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Geek Girl, la recensione della prima stagione

Geek Girl è la nuova serie comedy dallo stampo teen targata Netflix che porta lo spettatore ad assistere alle vicende di Harriet (Emily Carey), alle prese con le proprie insicurezze e una serie di cambiamenti che la porteranno a diventare popolare, suo malgrado.

Geek Girl, la trama e il cast

L’intreccio narrativo (tratto dalla saga letteraria di Holly Smale) di Geek Girl indaga a fondo nel quotidiano di Harriet, ragazza nerd in gamba, abituata a restare in disparte, a farsi gli affari suoi e a rispettare le regole. Un giorno però, alla Fashion Week di Londra, viene scoperta da alcuni addetti ai lavori del settore moda.

Geek Girl

Ma non si tratta solo di una carriera di modella costruita dal nulla: come per la maggior parte delle serie e film teen, la protagonista di turno incontrerà il proprio interesse romantico, interpretato nel caso di Geek Girl da Liam Woodrum (Nick), anche lui modello. Da qui una serie di scelte di Harriet, che in precedenza non avrebbe preso, che la portano tra riflettori e passerelle, ricchezza ed eccessi. Nel cast figurano anche Emmanuel Imani (Wilbur Evans), Tim Downie (Richard Manners), Rochelle Harrington (Natalie ‘Nat’ Grey) e Daisy Jelley (Poppy Hepple-Cartwright).

Harriet, una ragazza piena di risorse

Come sopra anticipato, la protagonista dovrà confrontarsi con una realtà diversa a cui era abituata, passando dunque da quotidianità definita, fatta di regole e doveri, con l’ambizione di intraprendere una carriera nel campo della paleontologia, ad un vortice di servizi fotografici e interessi romantici inaspettati. Tutto questo mentre Harriet è intenta a superare le sfide che le riserva la scuola. Gli sceneggiatori sono stati accorti nel trattare con le pinze tematiche importanti e delicate, come l’autismo e l’adolescenza, portando in risalto anche il senso di incomprensione facilmente riscontrabile dai coetanei di Harriet.

La protagonista tenta di essere accettata sia dall’una che dall’altra realtà che sperimenta, alla ricerca della propria dimensione. Soltanto gettarsi a capofitto in ogni iniziativa che intraprende potrà darle (forse?) le risposte che tanto vuole, e non è detto che le sue vecchie conoscenze siano pronte ad accettare il vento del cambiamento.

La regia di Geek Girl

La regia di Declan O’Dwyer cerca anch’essa di farsi portavoce della crescita della protagonista, continuamente in bilico tra una scelta e l’altra, che sposta gli equilibri della sua esistenza a favore dello sfarzo e dei riflettori o verso un futuro stabile, alla rincorsa delle proprie aspirazioni originarie. Non si tratta solo però della romance che spinge Harriet nell’ambito moda, per lei, almeno stando a quanto indicato dal reparto scrittura, si tratta di un diversivo da quella che era la sua precedente situazione: passare dal non sentirsi accettata dai coetanei agli applausi di un pubblico che inneggia al suo successo.

Facile intuire perché Harriet si senta combattuta. E questo dinamismo di opinioni e scelte incoerenti viene colto anche dalla cinepresa, intrisa di cambi improvvisi di angolazione, alternati a espedienti che servono a mostrare allo spettatore il distacco apparente tra la protagonista e la realtà che la circonda.

Una serie scanzonata e leggera

I toni di Geek Girl sono perlopiù leggeri, accompagnati tema principale della serie, ovvero “la rivincita della ragazza poco popolare”, e questo porta gli addetti ai lavori spesso a perdere di vista alcune tematiche inizialmente proposte, che meriterebbero maggiore approfondimento. D’altronde, la serie con Emily Carey ha un target ben preciso e, come tale, deve obbedire alle regole che consentono al prodotto finale di poter essere visto senza troppa noia.

Il che porta, tra un successo e l’altro della protagonista, tra un momento di crescita e l’altro di conflitto, a una sequela di momenti stucchevoli, senza tuttavia inficiare la presa che lo show di Declan O’Dwyer potrebbe avere su un pubblico giovane. Geek Girl potrebbe considerarsi un omaggio al panorama cinematografico degli inizi degli anni duemila, fatto di protagonisti che, buttandosi a capofitto in nuove realtà, sconvolgono le loro interazioni sociali, per poi tornare a quello che era l’equilibrio iniziale.

In conclusione

Geek Girl è un prodotto semplice, che fa della sua forza l’utilizzo di scelte narrative appartenenti perlopiù agli stilemi del genere cinematografico d’appartenenza. La regia non compie chissà quale sforzo nell’accompagnare il racconto senza, tuttavia, compromettere l’obiettivo iniziale stabilito dagli addetti ai lavori quando hanno deciso di portare su schermo la saga letteraria di Holly Smale: interessare un target prettamente adolescenziale.

Sia ben chiaro, l’originalità non è tra i punti di spicco di Geek Girl, ma la serie si lascia comunque guardare, facendo il possibile per mettere lo spettatore in una sorta di “comfort zone”, in cui vedere niente di più di quel che ci aspetta da un prodotto simile. Si tratta di uno show leggero, senza impegno, senza pretese, che vuole soltanto raccontare una storia. Null’altro. Le cifre stilistche si trovano altrove (vedi ad esempio il recente Música).

Il trailer di Geek Girl

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Geek Girl è la nuova serie targata Netflix fatta di leggerezza e ottimismo, in cui la scrittura cerca di approfondire, senza riuscirci appieno, importanti tematiche. La regia senza cifre stilistiche e la continua riproposizione di scelte narrative già viste altrove non consente al prodotto con protagonista Harriet di raggiungere le vette che rincorre. La prima stagione si lascia guardare senza troppa noia, ma nulla di più, andando ad aggiungersi all'annovero di serie TV teen che non lasciano momenti memorabili. Niente di clamoroso o di nuovo.
Danilo Abate
Danilo Abate
In bilico continuo fra il thriller d’autore e una pellicola di fantascienza, cerco sempre nuovi modi per riflettere, trovare prospettive inedite e sorprendermi. Parlare di cinema è parlare di opere fatte di emozioni umane, cose concrete, che vengono rese nel modo più imprevedibile e astratto. Il mio obiettivo è scandagliare ogni angolo di girato per dare voce a ciò che è nascosto tra un ciack e l’altro.

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