HomeCuriositàHostel, quando la Slovacchia si scagliò contro Eli Roth

Hostel, quando la Slovacchia si scagliò contro Eli Roth

Hostel è un titolo che detiene diversi primati. Le curiosità attorno al film diretto da Eli Roth sono a tratti sorprendenti e a volte anche preoccupanti. Si può dire per cominciare che l’opera ha riscosso un discreto successo, proprio grazie alla sua natura violenta e sopra le righe. Basta pensare anche che uno dei primi film a uscire sul mercato in versione Blue Ray-Disc è stato proprio Hostel.

L’idea, come Eli Roth stesso ha confermato, sembra essere pervenuta da una semplice visita a un sito internet che offriva la possibilità di uccidere un uomo, pagando soli diecimila dollari. Viene da sé pensare che la matrice dell’intero film sia di fatto folle.

Le scene che Hostel mette a disposizione del pubblico sono crude, rivoltanti e a tratti gratuite (in molte sale americane prima dell’entrata in sala venivano distribuite buste agli spettatori così da permettergli di avere qualcosa dentro cui rimettere durante la visione). Il regista stesso ci ha messo la faccia, si fa per dire: in un cameo lo vediamo intento a fumare un Bong in uno degli alberghi in cui i protagonisti alloggiano in quel di Amsterdam.

Hostel è girato, quasi nella sua interezza, nella città di Cesky Krumlov (una remota località della Repubblica Ceca) e, almeno per stemperare il tenore indigesto di quest’introduzione, si segnala anche una cover molto simpatica di Stella stai di Umberto Tozzi; il pezzo si chiama Treti Galaxie ed è dell’artista ceco Michal David.

Proprio questo paese mantiene una posizione di primo piano, non solo in riferimento all’ambientazione, ma soprattutto riguardo alle vicende politiche e legali che seguirono: sì, perché lo sviluppo delle vicende in Repubblica Ceca e Slovacchia ha portato con sé una scia infinita di critiche (la natura controversa degli eventi presentati non poteva che generare questo indotto).

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Occorre a questo punto fare un piccolo passo indietro: la trama del film, per chi fosse neofita, racconta di un viaggio che coinvolge tre amici alla scoperta dell’Europa. La loro volontà è di fare per lo più esperienze di natura sessuale e quale posto migliore (nella loro mente) della Slovacchia per compiere questo rito? Anche se Hostel è ambientato in Slovacchia, tuttavia le riprese si sono svolte in Repubblica Ceca.

La rappresentazione di questi due paesi è molto chiara: c’è un senso diffuso di criminalità, guerra e prostituzione. Ad ogni singola scena l’andazzo è quello e Eli Roth non perde tempo nel comunicarlo allo spettatore. Dai ragazzini nei vicoli che rapinano i turisti, a passanti che si appropriano dei giacconi altrui, fino a sfociare nel commercio più sfrenato di corpi femminili, Hostel fa pensare effettivamente a una scelta voluta e ricercata.

Tutti i volti locali coinvolti nella narrazione hanno esclusivamente un’accezione negativa. Lo si percepisce dai volti, dalle fattezze vestiarie e ovviamente dai loro atteggiamenti. Di contro si osserva una compagine americana sempre spaesata, nel giusto. Come se il loro gruppo dovesse essere costantemente dedito al divertimento e qualunque cosa si frapponesse tra loro e l’edonismo, fosse una minaccia vera e propria.

Ora, la minaccia è concreta dato che in Hostel i ragazzi finiscono vittime di un giro aberrante di esseri umani. Il problema è che l’associazione che fa Roth tra vendita di vittime sacrificali e usanze slovacche è evidente. A trasalire per primo fu l’ufficio del turismo slovacco che arrivò addirittura a invitare il regista a fare un viaggio nel paese per comprovare l’assenza di una criminalità così capillare.

Dichiararono apertamente che in Slovacchia i bambini non uccidono per una semplice gomma da masticare. Il “processo” mediatico proseguì ed ebbe accesso a ben altri ambienti. Tomas Galbavy, membro del parlamento slovacco si dichiarò offeso da Hostel. Invitò anche il resto della popolazione a riflettere e a indignarsi per come era stato rappresentato.

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La risposta di Eli Roth fu a tratti sconvolgente. Le argomentazioni che tirò in ballo sono molto banali ma, anch’esse, fanno riflettere altamente: disse che ovviamente l’intento non era quello di dare al mondo una cattiva immagine di questo o quel paese, aggiungendo che molti americani non sanno nemmeno dove si trovi la Slovacchia (rimarcando un’ignoranza di fondo che i cittadini d’oltreoceano dimostrerebbero in plurime occasioni).

Specificò anche, citando Non Aprite quella porta, che nonostante i crimini efferati di Leatherface di svolgano in Texas, le persone non hanno smesso di visitarlo. Dietro alle critiche rivolte a Hostel, dietro il suo impianto di natura splatter si può certamente intravedere anche della luce.

Guardandolo con gli occhi del semplice intrattenimento, viene da pensare che l’ispirazione che si cela dietro alla sua messa in opera sia la cinematografia snuff (quella di cui Luis Buñuel era capostipite per intenderci). L’intento satirico è certamente più velato ma anche qui occorre fare una precisazione.

Senza essere prevenuti infatti e visionando le scene ad una a una, viene in mente anche che il regista ha cercato di ridicolizzare i giovani americani ricchi che pensano di poter comprare tutto con i soldi, non capendo che a volte la vita è un gioco di sopravvivenza.

La crudeltà alla quale Roth ha voluto avvicinare il sostrato borghese deli Stati Uniti può essere vista come uno spunto concretamente riflessivo e non soltanto splatter.

Quale che sia la verità non è dato saperlo: si può assumere una posizione, così come l’altra. L’importante è che si tengano le distanze (emotive e caratteriali) da un impianto scenico così volutamente disturbante e si lasci tutto soltanto alla magia della settima arte.

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Federico Favale
Federico Favale
Anche da piccolo non andavo mai a letto presto. Troppi film a tenermi sveglio. Più guardavo più dicevo a me stesso: "ok, la vita non è un film ma se non guardassi film non capirei nulla della vita".

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