialli deduttivi. Non disdice il gusto per il realismo dei romanzi hard-boiled d’oltre oceano e condisce gli ambienti col fascino di una lugubre decadenza tipico del gotico, specie nelle ultime scene.
Il rapporto di Clouzot con la Nouvelle Vague e Alfred Hitchcock
Proprio attorno a I diabolici è giusto aprire una riflessione su un paradosso che ha segnato la vita di Clouzot.
Sul finire degli anni cinquanta il suo nome finì tra quelli bollati dai componenti della Nouvelle Vague più radicale di eccessivo tradizionalismo. Non riconoscevano in registi come Clouzot un’autorialità degna di interesse e gridavano alla necessità di ravvivare il cinema francese con nuova linfa vitale. Al contempo, promuovevano la riscoperta dell’autorialità di registi fino a quel momento poco considerati in tali termini, come, Alfred Hitchcock.
Tuttavia, fu proprio il maestro della suspense uno dei colleghi che più riconobbe ne I diabolici le doti di un grande autore cinematografico. Non solo, Clouzot era riuscito ad anticiparlo nell’acquisizione dei diritti per il film, ma, secondo Hitchcock, era stato capace di realizzare un’opera così innovativa da esserne influenzato lui stesso.
Questa particolare situazione, che avvolge la figura di Clouzot, si erge a testimonianza della criticità di alcune posizioni estreme e provocatorie. Se la Nouvelle Vague elogiava l’autorialità di Hitchcock, il quale, a sua volta considerava la propria autorialità influenzata da quella di Clouzot, quest’ultimo non poteva essere considerato un regista da quattro soldi.
Infatti, come spesso accade, a confermare questa teoria ci ha pensato il tempo. Clouzot, per gran parte della critica e del pubblico, è passato alla storia come un autore sopraffino e, la cosa più curiosa, è che anche alcuni esponenti dei “giovani turchi”, in particolare Truffaut, con il tempo si ricredettero.
I diabolici: conclusioni
Ripercorrendo le pagine della storia del cinema nel tentativo di individuare quali film possano aver rappresentato dei punti di svolta all’interno del panorama di genere, ci si accorgerebbe ben presto, che un posto d’onore spetterebbe a I diabolici di Henri-Georges Clouzot.
Come se non bastasse, l’influenza che questo film continua ad avere sulle generazioni a venire è inimmaginabile.
Assolutamente da vedere, o, da riscoprire!