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Guns Akimbo

Presentato all’ultimo TFF – Torino Film Festival, Guns Akimbo è una ritmata action comedy presente da questa settimana sul palinsesto di Prime Video. Il titolo Guns Akimbo si riferisce alla pratica nei videogiochi in prima persona di avere entrambi le mani occupate da un’arma, spesso appunto le pistole. Si parla infatti anche di Pistol Akimbo. In questo caso il titolo ha una connessione a doppio filo con la trama.

Daniel Radcliffe

Miles (Daniel Radcliffe), è un programmatore di videogiochi per bambini che si è dato l’imperativo morale di non causare sofferenze. Per questo è vegetariano e il suo hobby preferito è trollare i troll: segnala e blocca tutti i messaggi e i commenti di odio che trova su Internet. Quando si imbatte nel programma clandestino Skizm, sorta di gioco reale in cui criminali vengono ripresi mentre si uccidono a vicenda, Miles trova pane per i suoi denti. Insulta tutti quelli che guardano Skizm e Skizm stesso, fino a che non riceve una visita a casa. È il capo di Skizm, che come punizione karmica gli imbullona le mani a delle pistole e lo costringe a partecipare al gioco. La sua missione consiste nell’uccidere la pluriassassina Nix (Samara Weaving).

Samara Weaving

In mutande, mega-pantofoloni a forma di zampa di tigre e vestaglia, Miles sembra quasi un Drugo aggiornato all’era digitale, con le mani unite a delle pistole invece che all’immancabile White Russian. E non deve sorprendere che a interpretarlo sia il maghetto della miliardaria saga di Harry Potter. Radcliffe infatti, quasi come riscatto dal prodotto commerciale grazie al quale è diventato famoso, dopo la saga si è dato principalmente a piccoli progetti indipendenti dalle idee forti e controverse. E tra questi quindi il gioiellino Swiss Army Man, il semi-sconosciuto Horns e la provocatoria pièce teatrale Equus. Un bel modo di lasciarsi alle spalle l’ingombrante personaggio magico e allo stesso tempo dare visibilità a sceneggiature originali e indipendenti. E questa sceneggiatura centra il bersaglio: narrativamente puntuale, il punto di forza sta sicuramente nell’umorismo scanzonato e nei dettagli, vedi per esempio il molteplice uso, e relativa assenza, del dito medio nella scena finale.

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Una scena di Guns Akimbo

Guns Akimbo è un concentrato di azione, violenza sopra le righe e divertimento goliardico. Un gioiellino per quei venerdì sera di stacco mentale completo. Eppure, per quanto le idee siano scanzonate e la violenza tarantiniana, Guns Akimbo dimostra di avere un punto di vista inusuale e intelligente sulla violenza intrinseca della società. Infatti, Miles non vuole provocare sofferenza nel mondo e cerca di vivere nella maniera più giusta possibile. Ma quando la violenza viene letteralmente attaccata alle sue mani, lui è costretto a barcamenarsi in quel mondo di ingiustizia.

Guns akimbo

E quindi è significativo che il gesto che tutti noi associamo all’innocenza e all’arrendevolezza, ovvero mettere le mani in alto, per coloro che lo vedono fare questo gesto corrisponde invece a una minaccia, per quanto non intenzionale. Allo stesso tempo, è gustoso il parallelismo che c’è tra le pistole e il cellulare: come prima Miles non riusciva a camminare senza staccare le mani dal cellulare, ora è attaccato alle pistole. E, come dimostra la piattaforma illegale Skizm, entrambi generano violenza. Una volta che Miles non può più contrastare il suo destino di criminalità, lo abbraccia completamente e fa di tutto per fare giustizia con i mezzi che ha a disposizione, anche se prima considerava immorali.

Il regista Jason Lei Howden ha lavorato per anni nel reparto degli effetti speciali per film come Avengers, Lo hobbit e Prometheus, debuttando alla regia nel 2015 con il lungometraggio Deathgasm.

Voto Autore: [usr 3,0]

Marianna Cortese
Marianna Cortese
Attualmente laureanda in Lettere Moderne, ho sempre avuto un appetito eclettico nei confronti del cinema, fin da quando da bambina divoravo il Dizionario del Mereghetti. Da allora ho voluto combinare cinema e scrittura nei modi più diversi e ho trangugiato di tutto: da Kim Ki-Duk a Noah Baumbach, da Pedro Almodovar a Alberto Lattuada. E non sono ancora sazia.

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