La logica dell’uno contro uno, della sfida frontale senza sconti né attenuanti, domina da tempo l’immagine inconscia di ogni piccolo conflitto. Che sia sportivo, intellettuale o bellico non fa differenza. Al centro del ring, volenti o nolenti, primeggeranno sempre i due pesi massimi, pronti a combattere, soffrire, e infine vincere. Se dovessimo tradurre questo principio in un lungometraggio, il risultato sarebbe Heat – La sfida, diretto dal maestro Micheal Mann.
Quando una pellicola fonda il proprio essere su queste basi, necessita di due cose. Delle figure che catalizzino l’attenzione fino ad eludere tutto il resto, ed una storia che invece di essere contorno, sospinga lentamente gli estremi verso lo scontro. Nel 1995, ventuno anni dopo quel capolavoro chiamato Il Padrino – Parte II, due talenti emergenti, ormai maturati e diventati leggendari, s’incontrano di nuovo. Sono Al Pacino e Robert De Niro. Ma stavolta, nell’opera, lo spazio per entrambi non ci sarà più.
Heat – La Sfida – Trama
Vincent Hanna (Al Pacino) è un uomo sposato, ma non con una donna, bensì col suo lavoro. Di matrimoni veri, Vincent ne ha avuti, ma sono tutti finiti malissimo, perché gli unici che davvero ottengono la sua attenzione, sono i criminali. Gente che, prima o poi, regolarmente finisce in galera, o peggio. L’uomo vive in uno stato di perenne attenzione. È scattante come una molla. Vigila pure quando dorme, e non c’è movimento che i suoi occhi non colgano.
Vincent avrà presto bisogno di tutte queste qualità, anche se ancora non lo sa. Eppure, comincia a sospettarlo in una fredda sera losangelina quando, chiamato sulla scena del crimine, nota una serie di affascinanti aspetti. Sull’asfalto gelido, giacciono tre cadaveri, agenti custodi di un furgone portavalori. Di valore, però, non è rimasto più niente. Una squadra di rapinatori ha infatti ripulito tutto, ed il detective impiega poco per capire che la mano responsabile non è quella di ladri occasionali, ma di professionisti molto ben organizzati.
Tra questi ultimi, c’è Neil McCauley (Robert De Niro), uomo brizzolato ed astutissimo, che organizza colpi e macina denaro come se fosse la cosa più normale del mondo. Come Jimmy, in Quei Bravi Ragazzi, al cinema fa il tifo per i cattivi. La sua casa è vuota. Non ha affetti, o meglio, non ne ha nessuno da cui non possa sganciarsi in trenta secondi netti, se sente puzza di sbirro dietro l’angolo. Eppure, come tutti i ladri, insegue un sogno dai tratti mitici e leggendari: il grande colpo. L’ultimo.
Tra Neil e il grande colpo, però, siede un ostacolo. Il suo nome è Vincent Hanna, che una volta individuato l’abilissimo rapinatore, farà di tutto per arrestarne i progetti, la carriera, e forse la vita. Attorno a loro, una vera e propria bolgia di eventi, che coinvolgeranno poliziotti, criminali, affaristi e prostitute.
Heat – La Sfida – Recensione
Heat – La sfida, fin dai primi istanti, sembra sdoppiare il proprio nucleo in due atomi ben precisi. Vincent e Neil, come generali in carica, comandano due eserciti opposti fatti di fotogrammi. La pellicola si sofferma a lungo sugli aspetti psicologici e quotidiani dei due condottieri, scavando nelle loro vite fino a rivelarne il macabro contenuto. Questo aspetto, praticamente da subito, affascina l’occhio dello spettatore, gettando le basi per quello scontro finale che senza dubbio alcuno, primo o poi, giungerà.
La vicenda messa in piedi dai produttori, attraversando varie fasi, tende ad evolversi senza scoprire subito le carte. L’inizio, più leggero e svincolato da logiche puramente poliziesche, declinerà presto in una moltitudine incrociata di drammi, rinunce, scelte complesse e vendette. La sensazione che tutto serva puramente per avvicinarci alla sfida diretta non basta a scardinare l’attenzione, anzi. L’effetto ottenuto sarà esattamente quello opposto.
Nonostante qualche mancanza, i personaggi sono tratteggiati in modo efficace, soprattutto sul versante criminale. Tralasciando Hanna e McCauley, figure come quella di Michael Cheritto (Tom Sizemore) e di Chris Shiherlis (Val Kilmer), svolgeranno egregiamente il loro lavoro. Il primo, delinquente seriale pluricondannato, si dimostrerà molto più sfaccettato del previsto. Il secondo, sospeso a metà tra la vita criminale e quella familiare, dovrà affrontare dilemmi davvero non facili da districare.
Dalla parte dei tutori della legge, invece, non troverete veri appigli sui quali appoggiarvi. I poliziotti sono tutti, chi più chi meno, riproduzioni fedeli di un canone non solo classico, ma anche scialbo ed ordinario. Al di sotto della sufficienza anche il personaggio di Roger Van Zant (William Fichtner), mentre decisamente più stuzzicante si rivela essere quello interpretato dal grandissimo Jon Voight (Nate).
Heat è un film d’azione, ma questa dicitura potrebbe sviare i più smaliziati portandoli fuori strada. La pellicola di Michael Mann, infatti, più che sull’azione vera e propria, si fonda sulla tensione e sul conflitto crescente. I momenti action, seppur ampiamente presenti, non danno mai l’impressione di assumere il controllo, simboleggiando, anzi, una sorta di sbocco naturale.
In alcuni istanti il coinvolgimento dello spettatore diventa palpabile, soprattutto nelle fasi finali, dove l’accelerazione repentina degli eventi produrrà una serie di momenti davvero memorabili. Il vero fulcro della pellicola, però, sarà sempre il primo indimenticabile incontro tra De Niro ed Al Pacino, su cui però, preferiamo tacere per evitare spiacevoli sorprese.
Conclusioni
Micheal Mann, con una regia attenta, sicura ed a tratti frenetica, riesce a realizzare un obiettivo estremamente complesso. Quello di costruire attorno ai due giganti tutto il necessario per brillare. Momenti drammatici dove la disperazione sembra cavalcare senza sosta, indagini appassionanti ed articolate, sparatorie credibili e spettacolari e persino discorsi di una profondità davvero devastante.
All’interno di Heat c’è tutto. E l’aspetto più convincente del lungometraggio, probabilmente, è proprio questo. La volontà precisa di non sedersi sugli allori, confezionando invece un cult-movie di genere, completo sotto tutti i punti di vista che ha fatto epoca.