I am Greta segue Greta Thunberg, la giovane adolescente svedese divenuta il simbolo e il volto della lotta contro i cambiamenti climatici, durante il suo primo anno come attivista, dal 2018 al 2019.
Il documentario, diretto da Nathan Grossman e presentato in anteprima al Festival del Cinema di Venezia, crea un ritratto ravvicinato ed estremamente intimo della ragazza.
Greta Thunberg è un personaggio pubblico noto e controverso da circa due anni. Il che rende le immagini di lei nella sequenza di apertura del documentario I am Greta inaspettatamente toccanti. La quindicenne è seduta da sola con le spalle al muro vicino al parlamento svedese, con un cartello scritto a mano che annuncia il suo rifiuto di andare a scuola. Protesta contro la riluttanza del governo ad affrontare la crisi del cambiamento climatico in modo urgente e significativo. Nessuno dei passanti sa chi sia. Di tanto in tanto un adulto si inginocchia per chiedere se sta bene. Ma quando inizia a parlare dell’ambiente si affrettano via il più velocemente possibile.
A volte alcuni registi sono molto fortunati, un po’ come capita ai giornalisti, a trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Nathan Grossman è un regista di questo tipo che – sotto suggerimento di un amico che stava lavorando con la mamma di Greta Thunberg – ha filmato il suo primo giorno di sciopero scolastico fuori dal parlamento svedese. Non c’era modo di sapere quel giorno che Greta sarebbe diventata un personaggio mediatico e che avrebbe lanciato un movimento globale. Alla fine, e per quanto improbabile possa sembrare, quel giorno di riprese è diventato un anno e poi un lungometraggio documentario.
I am Greta, uno sguardo dietro le quinte della vita privata di Greta Thunberg
Agilmente assemblato e educatamente invadente, I am Greta segue la giovane adolescente dai suoi primi giorni di sciopero scolastico in Svezia fino al suo pericoloso viaggio in barca a vela per raggiungere New York e parlare al Summit delle Nazioni Unite sull’azione per il clima.
La vediamo pranzare con Arnold Schwarzenegger, incontrare il presidente francese Macron e poi il Papa. La seguiamo attraverso i suoi raduni e le marce internazionali, dove viene accolta come una rock star salendo sul palco tra i ruggiti di migliaia di adolescenti in sciopero. Ma anche ricevere pesanti critiche da Bolsonaro, Putin e Donald Trump. La vediamo ridere, piangere, arrabbiarsi e rinchiudersi nei suoi silenzi.
Il ritmo del documentario a volte diventa un po’ ripetitivo, perché una volta che la sua campagna diventa un fenomeno globale, le sue esperienze in ogni città seguono lo stesso schema. Tuttavia, quello che ci offre in più è uno sguardo inedito dietro le quinte della sua vita privata.
A volte sembra che quelli di noi con asperger o autismo, siamo gli unici a vedere attraverso il rumore.
Greta Thunberg
I am Greta diventa anche uno studio affettuoso e reverenziale di una ragazza con la sindrome di Asperger con le sue difficoltà nelle interazioni sociali e la forte caparbietà di battersi per la causa in cui crede. Grossman ha un occhio per raccontare i dettagli, sia sul personaggio che sul suo messaggio. Senza il bisogno di osannarla o di sorvolare sui momenti più duri e difficili da sopportare.
Il doc include alcuni dei discorsi più famosi tenuti da Greta. Ma è anche ricco di filmati intimi, di videochiamate a casa, di momenti di stesura dei suoi discorsi. Il risultato è un ritratto personale, toccante, avvincente e perspicace di un individuo unico, realizzato con notevole accesso e ovviamente con un alto livello di fiducia.
Per gran parte del tempo di esecuzione sono solo Greta e suo padre Svante e, presumibilmente, questa terza parte silenziosa onnipresente con una telecamera. Le scene tra Greta e suo padre sono sicuramente le più toccanti. In particolare i casi in cui la supplica di trovare del tempo per mangiare.